“Un pubblico ufficiale, e anche il medico, è tenuto a segnalare i casi di sospetta violazione della legge sulla maternità surrogata alla procura. E poi si vedrà”.
Questo è l’ultimo discorso intelligente di Eugenia Roccellam riguardo alla gestazione per altri, argomento sul quale la maggior parte della gente, compresi giornalisti e politici, fanno gran confusione tra ciò che è moralmente lecito e ciò che è moralmente illecito.
Negli articoli che seguono, qualche altro ragionamento brillante tra i tanti.
TellusFolio 5 dicembre 2010
Eugenia Roccella, durante la trasmissione “Domenica in” (29 novembre) ha dichiarato: “Siamo liberi di non mettere il casco, di non mettere la cintura di sicurezza, siamo liberi di drogarci, di farci del male, siamo liberi persino di ucciderci ma non è che queste cose siano diritti anzi in genere sono contro la legge, cioè la libertà non è che possa diventare sempre un diritto, la libertà di morire è una libertà contro l’umano tanto è che se noi vediamo che una persona si sta suicidando interveniamo”. Non ha vicino qualcuno, un collega, non so, un familiare che le eviti di far brutte figure e le spieghi il significato del termine “libertà” e del termine “diritto”? Che la mamma può stabilire che cosa è male per il suo piccolo e che cosa è bene, ma lo Stato, che mamma non è, non ha il diritto di stabilire che cosa sia bene e che cosa sia male per una persona? Che le spieghi perché lo Stato ci obbliga a mettere il casco, o la cintura, mentre non ci impedisce di portare il cilicio, come fa la senatrice Binetti, oppure di digiunare, o procurarci altri tormenti? Che, ammesso non si abbia il diritto (morale, al più) di nuocere alla propria salute, nessuno ha diritto di impedircelo? Che le spieghi la differenza tra il suicidio di colui che ha avuto una delusione d’amore, ha perso persone care, il lavoro, ecc., e il suicidio del malato senza speranza? Secondo il sottosegretario al Ministero della Salute (siamo in buone mani!), il fatto che interveniamo qualora vediamo qualcuno che sta per gettarsi da un ponte (qualcuno che potrebbe avere la possibilità di riprendere una vita sana e normale), dimostra che la libertà di morire è “una libertà contro l’umano”. Se lo dice lei, la Roccella, vuol dire che così è.
Affaritaliani 23 agosto 2011
Eugenia Roccella, con la consueta nota intelligenza, su Il Tempo del 23 agosto, in un articolo intitolato “Non chiediamo contributi alla Chiesa”, scrive: “Chi fa questa richiesta sembra ignorare che le attività della Chiesa sono già un immenso contributo di solidarietà (meglio: di carità, e dunque, come ricorda Benedetto XVI, di amore), di cui l’Italia gode in misura maggiore rispetto ad altri paesi”. Intanto va precisato che la Chiesa “ama” con i soldi che le provengono dai fedeli e dallo stato italiano. Niente di male ovviamente, anzi, tutto di bene. Ma riguardo alla questione: poniamo che la Chiesa impieghi in opere di carità l’80% (percentuale a caso) del denaro che riceve, e tenga il resto per sé. Se il resto le permette di accumulare “tesori sulla terra, dove tignola e ruggine consumano” e non “tesori in cielo, dove tignola e ruggine non consumano” (Mt 6,19), ciò che si chiede alla Chiesa, non è di sacrificare il denaro destinato alle opere di carità (sarebbe assurdo!), bensì un pezzetto del tesoro accumulato sulla terra. Capito, Eugenia, non a caso Roccella?
Renato Pierri