Una bella donna non più giovane, nobile nel gesto e nell’abbigliamento, guarda tristemente il suo giovane amante allontanarsi con la nuova compagna, mentre una musica sublime avvolge la scena.
Nell’andarsene, lascia cadere un fazzolettino bianco che un lacchè raccoglie prontamente.
E’ il finale di Der Rosenkavalier (Il Cavaliere della Rosa) di Richard Strauss, la cui musica fu suonata durante il suo funerale sotto la direzione di Georg Solti (Strauss era mancato a Garmish in Baviera pochi giorni prima, l’8 settembre 1949, e aveva espresso questo desiderio per il suo ultimo viaggio).
Commedia in tre atti in lingua tedesca, ‘Il Cavaliere della Rosa’ fu composta su libretto del celebre scrittore austriaco Hugo von Hofmannsthal, per la stesura del quale contribuì in modo determinante anche il conte Harry Keßler, suo amico. E’ scritta in un elaboratissimo linguaggio, non immune dall’uso di forme dialettali viennesi.
Fu eseguita per la prima volta il 26 gennaio 1911 alla Semperoper di Dresda (l’antica Königliches Opernhaus) con la regia di Max Reinhardt (il grande regista di prosa, che sembra abbia avuto un ruolo nell’elaborazione dell’intreccio della commedia).
L’opera fu accolta in modo trionfale.
Dopo la prima viennese (diretta da Franz Schalk) al Wiener Staatsoper (8 aprile successivo), il Compositore venne dichiarato cittadino onorario della città.
Da allora l’opera è stata rappresentata 975 volte. La prima esecuzione in Italia ebbe luogo alla Scala il 1º marzo 1911 sotto la direzione di Tullio Serafin.
Allo stesso teatro quest’anno è stata presentata il 12 ottobre (io ho assistito alla replica del 25).
Nella buca scaligera ha debuttato il direttore dei Berliner Philharmoniker, Kirill Petrenko: ‘è senza ombra di dubbio il debutto più atteso dell’anno’, come recita il sito del Teatro.
Formatosi in un vasto repertorio operistico negli anni di direzione della Komische Oper Berlin, il famoso direttore russo ha scelto per il suo incontro con l’Orchestra della Scala la raffinatezza crepuscolare della storia sull’amore e la rinuncia nella Vienna settecentesca.
Lo spettacolo è quello realizzato da Harry Kupfer (ripreso per l’occasione da Derek Gimpel) già presentato al Piermarini (2016) con la direzione di Zubin Mehta (scene di Hans Schavernoch, costumi di Yan Tax, progetto luci di Jürgen Hoffman e video di Thomas Reimer).
Il regista berlinese ha trasportato la storia nel periodo tra le due guerre del XX secolo (gli anni in cui fu concepita l’opera).
Gli ambienti sono ricostruiti di volta in volta per mezzo di tapis roulants all’interno di un grande spazio marmoreo, bianco e nero, in cui grandi fotografie della Vienna decadente e malinconica al tramonto dell’Impero asburgico sono usate come quinte di sfondo, per caratterizzare gli avvenimenti: la Hofburg, la Ringstraße, il parco di Schönbrunn, la ruota panoramica del Prater.
La commedia – che prende spunto da diverse fonti (‘Le nozze di Figaro’, il ’Falstaff’ verdiano, fino alla Commedia dell’arte e quella di Molière- descrive la mAlanconica fine di un amore, ma anche di un’epoca in cui ‘sono gruppi di fronte a gruppi, i congiunti sono separati, i separati congiunti. Tutti appartengono l’uno all’altro, e ciò che di loro è il meglio si trova tra l’uno e l’altro: ed è istantaneo ed eterno, e qui è il luogo della musica’, come scrive Hofmannsthal.
Concordo con il saggista e musicologo Sergio Sablich allorchè scrisse: ‘Der Rosenkavalier è opera della giovinezza e dell’età adulta, del tramonto e dell’aurora. … è una commedia umana ritratta con assoluta imparzialità, con un misto impalpabile di ironia e di serietà. In questo, più che nelle forme e nell’ambientazione settecentesca (ma è chiaro che si tratta di un Settecento tanto stilizzato quanto intriso di riferimenti al presente), sta il suo aspetto mozartiano: come Mozart nelle Nozze di Figaro, così anche Strauss nel Cavaliere della rosa si identifica affettuosamente con ciascun personaggio, ad ognuno, perfino ai comprimari, assegnando una parte di verità nella grande commedia umana della vita’.
Fra i motivi più famosi dell’opera ci sono i valzer. Da un punto di vista rigorosamente logico si tratta di una forzatura poiché al periodo il valzer non era ancora di moda, ma dal punto di vista musicale fu una trovata geniale, cui è dovuta in gran parte il fascino dell’opera.
Il cast, di alto livello, racchiude tra gli altri Krassimira Stoyanova (nei panni della Feldmarschallin Fürstin Werdenberg), Günther Groissböck (che impersona il Baron Ochs auf Lerchenau), Kate Lindsey (che dà vita ad un passionale e impulsivo Octavian), Sabine Devieilhe nelle vesti di Sophie.
Il tenore Piero Pretti (nel cammeo del cantante italiano) canta con enfasi vigorosa l’aria ‘Di rigori armato il seno’.
Successo caloroso per tutti e roboanti ovazioni per Petrenko.
Paola Cecchini
Immagine: Teatro alla Scala (https://www.teatroallascala.org/it/stagione/2023-2024/opera/der-rosenkavalier.html)