Giampiero Falasca “Questo non è lavoro”

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Tre milioni di lavoratori poveri, cioè coloro che, pur lavorando, rimangono sotto la soglia della povertà.

di Giovanni Battafarano

E’ l’oggetto della riflessione di Giampiero Falasca nel suo libro “Questo non è lavoro-Storie di lavoro dannato e strategie per combatterlo” Edizioni del Sole 24 ore”, di cui Falasca è apprezzato collaboratore.

Ai tre milioni di lavoratori poveri, vanno aggiunti i tanti lavoratori in nero, irregolari, privi di contratto, di diritti e  tutele. Appare evidente che il lavoro è una grande questione nazionale.

L’aumento degli occupati registrato recentemente dall’ISTAT è certamente una buona notizia, ma va tenuto conto dell’aumento del part time involontario e  della penalizzazione di giovani e delle donne.

Tra i casi più clamorosi di lavoro dannato c’è quello del cameriere che, all’arrivo eventuale dell’ispettore del lavoro, si siede a tavola e si traveste momentaneamente da avventore; del giornalista precario pagato quattro euro per ogni articolo; della dipendente picchiata dal datore di lavoro per aver chiesto di essere pagata. L’elenco sarebbe lunghissimo.

Colpiscono altresì alcuni clamorosi annunci di lavoro: ad Asti, un centro estetico assume “donne senza problemi di famiglia, non in sovrappeso, oltre i trent’anni, senza problemi di orario”; un punto vendita di Orio al Serio assumerebbe uno stagista esperto (evidente ossimoro); un Bar di San Rocco assumerebbe un fattorino in grado di “ guidare , sottolineo guidare , il motorino con il vassoio in mano”. In alcuni casi, gli autori di questi e di altri similari annunci da incubo sono stati sanzionati, ma essi segnalano un tratto non secondario del mercato del lavoro italiano.

Di fronte a tutto ciò,  Falasca dice che sarebbe fondamentale mettere al centro dell’azione di governo il contrasto del lavoro dannato, incentivare la contrattazione con le organizzazioni maggiormente rappresentative  piuttosto che con i sindacati di comodo; rispettare i canoni ESG , cioè rispettosi della dimensione ambientale, sociale  e di governance.

I sindacati devono misurarsi sempre più con l’evoluzione del mercato del lavoro, ad esempio con la gig economy o capitalismo delle piattaforme e con il tema dei lavoratori poveri o irregolari.

La politica deve affrontare il grande tema della precarietà verso cui spesso scivola la flessibilità. Anche i consumatori hanno le loro responsabilità: comprare un capo di vestiario qualche decina di euro significa che quel risparmio è costato una sotto retribuzione dei lavoratori impiegati.

Insomma, un serie di utili indicazioni. Solo il tema del salario minimo, pur difeso nel libro da Boeri e Fornero, viene nel complesso sottovalutato.

La mia convinzione è invece è che la sua introduzione aiuterebbe non solo i lavoratori contrattualizzati poveri, ma potrebbe dare uno stimolo positivo anche all’emersione di quote di lavoro nero o grigio.

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