L’udienza alla Comunità Accademica del Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II per le Scienze del Matrimonio e della Famiglia
CITTA’ DEL VATICANO – “Come sapete, il Documento finale della XVI Assemblea del Sinodo afferma che le famiglie sono luogo privilegiato per apprendere e sperimentare le pratiche essenziali di una Chiesa sinodale. A tal fine deve crescere in esse la consapevolezza di essere soggetti e non sono solo destinatari della pastorale familiare, responsabili per l’edificazione della Chiesa e dell’impegno nella società”: questo il saluto del Papa alla Comunità Accademica del Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II per le Scienze del Matrimonio e della Famiglia ricevuta in udienza stamane.
“Sappiamo quanto il matrimonio e la famiglia siano decisivi per la vita dei popoli”, così ha continuato Papa Francesco. “Da sempre la Chiesa se ne prende cura, li sostiene e li evangelizza. Purtroppo, ci sono Paesi in cui le autorità pubbliche non rispettano la dignità e la libertà cui ogni essere umano ha inalienabile diritto quale figlio di Dio. Spesso vincoli e imposizioni pesano soprattutto sulle donne, costringendole in posizioni di subalternità”, ha precisato Papa Francesco.
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E continua: “Nel piano della salvezza non c’è discriminazione tra l’uomo e la donna: entrambi appartengono a Cristo, sono discendenza di Abramo ed eredi secondo la promessa. Mediante Gesù siamo tutti «liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento e il Vangelo della famiglia è gioia che riempie il cuore e la vita intera”. Poi, focalizza l’attenzione sul sacramento del Matrimonio che “è come il vino buono che viene servito alle nozze di Cana”.
“Come dimora aperta e accogliente, fin dall’inizio la Chiesa si è prodigata affinché nessun vincolo economico o sociale impedisse di vivere la sequela di Gesù. Entrare nella Chiesa significa sempre inaugurare una fraternità nuova, fondata sul Battesimo, che abbraccia lo straniero e perfino il nemico. Impegnata nella stessa missione, anche oggi la Chiesa non chiude la porta a coloro che faticano nel cammino di fede, anzi, spalanca la porta”, così ha continuato Papa Francesco. A tal riguardo il Papa ricorda che l’“integrazione pastorale è la chiave dell’accompagnamento pastorale per quanti convivono rinviando indefinitamente il loro impegno coniugale e per le persone divorziate e risposate”.
E poi ricorda che “l’ultimo Sinodo ha arricchito la consapevolezza ecclesiale di tutti i partecipanti: l’unità stessa della Chiesa esige infatti l’impegno di superare estraneità o conflitti culturali, costruendo armonie e intese tra i popoli”. Per questi motivi, “all’Istituto Giovanni Paolo II spetta una speciale cooperazione su questo terreno, mediante studi e ricerche che sviluppino una conoscenza critica dell’atteggiamento di diverse società e culture nei confronti del matrimonio e della famiglia”.
E poi, un riferimento al suo Motu Proprio “Summa Familiae Cura” (del 2017): “Ho voluto che l’Istituto estendesse l’attenzione anche agli sviluppi delle scienze umane e della cultura antropologica in un campo così fondamentale per la cultura della vita”. E precisa che sia un “bene che le sedi dell’Istituto, presenti in diversi Paesi del mondo, svolgano le proprie attività in dialogo con studiosi e istituzioni culturali anche di impostazioni differenti, come già avviene con l’Università Roma Tre e l’Istituto Nazionale Tumori”.