“Voce ‘e Notte”, andato in scena alla Sala Umberto di Roma con un personale tripudio per Lina Sastri, il Maestro Adriano Pennino e il corpo di ballo, è la perfetta evoluzione di quello che un tempo, con un’accezione di corto respiro, veniva definito “teatro del sud”. Un teatro, cioè, con una matrice popolare e corale, che aveva le sue origini negli spettacoli di piazza e nelle maschere delle feste rusticane, una rappresentazione che riusciva a intercettare però i conflitti più profondi dell’uomo, quelli segnati dalla fatalità, dalla passione e dal desiderio.
La performance immersiva della Sastri si snoda tra momenti di poesia sommessa e sottile delicatezza, costruiti su un’interpretazione misurata e intensa. Nel celebre monologo di “Filumena Marturano”, ad esempio, ha saputo mantenere un equilibrio perfetto tra emozione e pudore controllato del personaggio: una riservatezza che, anziché limitare, amplifica la potenza delle sue parole.
La straordinaria interprete ha offerto con voce aperta e sincera, nel suo bel timbro caldo e intenso da contralto, una visione della Napoli di ieri e di oggi, cogliendone i segni di un disagio più ampio e traducendoli nel linguaggio universale del canto e della danza. Con cura attenta e sfumature raffinate, ha narrato quelle storie con un lessico semplice, libero da inflessioni intellettualistiche, ma non privo di rimandi letterari o d’arte.
Tra i molti riferimenti al teatro napoletano dei grandi maestri, come Eduardo De Filippo, di cui la Sastri ha spesso incarnato l’eredità drammaturgica, spicca un tributo alle donne enigmatiche e solitarie dei quadri di Edward Hopper, con un richiamo alla “maschera” (la figura incaricata dell’organizzazione e dell’accoglienza degli spettatori) protagonista del dipinto “New York Movie” del 1939.
Lina attinge con generosità alla tradizione canora partenopea, rinnovando brani memorabili del suo repertorio più iconico. Da “Era de maggio” a “Voce ‘e Notte” (che dà il titolo allo spettacolo) fino a “Napule è” di Pino Daniele, offre un suo sguardo personale e autentico su quella cultura. Sostenuta in questo sforzo interpretativo dalle rielaborazioni musicali del Maestro Adriano Pennino, che ha scelto timbriche calde e avvolgenti, attingendo a elementi jazz. Sonorità che valorizzano il tono profondo della sua voce, in grado di creare atmosfere che oscillano tra la morbidezza delle ballate e la forza delle sonorità mediterranee.
L’allestimento scenografico gioca un ruolo significativo nel rendere tangibili le suggestioni di Napoli. Sullo sfondo, i tre lampioni evocano l’immagine dei vicoli e delle piazze popolari, dove la luce fioca assume un significato narrativo e intimo, che richiama la dimensione raccolta e silenziosa della città di notte. Questa luce tenue crea un legame invisibile di “familiarità” e di “appartenenza” tra interpreti e spettatori, suggerendo quel “calore” e quella “vicinanza” tra gli artisti e il pubblico che la Sastri esplora di continuo. In questo modo, non solo racconta, ma invita la platea a condividere un’esperienza che è tanto teatrale quanto personale, suggerendo una Napoli complessa e stratificata, sospesa tra pubblico e privato, tra nostalgia e attualità.
“Voce ‘e Notte”, ripetiamo, si configura come un’opera di connessione tra passato e presente, un mosaico di immagini e di suoni che, pur radicandosi nella tradizione culturale napoletana, avvia un efficace processo di reinterpretazione. Napoli non è solo una città dal passato ricco, ma un luogo che continua a vivere, a evolversi e a trasformarsi, mantenendo allo stesso tempo legami saldi con le sue radici.