Siamo entusiasti della nostra rubrica, “Versi e Racconti della Settimana“, dedicata a celebrare i talenti letterari emergenti. In collaborazione con l’Associazione Nazionale Italiana nel Mondo, offriamo uno spazio unico per chi ama scrivere e desidera condividere la propria voce.
Ogni venerdì, presentiamo nuove poesie, racconti e estratti che ispirano e fanno riflettere. Che tu sia uno studente, un insegnante, un autore emergente o semplicemente un appassionato di parole, ti invitiamo a partecipare! Invia i tuoi testi a redazione corrierepl. it e potresti essere uno dei protagonisti della nostra rubrica.
Non perdere l’opportunità di far sentire la tua voce! Ogni settimana selezioneremo i contributi più originali e interessanti per metterli in evidenza nella nostra sezione “Arte, Cultura & Società”.
Unisciti a noi e contribuisci a arricchire il panorama letterario!
L’ obiettivo? Promuovere la scrittura e dare spazio a nuovi talenti, sia a livello nazionale che internazionale.
Non perdere questa opportunità!
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Invia i tuoi testi a redazione@corrierepl.it entro il mercoledì di ogni settimana! Insieme, con le nostre parole, possiamo fare la differenza. #ScriviConNoi #FaiLaDifferenza
Nel numero di questa settimana, abbiamo il piacere di presentare i contributi giunti in redazione:
Poesia:
Violazione
Io non piango il rosso del sangue vivo
Il bruciore della ferita che rimargina
Il velo nero del cuore che soffre
non piango l’amore dannato
l’illusione sottratta
il rimbombo sonoro
di uno schiaffo inatteso
Io piango l’innocenza perduta
La fiducia dell’uomo infangata
La voragine di anime depredate
Piango l’odio che invidia l’amore,
Il furto della spensieratezza.
Di ogni donna violata
rivendico un diritto primario di felicità.
Elisabetta Fioritti
Un paese qualunque
Trovatemi un paese dove stare,
che sia di fango e ossa;
un paese di brava gente, magari,
che porti con se anche un dolore;
che sia disteso su pianure e monti,
o sulle rive salmastre del mare,
oppure lungo le sponde di un fiume
immerso tra le nebbie dei boschi;
che si trovi al nord o al sud,
a oriente o a occidente non è rilevante;
trovatemi un paese qualunque
basta che sia come il mio,
un paese d’amare… semplicemente!
Giuseppe D’Anna
https://www.corrierepl.it/2024/09/04/poesie-e-racconti-in-riva-al-mare/
Giovane affamato di Eterno
Carlo Acutis
Giovane virgulto
Di sogni appena dischiusi
Ragazzo dai passi brevi
Affamato di Eterno
Trafitto dall’Amore che consuma e tracima
Come fiore che si dona alla notte.
Ci ricordi che Dio è nei volti di ogni giorno
Che l’Eucaristia è autostrada per il Paradiso
Strada privilegiata di santità.
Amore che non si arrende
Lieve sei passato tra ombre veloci
Come rugiada su campi stanchi di polvere.
Sei divenuto, Carlo
Grido di Amore oltre il tempo
Gioia che non muore
Fresco bacio lasciato sul volto della Terra.
Come sussurro tra le foglie
Dio hai donato ovunque
Come speranza che cresce
Nel cuore aperto di chi ascolta.
Sei ora carezza del cielo alla terra
Canto della gioia nella voce del vento.
Hai Insegnato che ogni attimo è frammento di un miracolo
Ogni battito una promessa donata dall’Amore
Per amare.
Roberto Pignataro
Diacono Permanente
Racconti
Lagani e ciciari (Pasta e ceci)
Sono figlia degli Ausoni e degli Enotri, la “Kalon-brion” ossia “Faccio sorgere il bene”: la Calabria, terra dalle rose canine, dalle foglie ondeggianti degli agrumi a ogni carezza del vento leggero.
Quella punta dello stivale, quella terra aspra e forte. Acque limpide e trasparenti, scogliere e spiagge bianche, ma anche fiumare, ampie vallate e maestose foreste, profumi di cedro e bergamotto.
Sono figlia di Pitagora e Campanella, di Telesio.
E sono figlia di donne le cui storie sono state ignorate, che hanno resistito alle “sporte”, ai fardelli sul capo, alle brocche a due manici colmi d’acqua, ai soprusi degli uomini.
