Intervista di Fedele Boffoli a Lorenzo Lorusso per Il Corriere Nazionale
Lorenzo Lorusso, giornalista e counsellor in psicologia, già consigliere comunale a Trieste, ha diretto la “Gazzetta Giuliana”, la rivista scientifica “Alice informa” ed “Il Movimento”, organo di informazione dei Finanzieri Democratici, di cui è Presidente dal 1998. Quando era dipendente della Guardia di Finanza ha prestato servizio presso la stazione ferroviaria di Villa Opicina ed effettuava controlli antidroga sui treni in transito, spesso coibentati da amianto/eternit, nonché presso vari reparti del Porto del Capoluogo giuliano e, per tali motivi, è stato riconosciuto esposto all’amianto, Purtroppo, tra i suoi colleghi non è l’unico: si aspettava questo “regalo”?
Certamente no, a quel tempo, ma credo anche oggi, i vari Comandi non informavano i propri dipendenti sul rischio morbigeno e potenzialmente cancerogeno nel respirare amianto in varie forme, nei luoghi di servizio e spesso nelle stesse caserme. Dove ho prestato servizio, ho successivamente scoperto non solo i reali pericoli dell’esposizione all’amianto/eternit, ma che questi erano conosciuti sin dagli anni Cinquanta. Da qui la gravità della disinformazione posta in essere a livello gerarchico da chi ordinava quei servizi e ne disponeva le relative consegne.
Questo vuol dire che in Italia, prima del suo divieto assoluto (Legge 257/1992), ci sono state delle responsabilità riguardo l’inserimento dell’amianto nel ciclo produttivo, nell’edilizia e in molti manufatti del tempo?
Sicuramente ce ne sono state, ma, piuttosto che parlare del passato, è più opportuno parlare del presente, di tutti gli ostacoli che vengono frapposti dalle relative Amministrazioni Pubbliche (militari e civili), al riconoscimento e risarcimento delle patologie professionali asbesto-correlate, come anche dell’informazione sul rischio, spesso omessa, e alla necessità di impellenti bonifiche, laddove non ancora effettuate.
Ci vuol dire qualcosa in più, a riguardo?
Le spiego, qualche anno dopo il congedo, con alcuni colleghi di allora, siamo venuti a conoscenza di esser stati esposti all’amianto in luoghi di servizio (porti, caserme, garitte, treni, elicotteri e imbarcazioni), per questo siamo stati iscritti in uno speciale registro regionale; contestualmente, oltre ad aver acquisito la consapevolezza di poterci ammalare e morire anche dopo 40-50 anni dall’esposizione (le cosiddette curve e picchi previsti dal Prof. Bianchi, anatomopatologo che studiò attentamente il problema), ci siamo dati da fare e, con accessi amministrativi, abbiamo incominciato ad acquisire documentazione probatoria e proporre, per un collega del tempo, il primo ricorso “pilota” alla Corte dei Conti.
E’ stata questa un’esperienza negativa?
Assolutamente negativa, la Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU), disposta dal giudice, ha prima equivocato la distanza dalla fonte di esposizione al luogo di lavoro dell’ex collega in questione e dopo ha considerato il valore di esposizione rilevato a macchine ferme e floccate (ricoperte di collante), di molto inferiore, anche nel calcolo delle cubature, a quello effettivo, in ordine d’uso, della centrale di trattamento dell’aria, che veicolava per anni e anni l’amianto negli uffici della caserma (il tutto è documentato in un fascicolo), proponendo quindi per il computo finale dati notevolmente minori, come dimostrato dalla “nostra” Consulenza Tecnica di Parte (CTP). Per queste e altre rilevanti motivazioni, diciamo così incongrue, è stata chiesta la rinnovazione della CTU; il giudice, in risposta, senza neppure procedere a un indispensabile confronto tra periti (CTU e CTP) è andato a sentenza con un grossolano errore di calcolo: cioè dal 1989 al 2001… secondo lui due o tre anni (e non dodici, cioè quanto bastava al riconoscimento decennale del beneficio di cui al ricorso). Non penso che su questi dati appena citati occorra un commento, mi sembra fin troppo palese ciò che è accaduto.
E’ stato proposto un appello?
