Per oltre venticinque anni, Scanderbeg ha difeso l’Albania e l’Europa Cristiana dall’assedio turco-ottomano, guadagnandosi la fama di difensore dell’indipendenza del popolo albanese.
KRUJA– Un vento gelido soffia da nord, alle spalle dei secolari Balcani, Skanderbeg osserva la pianura dalle possenti mura della roccaforte di Kurja-un tempo guarnigione per le truppe del sultano Murad II-volgendo lo sguardo verso ovest, verso la pianura albanese, invasa dalle truppe del sultano, deciso a riprendersi ciò che aveva conquistato prima e che aveva perso, nella speranza di poter avviare una trattativa di pace con il Generalissimo Giorgio Castritota Skanderbeg, figlio di Giovanni Castriota e delle più importanti famiglie di alto lignaggio, regnanti in Albania .
I turchi-ottomani, guidati dal sultano Murad II avevano trasformato tutta l’area balcanica in un campo di battaglia e Giorgio Castriota fu inviato da giovanissimo come ostaggio alla corte di Bisanzio, dove i regnanti turchi lo istruirono all’Islam e nelle scuole militari, dove lui stesso si fece onore come capitano al servizio dell’esercito turco-ottomano.
Giorgio Castriota, intuisce però, che il suo destino è oltre Bisanzio. L’impero lo sottomise per interi decenni, ma il momento propizio e la fine della sua fedeltà alla causa ottomana, finì nel 1443.
Il generale ungherese Giovanni Hunyadi detto il Cavaliere Bianco, sconfisse i turchi, dopo aver iniziato una campagna militare nel 1438, passando per il Kosovo, la Serbia e fino ad arrivare nelle Porte di Ferro, le profonde gole attraversate dal Danubio e che separano la Serbia dalla Romania.
Skanderbeg, capisce che i tempi sono maturi, la sconfitta dell’esercito turco incoraggia anche la Santa Sede a Roma e tutti i Principati d’Albania, di conseguenza, abbandonò i turchi, dopo essersi guadagnato i titoli di Soubashi(carica governativa nelle gerarchie turche) sotto l’esercito turco e il nome di Iskender-bey(Alessandro,leader), puntando alla riorganizzazione dei Principati d’Albania, in mano ai turchi. I venti di guerra, favorevoli da nord, le azioni intraprese dalle forze ungheresi, guidate da Giovanni Hunyadi, e gli appoggi provenienti dalle principali corone d’Europa e dalla Repubblica Marinara di Venezia, che nomina i Castriota cittadini onorari della Serenissima, spingono Skanderbeg a sguainare quella spada che per anni aveva servito il sultano e da quel momento, doveva servire il popolo albanese.
Il cattolicesimo, diventò la sua nuova dottrina di fede, ricongiunse tutti i principati d’Albania, assumendo il comando della cavalleria albanese e dell’intero esercito, stabilendo il quartier generale a Kruja, città assediata dalle truppe ottomane, sotto la guida del sultano Maometto II.
I Principati d’Albania rappresentano per Skanderbeg, il futuro del Regno delle Aquile d’Albania, la riconversione al cattolicesimo e la guida dell’esercito albanese, sono lo sprone per incitare tutti i principati alla ribellione contro i turchi. Per venticinque anni, Skanderbeg, respinse le spedizioni turche dei sultani Murad II e di Maometto II, guadagnandosi l’alto titolo conferito dalla Santa Sede e dalle principali corone dell’Europa cristiana. Papa Callisto III lo nominò Athleta Christi, Atleta di Cristo, et Densor Fidei, Difensore della Fede, mentre per Papa Pio II, fu il Nuovo Alessandro. Respinse i turchi, nelle battaglie di Torvioll, Mokra, Svetigrad, dal 1443-anno delle sue prese di coscienza e del suo travaglio interiore-fino al 1448, Skanderbeg, guidò con intelligenza le truppe albanesi, spingendo papa Eugenio IV a ipotizzare una nuova crociata contro l’Islam e guidata dal valoroso Skanderbeg. Di lì a poco, le corone contrapposte nei territori della Penisola italiana, vedono di fronte la Casa di Aragona e la Casa di Angiò, Ferdinando I Re di Napoli, chiama in causa, il generale Castriota, l’uomo che sta suscitando sempre di più le ire del sultano, difendendo l’Europa cristiana dalla minaccia turca.
La Casa di Aragona, non può permettere l’oltraggio angioino e le pretese di Giovanni d’Angiò nemico di Ferdinando I. Skanderbeg sposa la causa della sacra corona spagnola, appoggia le truppe aragonesi che conquistano Trani, sbaragliando dopo gli angioini nelle battaglie di Orsara e Troia. Nel 1461 Skanderbeg fu nominato Generale della Casa di Aragona e Signore di Monte Sant’Angelo e Trani e San Giovanni Rotondo. L’inizio della fine di Giorgio Castriota, ufficiale e Gran Capitano al Soglio Pontificio, Grande Ufficiale nella Commenda della Casa di Aragona e lasciato inesorabilmente solo al suo ritorno in patria, dopo la Campagna militare in Italia a fianco della Casa di Aragona. L’assedio di Elbasan, roccaforte turca, non pregiudicò i piani strategici di Skanderbeg, nella battaglia di Ocrida i turchi si affidano al comando di Ballaban Pascià, ma tutto è inutile; gli albanesi vogliono la loro terra e non permetteranno mai ai turchi di continuare a calpestarla.
Nel 1466, Maometto II decise di attaccare il cuore pulsante delle forze albanesi: la Fortezza di Kruja, un attacco pianificato da Maometto II alla testa del suo imponente schieramento e miseramente fallito, con il ritiro delle forze turche e l’ennesima vittoria di Skanderbeg, malato probabilmente di malaria e ancora una volta vittorioso e consapevole di essere il comandante di una forza militare perfettamente addestrata e motivata contro gli ottomani e lo stesso sultano Maometto II.
L’ultima battaglia del Castriota sarà quella che nessun essere umano ha mai saputo vincere; quella con la morte, che lo accoglie per riportarlo alla casa di Cristo ad Alessio nel 1468.
Giorgio Castriota o Skanderbeg, muore ad Alessio lasciando al popolo albanese il valore della forte identità nazionale, accompagnata dallo spirito della ribellione di un popolo, quello albanese, ribellatosi all’Impero Ottomano. Una delle più importanti testimonianze in Italia, sono le comunità contemporanee italo-albanesi(arbereshe), che hanno antichissime origini e che si sono trasferite in Italia, dopo la morte del loro condottiero, conservando ancora le tradizioni della loro terra natìa, insieme al simbolo dell’identità nazionale albanese e integrandosi perfettamente nel territorio italiano, attraverso i processi di ibridazione delle razze e delle culture dei popoli. A Piana degli Albanesi, a pochi chilometri da Palermo in Sicilia, la statua di Giorgio Castriota, ultimo baluardo al servizio del popolo albanese, svetta solitaria, stagliandosi nel cielo limpido e azzurro, ancora una volta, Skanderbeg, rivive nella sua leggendaria vita avventurosa e omaggia il popolo albanese con il dono più grande, ambito da tutti i popoli: la libertà.