Durs Grünbein: poeta pensatore

Arte, Cultura & Società

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Il poeta tedesco ospite d’onore al Premio L’Aquila “Laudomia Bonanni”

di Liliana Biondi

Il Premio Letterario Internazionale L’Aquila-BPER Banca non si smentisce: un altro gigante dalla Poesia, il tedesco Durs Grünbein, è il graditissimo ospite d’onore della XXIII edizione; un Premio che tra gli altri ha visto la presenza di E. Evtusenko, D.Walcott, K. Takano, T. Patrikios, T.B.Jelloun, Y.Lian, J. Haddad.

Durs Grünbein è tra i massimi poeti e intellettuali contemporanei, giustamente stimato «vero poeta cosmopolita». Dal 1992 ad oggi non si contano i premi ricevuti in varie parti del mondo. In Italia, nel 2006, il Premio Pasolini; nel 2015, il Premio Violani Landi presso l’Università di Bologna, che nel 2021 lo onora con la Laurea Honoris Causa in Letterature moderne comparate e postcoloniali; nel 2022, l’Università di Milano gli conferisce la Laurea H.C. in Scienze Filosofiche; nel 2023, a Pescara vince il Premio Internazionale NordSud di Letteratura e Scienze. Dal 2005 docente di Poetica ed Estetica alla Kunstakademie di Düsseldorf, frequenta l’Accademia tedesca di Villa Massimo a Roma; e dal 2008 è membro dell’Ordine al merito delle Scienze e arti in Germania.

Grünbein è autore di numerose raccolte di poesia, cinque libri di saggi, un diario, un libro di memorie in prosa, è traduttore di rilevanti autori antichi e moderni. Le sue opere sono state tradotte in molte lingue; la prima ad uscire in lingua italiana,  nel 1999 con Einaudi, è A metà partita: poesie 1988 – 1999, traduzione di Anna Maria Carpi; seguono in volume e in antologie altre undici pubblicazioni tutte con Einaudi  e Il Mulino, fino alla più recente del 2022, edita da Crocetti, Le parole non dormono, traduzione di Valentina Di Rosa, un volume di circa 300 pagine che raccoglie in 9 sezioni un florilegio di oltre un  trentennio «puntando su alcune delle sue traiettorie dominanti», come scrive la traduttrice, che distinguono la “zona grigia” da quella “a  colori”: due generi di esperienze che si intersecano continuamente.

Dresda, città cara a Wagner e tornata oggi ad essere splendida città barocca, nel 1962, anno in cui vi nasce Durs, era tra i più importanti centri industriali della Germania Est, ma portava ancora tutti i segni del devastante bombardamento fatto dall’esercito britannico e americano nella seconda guerra mondiale, e già da un anno il muro di Berlino la isolava dal resto del mondo.

Durs è figlio unico in una giovane famiglia colta: chimica la madre, ingegnere aeronautico il padre, entrambi non iscritti al partito. Cresce nella periferia della città, a Hellerau, «quieta città giardino» la definisce; la prima città giardino realizzata in Germania. Anche Durs ha precoci interessi scientifici pari, tuttavia, a quelli per la poesia, attento lettore sin da giovanissimo di tre giganti: Novalis, Hölderlin, Pound e precoce poeta.

