Amleto  Cataldi, un cenotafio

Arte, Cultura & Società

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Un monumento funerario commemorativo, il cosiddetto cenotafio, sarebbe dovuto essere impegno da parte dei cultori d’arte e  delle istituzioni. In effetti ci riferiamo non tanto a un grande artista di notorio afflato transnazionale quanto più particolarmente allo scultore di Roma Capitale, AMLETO CATALDI.

A seguito di vicende non ancora chiare, dopo il decesso inaspettato nell’estate del 1930, delle sue spoglie si persero letteralmente i ricordi !! Molti onori e commemorazioni per la dipartita, anche negli anni a seguire, ma il fatto tragico è il seguente: a cerimonie concluse la bara fu trasportata al cimitero del Verano dove si registra una vicenda da film dell’orrore. Si ricordi che l’artista conviveva da sempre, e ne provvedeva amorevolmente al mantenimento, con la madre e una sorella non in salute, nel suo appartamento a Via del Babuino.

Nel 1927 nel pieno del successo in epoca mussoliniana, l’artista sposa Teodolinda Kappel, a suo tempo attrice del cinema muto e anche attrice di circo; madre di una figlia di padre sconosciuto, Eleonora, vissuta in affidamento a Vienna. La convivenza  con Cataldi durò circa tre anni fino alla morte inaspettata dell’artista. Non si conoscono i dettagli della vita matrimoniale né che cosa avvenne della madre e della sorella: sappiamo per certo che l’artista in vita fece le pratiche di riconoscimento di Eleonora, pur se mai vista, e Teodolinda, morto il marito, ottenne davanti al notaio la attestazione di sola erede dei beni.

Si può immaginare quanto avvenne successivamente con riferimento alle opere d’arte presenti non solo nel laboratorio e agli altri beni. Il feretro dunque trasportato al Cimitero del Verano restò in un deposito per oltre quarantacinque anni completamente ignorato e dimenticato! Nel 1976 le autorità del cimitero interrarono la bara e dieci anni dopo, come per legge, i resti  mortali di Amleto Cataldi trovarono finalmente pace nell’ossario comune! Le ricerche hanno consentito di ricostruire tale quasi inverosimile triste umana vicenda ma nulla sul perché, sul come e sui chi: certo è che anche i più stretti parenti, quindi non solo la moglie in special modo e più tardi la figlia adottiva, nulla e niente fecero per ovviare alla infame stortura.

Non si hanno prove documentarie di tale abnorme situazione, si sa solo che la moglie e poi assieme alla figlia quando il momento, dimoranti nell’appartamento ereditato al Babuino, proseguirono attivamente nella promozione e valorizzazione delle opere ereditate e un tenore di vita di un certo livello documenta i risultati.

Di Amleto Cataldi, delle sue spoglie mortali, non resta dunque alcuna traccia da commemorare!

Dopo la morte fisica del grande artista, si assiste anche a quella critica e storica: da allora ad oggi infatti fatta esclusione di una modesta mostra di 14 opere organizzata nel 1951 dalla  figlia adottiva,  nessuna iniziativa e nessuna pagina critica se non la copia pedissequa di quanto già a suo tempo riportato nella rivista EMPORIUM: la consistente collaborazione col Fascismo pur se per soli cinque-sei anni, ebbe quale visibile risultato quella che Vitt. Sgarbi definì  ‘demonizzazione fascista’ e ‘disconoscimento dei reali valori’: di conseguenza nessun intervento critico  specifico salvo il rimescolamento di quanto a suo tempo osservato dai critici: il solo contributo personale di questi anni è stata una  attenta tesi di laurea all’Aquila. Si aggiunga  che il cultore o studioso di Amleto Cataldi che voglia ricorrere alla rete per informazioni, la prima voce in cui si imbatte è il Dizionario Biografico Treccani:  è la sola fonte generale per tutti i cultori di Amleto Cataldi.

I numerosi errori di varia natura ivi presenti gettano una luce di zero attendibilità, per non citare  le deduzioni critiche cui si abbandona l’estensore della nota.  Deplorevoli  sono la  misconoscenza delle opere e  le incredibili omissioni, senza menzionare i giudizi espressi, tra cui: “molte delle sue opere anche monumentali, vennero rimosse, né è facile oggi rintracciarne la ubicazione”:  affermazione non tanto offensiva e lesiva quanto e soprattutto integralmente falsa: in realtà nessuna opera dell’artista ha subito questa sorte! Anzi no, si registra un caso di rimozione, ma recente:  alla Gall.Nazionale GNAM di Roma perfino l’importante marmo del 1911 ‘Risveglio’  non si vede più in giro, idem le altre quattro opere! Quale  giudizio  su Amleto Cataldi da una tale serie di strafalcioni e amenità  succintamente ricordati?

Circa quaranta opere a Roma, tra cui solenni capolavori, ecco perché  Scultore di Roma: il Monumento agli Studenti della Sapienza, la  Fontana della Ciociara (o anfora) sul Pincio,  la Vittoria (quella con le braccia abbassate) sul Ponte Vitt.Em.II,  l’ispirata a Rodin Donna al Grand Hotel di Via Veneto, il Monumento ai Finanzieri in Largo XXI aprile, i Gruppi giganteschi di Atleti nel Villaggio Olimpico, l’Arciere maestoso al Quirinale e altro esemplare alla Banca d’Italia, il busto in marmo di Carducci al Campidoglio, delle opere alla GNAM abbiamo detto,  tre opere alla Galleria Comunale  tra cui la Galatea, una Portatrice d’acqua nel cortile  in Via Ulpiano ( Min.Prot.Civile), altre opere ed edicole  e busti sparsi nella città,  tra le quali il pannello in onore di Giggi Zanazzo sotto il suo balcone a Via dei Delfini in Ghetto!

Che le istituzioni principalmente si facciano promotrici di tale civile ricordo a siffatto grande artista.

Michele Santulli

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