Aria di pentimento per la crescente inefficacia degli antibiotici, il G7 di Bari promette nuove soluzioni.
A fine anni 70 assunto come informatore scientifico, cominciavo il mio corso di formazione in una Big Pharma che con un suo ricercatore aveva scoperto i primi chemioterapici nella lotta ai batteri. Il dott. Gerhald Domagk, illustre scienziato della ricerca chimico-farmaceutica aveva individuato capacità antibatteriche nel Prontosil rosso, un colorante utilizzato nell’industria tessile. Iniettando il colorante ai topi e conigli, infettati con lo streptococco, gli animali guarivano dall’infezione. Era nato il primo sulfamidico che valse a Domagk un premio Nobel non ritirato per ordine del Führer.
Quasi contemporaneamente negli Stati Uniti, al fine di poter curare i tanti soldati feriti nel secondo conflitto mondiale, prendeva avvio la produzione industriale della penicillina scoperta da Fleming. La penicillina diventa subito un “rimedio miracoloso” ma arriverà in Italia nel dopoguerra dando il via alla nostra era antibiotica.
Le multinazionali del farmaco partecipano con vigore al boom economico italiano favorito dagli Enti Previdenziali che concedono tanto senza nessuna quota a carico dell’utente, l’informazione ai medici è ben accolta e le novità pure, propagandate da eserciti di informatori.
L’industria italiana senza Ricerca si appoggia alle Multinazionali per proporre varianti di molecole già note ma a prezzo più alto. I capostipiti di successo vengono prontamente copiati e registrati, la gentamicina deve essere sostituita dalla sisomicina o dalla amikacina, le Cefalosporine si modificano in generazioni successive alla prima, con seconda e poi terza generazione, in competizione con i Fluorchinoloni che saranno proposti in doppia e poi in mono somministrazione giornaliera.
Scandali e “Mani Pulite” non rallentano una corsa senza freni, anzi un messaggio molto apprezzato dalla Classe Medica suona così: “Use the Best First”, ovvero usa il miglior antibiotico il prima possibile. Una strategia che voleva sterminare la popolazione batterica e che invece la stava rinvigorendo con l’antibiotico-resistenza.
Lo scenario attuale è cambiato, pediatri e medici di famiglia non prescrivono più con facilità antibiotici dimenticandosi anche dell’inutile copertura antibiotica influenzale, l’industria farmaceutica ha abbandonato da tempo il filone della ricerca di nuovi antinfettivi e non ha interesse a investire in un settore a prezzi bassi e poca prescrizione.
Forse la neonata intelligenza artificiale potrà facilitare, come sembra, lo screening di possibili nuovi antibiotici in maniera più veloce e economica, ma il cambio di passo non sembra facile dato il ricco mercato aperto con l’utilizzo dell’ingegneria genetica nei tumori, l’immunoterapia con anticorpi monoclonali e i nuovi farmaci GLP1 anti-obesità.
La guerra ai batteri deve essere gestita, magari anche senza brevetti, con progetti di Ricerca nelle Università dei Paesi Industrializzati che possano evitare altri pentimenti e danni alle future generazioni.
Umberto Palazzo
Editorialista de Il CorriereNazionale.net