La formazione di Grünbein è piuttosto tormentata, da autodidatta. Assolto il servizio militare, nel 1985, a 23 anni si trasferisce a Berlino est, ma non può iscriversi alla Germanistica avendo rifiutato durante il servizio militare di pattugliare armato presso i confini del Muro.  Sceglie allora un corso di teatro, che abbandona dopo due anni deluso di non poter studiare quello che desidera. Torna a Dresda, frequenta i collettivi dell’Accademia di Belle Arti, identifica poesia e pittura come Simonide, lavora per le riviste, per il teatro e collabora col padiglione fisico-matematico dello Zwinger. Viene scoperto e apprezzato da Heiner Müller, drammaturgo, regista e poeta tedesco molto indipendente e, come riconosce Durs, con un «orizzonte di pensiero più ampio». Grazie a lui, caduto il muro, Duns presenta alla Fiera di Francoforte il suo primo importante volume di poesie Grauzone Morgens (Zona grigia al mattino), edito nel 1988, che lo rende noto all’estero fino a fargli conferire nel 1995, a 33 anni, il massimo premio letterario tedesco il Büchner Preis. Come già nel titolo, in questa sua silloge Durs rappresenta l’ambiente storico-geografico di quell’angolo della Germania est sotto l’occupazione sovietica: monotono, incolore, arido, ripetitivo, desolato, dove il grigio anonimo delle superfici, dell’asfalto è tutt’uno con quello atmosferico, privo di sole, e dove persino l’acqua del grande fiume Elba ha una veste plumbea, melmosa, sporca, una cloaca stagna partecipe del triste letargo che tutto e tutti avvolge. Ma in tanta desolazione ambientale e collettiva, la mente, l’immaginazione del giovane poeta corre anche verso quella zona “grigia” del cervello con le sue cellule cerebrali che rappresentano le capacità creative e intellettive dell’individuo; così che anche l’acqua dell’Elba improvvisamente esonda, straripa trascina con sé tutto quanto trova, e torna ad essere dinamica e vitale.

Una raccolta, Zona grigia all’alba, che in nuce contiene tutti i motivi e le tematiche che nelle opere successive in poesia come nella saggistica vengono ripresi, ampliati, sviluppati, chiariti da Grünbein, primi fra tutti il tema dell’acqua declinato in tutte le sue trasformazioni, fiume Elba compreso; il tema della memoria indelebile, e quello della poesia con le sue connessioni con la biologia e la fisiologia, in una parola, con la scienza e la filosofia.

E come lo straripare dell’Elba, all’indomani della caduta del muro di Berlino, Durs, assetato di conoscenza, viaggia moltissimo tra Europa, Asia, Stati Uniti (ospite delle Università di Los Angeles e di New York). In Italia, nel 1994, la visita a Pompei e a Ercolano si rivela risolutiva nello sviluppo della sua opera. Il diretto contatto con lo “scavo” lo trasforma in una sorta di archeologo dell’anima. Nasce Vulcano e Poesia, un testo in cui il recupero di  frammenti di vite sepolte per secoli e la storia anche autobiografica sono fonti di riflessione  sul tempo  nel quale gli esseri umani si specchiano per dare un senso alla fragilità delle proprie vite aiutandoli ad accettare i propri rischi e pericoli: «Solo là vidi per la prima volta l’effetto  di questa violenta detonazione che è il tempo, vidi lo scroscio  ritardato delle schegge della civilizzazione, e nella famosa catastrofe in presenza del vulcano, la prova di una sorta di memoria immemore – deus absconditus (…). La poesia, l’ho sempre saputo, sarebbe riuscita a ritrovare le tracce, se no a che scopo sarebbe esistita».

Non meno cara gli è Roma, che frequentemente abita, e alla quale dedica la raccolta Aroma, un album romano edito nel 2010: Roma, con le sue rovine, con la sua Storia, con i suoi profumi, con gli odori, con gli aromi, con i pini ai quali dedica molti componimenti in versi: «Pino italico, protettore, un baldacchino/ su migliaia di chilometri: come Plinio/ tramanda, il giorno di Pompei sopra il Vesuvio/ c’era una nube con la forma di un pino”» (Sopra il Vesuvio una nuvola a forma di pino). Devoto alla letteratura antica, «humus etimologico della nostra lingua», Durs ripone una incrollabile fede nella parola della poesia che, scrive, ha la «capacità di connettere nel modo più rapido possibile ciò che di per sé è distante», che sia Eschilo, Seneca, i brevissimi haiku, mediatigli da Erza Pound e da poeti non solo giapponesi. Anche la cultura italiana è per lui alimento e riflessione, dai classici latini a Dante e Leonardo in massimo grado; non a caso, la prima raccolta di saggi, il Galilei, porta ad esergo le parole della piccola orazione dell’Ulisse dantesco; e, con Dante, Leonardo, scienziato ed artista, spinto sempre dalla curiosità di conoscere e di sapere.