Certamente, ma queste evidenti motivazioni sono state ignorate. Sentenze neppure da commentare, soprattutto per il motivo che i fatti enunciati nel ricorso e al suo esito attenevano, per analogia e contenuti, più che alla questione amministrativa del “risarcimento”, di qualche spicciolo, di un singolo, alla necessità di chiarimento di una situazione di esposizione collettiva all’amianto, avvenuta con conseguenze più che prevedibili per la salute e la vita dei finanzieri esposti, di cui molti ignari del rischio di ammalarsi, magari trasferiti in varie destinazioni oppure congedati e quindi privi di ogni consapevolezza, prevenzione e tutela, cosa che i giudici non potevano non sapere; abbiamo avuto dei morti ed uno di questi prestava servizio proprio nella caserma di cui parlavo prima, si trattava di un graduato addetto a lavori manuali di manutenzione nelle caserme del Corpo.
Questo è il motivo per cui è stato anche fatto un esposto in sede penale?
Esattamente, praticamente un’indagine “conclusa” con oltre 100 allegati, secondo noi si poteva arrivare al dibattimento in aula, ma chi ha indagato, lo ha ritenuto, in maniera del tutto singolare, non necessario. L’esposto fu inviato sia a Procure ordinarie sia a quella militare. Chi ha agito in giudizio ci ha rimesso persino le spese legali, nonostante il problema fu evidenziato anche da numerose interrogazioni parlamentari trasversali, che impegnarono partiti di centro, sinistra e destra. Ma a Trieste né la polizia giudiziaria, né il pubblico ministero e neppure il giudice per le indagini preliminari rilevarono alcun problema, come se nulla fosse mai accaduto. Sono amareggiato e deluso, ma provi ad immaginare cosa ha provato l’interessato e cosa hanno provato i familiari della vittima di cui facevo cenno prima. Era stata chiesta un’indagine epidemiologica del personale, a fronte di più decessi e malattie, ma evidentemente per gli organi giudicanti una contaminazione, documentata e prolungata del personale, con tutto quanto ne consegue, in tema di morti, malattie e dolore, di vittime e relative famiglie, non comporta, in sede penale, motivo di procedere ad approfondimenti, che delusione!
Sembrerebbe che lo stesso GIP che ha archiviato si sia, in seguito, ammalato, con esito infausto, di patologia polmonare…
Pare proprio di sì, ne hanno parlato i media triestini, quel giudice è deceduto prematuramente, era ancora giovane.
Un’ironia della sorte?
Non sappiamo, crediamo nella carità cristiana, ma questa vicenda è proprio oltre il limite.
La locale Medicina del Lavoro?
Purtroppo, non possiamo esserne soddisfatti, quando ero a visita da loro, nel 2016, in quanto esposto all’amianto per motivi professionali, nelle conclusioni del referto, gli “ispessimenti pleurici” (patologia direttamente connessa all’amianto e soggetta a denuncia obbligatoria), allegati da RX e due TAC, venivano ritenuti “Non segni clinici, radiologici (certi) e funzionali di patologia asbesto correlata…”.
Fatti, a dir poco, inaccettabili, vi siete rivolti anche alla Politica?
Si, come dicevo prima, sono state presentate oltre una decina di interrogazioni parlamentari bipartisan, con scarsi risultati.
Il tutto è alquanto sconcertante, avete denunciato mediaticamente?
Lo abbiamo fatto per anni, con campagne di sensibilizzazione, hanno pubblicato i nostri comunicati stampa anche giornali nazionali, ed è successo un bel nulla; anche il TG2, con Fabio Chiucconi, ha fatto un servizio sulla vicenda, ma non si trova più in rete, non abbiamo più parole, hanno cancellato anche quello?
Quale la sua conclusione?
Io e miei ex colleghi abbiamo giurato fedeltà alla Repubblica italiana, servito il Paese e rischiato anche la vita con una divisa addosso; e questo è il trattamento che ci viene riservato? Usati e gettati, magari come rifiuti speciali? Noi ci siamo messi una mano sulla coscienza, e siamo due volte esposti, altri attori in campo non lo hanno fatto, forse non abbastanza consapevoli delle loro responsabilità, ma per la coscienza tutto ritorna, in conseguenza dei relativi comportamenti… e senza prescrizioni. A volte chi di spada ferisce di spada perisce, l’amianto/eternit è una microfibra invisibile che si trova nell’aria e non fa distinzione. Non auguro il male a nessuno, ci mancherebbe, non ho titolo per giudicare, però la cattiveria viene spesso punita da chi sta molto in alto, dove l’essere umano non può arrivare; almeno finché è in vita.
Nelle fotografie: Lorenzo Lorusso e la Caserma G. di F. “Campo Marzio” di Trieste, sede dell’avvenuta esposizione all’amianto e sottoposta a più bonifiche.
https://www.youtube.com/watch?v=0xnUX29D_eE