Beppe Grillo e il tramonto di un’icona: tradito dalla sua città, dal Movimento e dal destino.
Come l’evento scatenante della Guerra dei Trent’anni, il congedo di Grillo dalla politica segna un nuovo spartiacque.
Il comico e la croce
C’era una volta un uomo che faceva ridere le piazze. Dalla cima del palco, Beppe Grillo scagliava vaffa come pietre contro l’establishment, evocando una rivolta pacifica. Oggi, lo stesso uomo è solo, inchiodato a una croce politica che ha contribuito a erigere. Il suo movimento lo ha tradito, come Giuda con trenta monete, lasciandolo a guardare il mare di Genova, città che ora lo rinnega.
Un tradimento nato a Genova
Genova, culla e tomba di Grillo, non è più il teatro di rivoluzioni. La città lo osserva in silenzio, distante come i giardini di Sant’Ilario che nascondono la sua villa. Fu lì che il Movimento ebbe il suo battesimo; è qui che muore. Il genovese che gridava contro i poteri forti si ritrova senza potere, relegato alla solitudine di chi viene dimenticato dalla propria gente.
Il dramma personale
Non è solo la politica a inchiodarlo. Il processo del figlio, un’ombra lunga che grava sulla sua figura, trasforma il comico in un uomo spezzato. Nella narrazione pubblica, il dramma familiare diventa un’arma per infangare un padre che, per difendere la sua progenie, ha perso ogni diritto a essere ascoltato.
Dal palco alla polvere
Da grande comico a profeta di piazza, da oratore infuocato a figura patetica, il declino di Grillo segue un copione tragico. Volle comandare senza candidarsi, usò altri come pedine e, alla fine, si trovò pedina lui stesso. La defenestrazione di Praga, per lui, non è solo un’analogia storica, ma un destino: gettato fuori dalla finestra del potere che aveva costruito.
Il Movimento senza il fondatore
La decisione di Giuseppe Conte di eliminare la figura del garante segna il colpo finale. Come Truman nel film che Grillo cita con amara ironia, il fondatore esce di scena, abbandonato dai suoi stessi seguaci. Il Movimento prosegue senza di lui, lasciando dietro solo un’eco: “Buon pomeriggio, buona sera e buona notte.”
Un nemico tra le ombre
Ma Grillo non è un uomo che accetta la sconfitta. Dai margini, prepara forse una nuova mossa: liste parallele, cause legali, sabotaggi. Come un generale sconfitto, tenta di organizzare una resistenza. Ma il suo esercito è disperso, e il nemico non è più lo Stato o i poteri forti, ma il suo stesso Movimento.
Una figura controversa
Il comico diventato politico ha spaccato l’Italia. Alcuni lo vedono come un visionario che ha dato voce agli oppressi; altri come un opportunista che ha tradito la fiducia di milioni. In entrambi i casi, il giudizio sulla sua parabola non può essere che drammatico: Grillo è la sua opera più grande e tragica.
Il tramonto del vaffa
Non è un caso che la parabola di Grillo si concluda con un vaffa – rivolto non ai potenti, ma a chi lo abbandona. Come la defenestrazione di Praga scatenò una guerra lunga trent’anni, la caduta di Grillo potrebbe inaugurare un periodo di frammentazione politica e caos. Ma, per ora, rimane solo il silenzio di un uomo che guarda il mare, sapendo di essere stato gettato fuori dalla storia.