Reem Alsalem, relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla violenza contro le donne, boccia il ‘sistema’ dell’alienazione parentale nei Tribunali italiani: “Usata per spostare l’attenzione dalla violenza subita da madri e bambini”
Autore: Silvia Mari
ROMA – Ci sono precise raccomandazioni delle Nazioni Unite sul contrasto all’uso dell’alienazione parentale (Pas) nei Tribunali, la pseudoteoria nata per occultare la violenza su donne e bambini rappresenta una “violazione dei diritti umani”. Intervistata da Caterina Arcidiacono, psicologa del centro studi protocollo Napoli, promotore della campagna contro la pas in Italia, le ha ripercorse Reem Alsalem, relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla violenza contro le donne e le ragazze, in occasione di un convegno che si è tenuto al Cadm di Milano dal titolo ‘Violenza contro le donne e prostituzione, quale relazione’.
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Allora i tribunali e i giudici diventano fissati su questa accusa e questo oscura qualsiasi altro comportamento problematico e violento in cui il responsabile potrebbe essere coinvolto.
Viene utilizzata come una tattica per deviare l’attenzione dagli atti di violenza contro la madre o il bambino e pone quindi la madre nella posizione di essere accusata, di vedersi allontanati i bambini. E nella maggior parte dei casi, una volta fatta questa accusa, i tribunali e i giudici si schierano con il padre, accettando che l’alienazione genitoriale sia accaduta.
Così la storia di violenza viene di fatto ignorata nei Tribunali e la madre (che ha denunciato abusi e violenza) finisce accusata.
“La raccomandazione che ho fatto nel mio rapporto a giugno 2023 al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite sull’importanza di respingere o ignorare l’alienazione genitoriale come concetto nei tribunali familiari si basa sullo studio e sull’esame del diritto internazionale dei diritti umani. È una raccomandazione, tra l’altro, che non ho fatto solo io in qualità di Relatore Speciale sulle violenze contro le donne, ma anche altre organizzazioni internazionali e regionali che si occupano di discriminazione e violenza contro le donne. La Pas (alienazione parentale)- ha spiegato- è uno pseudoconcetto, non esiste ed è usata come sindrome contro le madri e i bambini dai partner per mascherare la violenza. Nel momento in cui il padre solleva l’accusa che la madre stia alienando il bambino, questa diventa nei tribunali familiari la questione più importante. Allora i tribunali e i giudici diventano fissati su questa accusa e questo oscura qualsiasi altro comportamento problematico e violento in cui il responsabile potrebbe essere coinvolto. Viene utilizzata come una tattica per deviare l’attenzione dagli atti di violenza contro la madre o il bambino e pone quindi la madre nella posizione di essere accusata, di vedersi allontanati i bambini. E nella maggior parte dei casi, una volta fatta questa accusa, i tribunali e i giudici si schierano con il padre, accettando che l’alienazione genitoriale sia accaduta. Così la storia di violenza viene di fatto ignorata nei Tribunali e la madre (che ha denunciato abusi e violenza) finisce accusata. La raccomandazione alle Nazioni Unite è che nei diversi Stati i tribunali smettano di passare dalla parte dei padri utilizzando questo concetto in virtù del quale le donne finiscono con il perdere la custodia dei figli che vengono mandati da chi ha commesso abusi. I giudici devono invece saper guardare alla storia di violenza”.
Alsalem incalza: “Ho visto decisioni in cui i giudici, anche se accettano che forse il padre abbia sbagliato qualcosa, preferiscono comunque ordinare il diritto di visita anziché proteggere il bambino contro i danni. Ed è per questo che ho sottolineato l’importanza che i giudici guardino ai fatti di ogni singolo caso e prestino attenzione anche alla storia di violenza domestica o a qualsiasi accusa di violenza domestica o violenza sessuale avanzata dalla madre o dal bambino”. L’esperta denuncia inoltre: “l’esistenza di “campi di riunificazione”, cosi li chiama, “e ho chiesto chiaramente il divieto del loro uso”, vengono infatti utilizzati per “avvicinare il bambino al genitore cosiddetto alienato e interrompere e indebolire il legame con la madre. Questo ha degli effetti traumatizzanti e non prende in considerazione l’interesse del minore con l’esito dell’affido al genitore violento. Bisogna impedirlo”, ammonisce. “Si cerca in questo modo di interrompere la relazione con la madre e sui danni della ritraumatizzazione ci sono sempre più studi”.
Per questo nelle raccomandazioni l’esperta ammonisce affinchè “non avvenga la riunificazione forzata. “Dobbiamo capire- continua Alsalem- che dietro all’invocazione di accuse di alienazione genitoriale c’è un interesse commerciale, il che significa che ci sono persone, istituzioni e accademici che si presentano come esperti e vengono portati nei tribunali per determinare se sia avvenuta l’alienazione genitoriale”. Parla infatti di un “business” legato anche alla formazione di questi teorici dell’alienazione ed ecco la sua raccomandazione: “Ci devono essere esperti statali e non esperti privati e giudici formati alla protezione dei minori e infine buone pratiche: i governi devono creare indagini, ascoltare le vittime di alienazione parentale come quella eseguita nel Regno Unito da cui discendono raccomandazioni ai ministeri. Il commissario per la violenza domestica ha prodotto una sorta di rapporto su questa questione e sulla base di ciò ha anche formulato raccomandazioni per il sistema della giustizia e altri ministeri su come contrastare questo fenomeno, ma è necessario fare di più”.
“Dobbiamo capire che un modo per zittire la critica all’industria dell’alienazione genitoriale è che chiunque metta in dubbio l’uso dell’alienazione genitoriale, che siano vittime, accademici, donne qualsiasi, viene delegittimato e cancellato perché non si vuole che si svolga un’inchiesta trasparente. Penso che sia importante, come ho detto, continuare a parlare di questo anche con i legislatori e i politici, nei sistemi giudiziari è importante perseverare”, conclude esprimendo gratitudine al lavoro del Comitato Protocollo Napoli che su questo sta facendo una campagna e una raccolta firme.
Fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it