JESOLO: il racconto di una giovane donna in bilico tra aspettative e desiderio di autodeterminazione

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Jesolo: una donna in bilico tra aspettative sociali e desiderio di autodeterminazione, nel romanzo di Tanja Raich. Novità in Italia

Anche nostro figlio sarà così dolce?, chiedi.

L’idea che ci sia un bambino insieme a noi. Le mani talmente piccole che si rischia di schiacciarle. I tuoi occhi.

Le mie labbra. I tuoi denti. Le mie gambe. Il tuo naso. Le mie orecchie. E prima o poi anche il nostro modo di fare.

La nostra lingua. Parole che solo noi diciamo, in una bocca piccolina. E mamma. E papà. Anche se noi non ci chiameremmo mai così.

Cacca. Pannolini. Urla, dico io. Alzarsi di notte. Essere svegliati alle sei del mattino di domenica. Dover esserci sempre. Essere sempre dipendenti. Tutte le nostre conversazioni che ruotano solo attorno a bambini e cibo per bambini e pannolini da bebè e accessori per l’infanzia.

Davvero lo vuoi?

Magari lo si può restituire.

Ma solo dopo vent’anni.

Questo brano è tratto dalla pagina 20 dell’edizione italiana, fresca di stampa, di Jesolo, il romanzo d’esordio di Tanja Raich, nominato per l’Österreichischer Buchpreis, il più prestigioso riconoscimento letterario in Austria, conferito dal Ministero della Cultura.

Andrea, la protagonista, è una trentacinquenne che lavora come grafica pubblicitaria in un’agenzia. È fidanzata da diversi anni con Georg. Vivono in case separate. Andrea preferisce così. Da anni vanno in vacanza a Jesolo. Stessa spiaggia, stesso mare. Anche quest’anno. Georg preferisce così. Ma questa vacanza è turbata dalle domande sempre più pressanti di Georg, che vorrebbe che Andrea andasse a vivere con lui, che “diventasse grande”, si assumesse le sue responsabilità. Se lei è imbrigliata in un rapporto inesistente con sua madre, andata via da casa quando lei era in tenera età, Georg avverte invece il richiamo della paternità. Tutti intorno a loro, a partire dai genitori di Georg, si aspettano che diventino finalmente una vera famiglia, sotto lo stesso tetto e con almeno un figlio.

La solita vacanza insieme, un litigio, la separazione, la scoperta di essere incinta, il trasloco nell’appartamento ristrutturato attiguo ai suoceri, l’ultimo giorno di lavoro, la paura di non ritrovare il proprio posto al rientro dalla maternità, la cameretta da preparare, le tutine da comprare, il conto alla rovescia prima del parto…

So cosa mi aspetta. Io sono di poche parole: Andrea, trenta-

cinque anni, grafica. Ventisettesima settimana di gravidan-

  1. Niente disturbi. Passo la parola alla donna che segue,

ma l’ostetrica non si accontenta.

Non vuoi raccontarci come stai?

Non c’è niente da raccontare, è tutto normale.

Hai già sentito il bambino?

Sì, mi preme in continuazione sulle viscere, sarò felice

quando sarà uscito.

[…]

Andrea, vuoi aggiungere qualcosa?

Tutto questo circo della gravidanza mi dà sui nervi.

(pp. 136 – 137)

Tutto quello che potrebbe appagare e rendere felice un’altra donna, per Andrea è soffocante. Sembra una vita prescritta, come una medicina. Lo stile netto e impietoso del racconto contribuisce a enfatizzare questo senso di assedio costante, la tensione tra il desiderio di autodeterminazione di Andrea e l’accettazione progressiva delle aspettative altrui.

A ogni “sì” finisco sempre di più nella merda (p. 125)

Sullo sfondo l’attualità, con il dramma dell’immigrazione e il montare di sentimenti xenofobi tra la gente comune.

L’autrice

Nata a Merano nel 1986, Tanja Raich ha alle spalle studi di Germanistica e Storia e numerose pubblicazioni in riviste letterarie e antologie di racconti e poesie. Finalista in diversi concorsi letterari, si è aggiudicata nel 2014 il premio “Exil” e nel 2015 il premio “Frontiere-Grenzen”. Attualmente vive a Vienna e svolge, tra le altre, la mansione di editor presso le edizioni Leykam. Jesolo, il suo romanzo d’esordio, è stato finalista al principale Premio letterario nazionale austriaco.

Recensioni

«Jesolo è la cronaca di dieci mesi nella vita di una donna che mette in discussione l’immagine che ha di sé e una società che non è affatto progressista come lei crede». (Der Spiegel)

«Lo sguardo severo e impietoso di Tanja Raich è “dissezionante” in senso flaubertiano, il suo racconto di una vita “prescritta” è davvero impressionante» (Literatur + Kritik)

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