Non legato ad un unico genere, ma libero e imprevedibile, Grünbein è sensibile anche agli esiti della neurofisiologia, e a concetti e linguaggi delle Hard sciences, dalla fisica quantistica alla zoologia. Nel 2018 edita presso Einaudi, per i pubblico italiano un’antologia di saggi, I bar di Atlantide e altri saggi, il cui filo conduttore è la necessità di ritrovare una voce unitaria che riunisca poesia e filosofia, scissasi con Platone e risaldata solo da Nietzsche. I suoi testi saggistici, come le sue prose poetiche, e spesso prose poetiche essi stessi, d’altronde, come accade ai grandi poeti, sono esplicativi del suo pensiero, e della sua poesia sintatticamente lineare e semplice, ma in cui impreviste analogie, connessioni improvvise, illuminanti associazioni d’idee, nella loro ambiguità, la fanno piuttosto “sentire” che comprendere.

Anche il suo ultimo volume di poesie Le parole non dormono, respira della sua grande abilità nell’uso di ogni forma metrica e di ogni tipo di verso: dai brevissimi epigrammi e dagli haiku («È un fruscio/: a migliaia di miglia/lei si spoglia» (p.77) a versi più o meno lunghi fino alla prosa poetica. Il poeta modula e piega l’uso della parola e dello stile a qualunque esigenza metrica e concettuale: «Le parole non dormono nei dizionari», scrive. E la sua non è mai parola gratuita, sempre sostanziale, collegata al concreto e al reale, da cui prende spunto, un reale spesso occasionale, mediato da una lucida meditazione che non esclude il paradosso e l’ironia: «La morte, questa aspra personcina / delle antiche fiabe tedesche, /ebbe allora un’oretta di svago» (L’insegnamento della fotografia, p. 165), e fiorisce grazie alla sua amplissima memoria culturale. A dare vita alla parola è il poeta pensatore, scevro da sentimenti, capace di sovvertire e persino di annullare l’ordine  del tempo e che, pure denunciando la disperazione, che è la consapevolezza del vivere, rafforza la propria forza di essere e di esserci nel tempo e nella Storia: «Siamo glottambuli, irretiti in poliloghi, / e non  sapremmo dire quale  epoca / è la nostra, quando il sonno rapisce il corpo./ Solo che sono i miti a muovere la storia/ e che talune poesie possono salvare la vita » (Ipotesi, p.187). D’altronde «Ogni essere umano è un brillante /allo stato grezzo, unico / in una sua recondita maniera» (Poesia impolitica, p.113).

 

 

Opere di Durs Grünbein tradotte in italiano

  1. A metà partita: poesie 1988 – 1999, traduzione di Anna Maria Carpi, Einaudi ,1999.
  2. Il primo anno. Appunti berlinesi, traduzione di Franco Stelzer, Einaudi, 2004.
  3. Della neve ovvero Cartesio in Germania, traduzione di Anna Maria Carpi, Einaudi, 2005.
  4. Infanzia in diorama, traduzione di Silvia Ruzzenenti, in «Comunicare – Letterature Lingue», n. 7, 2007, Il Mulino, pp. 241–249.
  5. La strada per Bornheim, racconto in La notte in cui cadde il muro, a cura di Renatus Deckert, traduzione di Valentina Freschi, Scrittura pura Editore, Collana Paprika, 2009
  6. Strofe per dopodomani e altre poesie, a cura di Anna Maria Carpi, Einaudi, 2011.
  7. Il consiglio dei gamberi e altre passeggiate sott’acqua, traduzione di Silvia Ruzzenenti, in Prosa saggistica di area tedesca, a cura di G. Cantarutti e W. Adam, Il Mulino, 2011, pp. 17–50.
  8. Schiuma di quanti, trad. di Anna Maria Carpi,  Einaudi, 2021
  9. I russi alle porte di Dresda, L’orologio della scuola, traduzione di Sergio Garau, in «Atti impuri» n. 9, 2016, Miraggi, pp. 52-67. Comprende anche Conversazione con Durs Grünbein, a cura di Spara Jurij, ivi, pp.44-51.
  10. I bar di Atlantide e altri saggi, traduzione di Giulia Cantarutti e Silvia Ruzzenenti, Einaudi, 2018.
  11. Il bosco bianco. Poesie e altri scritti, con testo tedesco a fronte, a cura di Rosalba Maletta, Sesto San Giovanni, Mimesis, 2020.
  12. Le parole non dormono, a cura di Valentina Di Rosa, Cles, Crocetti, 2022.

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