E sono figlia di Dora e delle sue “Lagane e ciciari” e, se vado a ritroso nel tempo, ne sento il profumo nel tegame di coccio.
I ciciari, ossia i ceci, venivano messi a bagno la sera primae, alle prime luci dell’alba, quando il tenue sole spuntava dalle collinette, iniziava la cottura a fuoco basso, insaporiti con una fettina di lardo, aglio e alloro, sale, olio e peperoncino piccante fresco. Il profumo si spandeva per le stanze, s’infilava sotto l’uscio di casa e si lasciava trasportare dal vento nascosto nel vicolo.
Intanto mamma, sul “timpagno”, un piano di lavoro in legno, disponeva farina e uova. Amalgamava con l’acqua e, dopo aver lavorato il panetto, da esso ne ricavava lunghe strisce di pasta rettangolare, simile alle fettuccine, che trasferiva nel tegame di coccio dov’erano i ciciari. Profumo di casa, di famiglia, di mamma.
Lei non c’è più, il tegame si, ce l’ho ancora perché mi riconduce a lei e a una me con le ginocchia sbucciate e i codini infiocchettati.
L’ho custodito a dispetto del tempo che passa, della modernità alla quale appare obsoleto avere in casa un simile oggetto, l’ho difeso dal facciamo ordine.
Ho cercato, per esso, un posticino che non desse fastidio ai componenti della famiglia; un angolo della casa che passi inosservato, di transito… eppure sì importante perché ospita l’ieri della mia fanciullezza.
Maria Mollo
Estratto
Taranto – San Vito, maggio 1988
Iniziava sempre da dietro. Il prof. di italiano iniziava sempre dagli ultimi banchi il ritiro dei compiti in classe […] guardò l’orologio dopo avere piegato il quotidiano sulla cattedra […] iniziò a passare tra i banchi. Una mano tesa e una piegata al petto […] Avevamo già le maniche corte, il sole sulle guance accaldate e l’odore del mare si infilava giovane dalle finestre spalancate sulla strada. San Vito era così, ti offriva l’estate in anticipo e dopo la scuola si andava ad assaggiare l’acqua salata sugli scogli […] Sono nata sul mare e cresciuta al ritmo di un faro […]
Quella mattina, prima del suono della campanella e dopo aver tirato al petto l’ultimo compito dell’ultima ragazza seduta sulla destra della prima fila di banchi, il prof. di italiano ritrovò la sua sedia […] iniziò a picchiettare il piano della cattedra con il pacco dei compiti […] Lo sfilò via con stizza e curiosità, lo girò e lesse il nome. Era il mio. “Elena!” Lo ripeté più volte ad alta voce […] Mi chiese “dove hai preso questi fogli?” Risposi senza esitazione “me li ha dati mio padre”. Si bloccò […] e disse “eh, tuo padre. Tu, per tuo padre, dovresti fare il Presidente della Repubblica” […] Per mio padre potevo tutto, non avevo limiti ma solo sogni […]
La scuola stava per finire e tornare a casa era ancora più bello […] il profumo del mare mischiato al balsamo dei boccioli del pitosforo zittivano ogni pensiero […] Mia madre in cucina e mio padre che la guardava […] Pranzavamo a pane e scuola tutti i giorni […] Trovai il silenzio, abbassai il volume del televisore e iniziai “papà, sai cosa mi ha detto oggi il professore di italiano, tuo amico?” […] “Ha detto che io per te dovrei fare il Presidente della Repubblica […] Tu puoi tutto, non dimenticarlo mai […] Punta quello che vuoi e fallo. Tu puoi tutto”.
Mi riempiva così e poi ritornava il papà che scuote e rimprovera […] il papà che mi fulminava con uno sguardo quando stentavo a far qualcosa […] Sparecchiammo la tavola io e mia sorella […] “ragazze, prendete secchi e spugne che si devono lavare le auto, tanto domani è domenica e non si va a scuola”.
Evelyn Zappimbulso
Estratto da Puglia “Quante Storie 6” casa editrice I libri di Icaro
Vincitrice del 1° premio al Concorso Letterario del 2024
Tutte le opere citate e gli estratti presenti in questo articolo sono stati forniti direttamente dagli autori, che hanno autorizzato personalmente la loro pubblicazione.
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