Ottantaquattro anni fa, la “la Notte di Taranto”, la Pearl Harbour italiana

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Nella notte tra l’undici e il dodici novembre del 1940, la Flotta Britannica attaccò la base navale della Reggia Marina di stanza a Taranto , danneggiando seriamente le infrastrutture e il grosso della flotta italiana.
All’indomani dell’entrata in guerra dell’Italia a fianco della Germania, a Giugno del 1940, l’Italia subì la sua prima sconfitta navale antecedente la Notte di Taranto, con la perdita di 218 mercantili sequestrati nei porti francesi e inglesi o rifugiatesi in porti neutrali o in Germania e, ad ogni modo, inutilizzabili nel Mediterraneo. Una perdita totale pari a un 1.200.000 tonnellate di naviglio mercantile, tra il migliore di quello all’epoca in possesso della Regia Marina.
Il primo ministro inglese, Winston Churchill, riteneva il Mediterraneo, l’obbiettivo principale per difendere i territori britannici del Commonwealth britannico, come Malta, Alessandria d’Egitto, Gibilterra e lo stesso Canale di Suez, porta d’ingresso nell’area mediorientale, di vitale e strategica importanza, per il passaggio delle merci. Aprire un secondo fronte nel Mediterraneo, era di vitale importanza per gli alleati e la Royal Navy fu chiamata ad un importante esame che avrebbe deciso le sorti della guerra.

 

L’Operazione denominata in codice “Judgement” e lanciata dallo Stato maggiore della Royal Navy prevedeva l’attacco della flotta italiana di stanza nella base navale di Taranto. Nella notte tra l’undici e dodici novembre del 1940, la Royal Navy conseguì il suo primo successo umiliando l’Italia e allentando le pretese di Mussolini nel Mar Egeo e su Suez.
Galeazzo Ciano Ministro degli esteri italiano, scriverà sul suo diario che le operazioni aeronavali nel Mediterraneo, condotte dalla Regia Marina, erano state solo un litigio tra i comandanti della Regia Aviazione e della Regia Marina. Uno dei punti più importanti della storia dell’Italia in guerra, fu proprio la scarsa capacità di rimpiazzare le unità danneggiate durante gli scontri navali nel Mediterraneo.
La notte di Taranto è solo il preludio all’immane disastro politico e militare, fatto dall’Italia fascista nella seconda guerra mondiale.
Il 6 novembre, la portaerei britannica Illustrious salpò da Alessandria d’Egitto scortata da un’imponente formazione navale che comprendeva gli incrociatori pesanti Gloucester e York e le corazzate Malaya, Ramillies, Valiant e Warspite, con il compito di scortare la portaerei fino all’imbocco del Mar Ionio.
La notte del dieci novembre, la Illustrious giunta a 75 miglia a ovest di Cefalonia, lanciò l’operazione alle 20,40 in punto, con una prima ondata di dodici aerosiluranti che decollarono in direzione nord-ovest, verso Taranto. Alle 23:00 in punto i biplani Swordfish entrarono a bassa quota nella rada di Taranto, e alle 23:15, le navi italiane erano state colpite e immobilizzate per almeno un paio di mesi. La Littorio e il Conte di Cavour, furono colpite nella sponda orientale del Mar Grande, i caccia torpediniere Libeccio e Pessagno, furono colpiti seriamente, senza che la contraerea potesse avere il tempo di colpire i veloci Swordfish. Alle 23:30, iniziò la seconda ondata, ancora più devastante, in quanto, furono colpiti diversi depositi di carburante all’arsenale e danneggiati seriamente gli incrociatori pesanti Trento e Zara. La corazzata Duilio fu colpita sul lato di dritta e due dei dodici aerei furono abbattuti nel tentativo di colpire un’altra e preziosa nave da battaglia della Reggia Marina: La Vittorio Veneto.
L’Operazione Judegment terminò all’alba del dodici novembre e gli Swordfish appontarono felicemente sul ponte della Illustrious, che invertì la rotta e puntò verso sud est, dopo aver lanciato con arroganza lo sguardo verso le coste italiane.

 Un’azione corsara studiata in ogni minimo dettaglio e che ancora una volta, per gli ufficiali della Royal Navy, rappresentava la supremazia della Marina britannica in qualsiasi teatro di guerra.
L’Ammiraglio Andrew Cunningham, poteva ritersi soddisfatto, al contrario dell’Ammiraglio Inigo Campioni, rimasto con una flotta operativa solo al 60% e con le sue più belle e potenti unità, prive di un’efficace copertura aerea e cosa ancora più grave, con uno stato maggiore privo di qualsiasi iniziativa strategica. Il Mar Egeo, nel primo anno di guerra per l’Italia, rappresentava un serio problema per i gerarchi e la Royal Navy, non aveva la minima intenzione di cedere Suez, Alessandria d’Egitto e Malta, alle potenze dell’Asse. L’arma aerea si era rivelata perfetta e micidiale, lo stesso Ammiraglio Cunningham, nel suo memoriale dedicato all’impresa di Taranto, scrisse poche e significative righe a sua maestà britannica: “Abbiamo attaccato a tutta forza con due ondate di aero siluranti. La Portaerei Eagle è rimasta in porto per un’avaria motore, ma l’operazione ha riportato un importante successo, quando tutti i fagiani erano nel loro nido”.

  

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