Il caso Thaler: una sfida ai fondamenti giuridici ed economici del diritto d’autore

Scienza & Tecnologia

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di Marco Palombi – 23 dicembre 2024  [i]

Il recente caso di Stephen Thaler rappresenta una delle questioni più controverse nell’intersezione tra intelligenza artificiale (IA) e diritto della proprietà intellettuale.

La battaglia legale portata avanti da Thaler ha riacceso il dibattito su un interrogativo fondamentale: un’opera creata autonomamente da un’intelligenza artificiale può essere protetta dai diritti d’autore?

E, in caso affermativo, chi ne detiene la proprietà?

Stephen Thaler, inventore e fondatore di Imagination Engines, ha sviluppato un sistema IA noto come DABUS (Device for the Autonomous Bootstrapping of Unified Sentience), in grado di creare opere d’ingegno senza intervento umano diretto.

DABUS ha prodotto un’opera visiva e un contenitore innovativo per alimenti.

Thaler ha quindi richiesto il riconoscimento dell’IA come autrice e la registrazione della proprietà intellettuale a nome del creatore della macchina.

Tuttavia, le autorità statunitensi, britanniche ed europee hanno respinto tali richieste, sostenendo che la paternità di un’opera deve essere attribuita a un essere umano.

Questa posizione è stata recentemente ribadita dalla Corte Suprema del Regno Unito, che ha negato l’appello di Thaler, riaffermando che la legislazione attuale non consente la protezione del copyright per opere non create da esseri umani.

La controversia sollevata da Thaler pone problemi complessi di natura giuridica.

 

  1. Definizione di Autore

Il concetto di autore è storicamente radicato in una visione antropocentrica della creatività. Secondo il diritto della proprietà intellettuale tradizionale, un autore è colui che esercita la propria capacità intellettuale per creare un’opera originale. Questo principio si riflette in vari strumenti giuridici internazionali, tra cui la Convenzione di Berna e il Digital Millennium Copyright Act (DMCA) negli Stati Uniti. Tuttavia, l’avvento dell’intelligenza artificiale mette in discussione questa definizione, creando un vuoto normativo.

Le normative attuali riconoscono come autore solo una persona fisica. La Convenzione di Berna, all’articolo 15, afferma implicitamente che un’opera deve essere attribuita a un essere umano, in quanto non considera esplicitamente entità non umane come possibili creatori. Similmente, il diritto europeo (Direttiva 2001/29/CE) e quello statunitense richiedono una connessione diretta tra il processo creativo e la volontà umana.

Questo modello è radicato in due concetti chiave:

  1. Originalità: L’opera deve essere frutto di un processo creativo unico e personale.
  2. Volontarietà: L’atto creativo deve essere intenzionale, implicando una scelta consapevole da parte dell’autore.

Le opere generate da IA come DABUS, tuttavia, sfuggono a entrambe le categorie. L’IA opera attraverso algoritmi che, sebbene progettati da esseri umani, generano risultati autonomi e imprevedibili, spesso privi di un intervento diretto o intenzionale.

Il caso Thaler mette in evidenza, nell’ambito della definizione di “autore” tre criticità principali:

  1. L’assenza di intenzionalità umana diretta: L’opera generata da DABUS non deriva da un’idea specifica di Thaler ma dall’elaborazione autonoma dell’algoritmo. Questo mina il requisito giuridico della volontarietà.
  2. L’autonomia dell’IA: DABUS agisce su basi neurali simulate che emulano il processo creativo umano. Questo solleva la questione se si possa riconoscere all’IA uno status giuridico simile a quello di una persona fisica.
  3. Implicazioni sul concetto di paternità: Se l’IA non può essere riconosciuta come autore, chi è legittimato a rivendicare la paternità? Nel caso in questione, Thaler ha chiesto di essere riconosciuto come il detentore dei diritti in qualità di proprietario della macchina, ma questo approccio non trova precedenti normativi consolidati.

 

  1. Proprietà intellettuale ed innovazione

La relazione tra intelligenza artificiale e proprietà intellettuale è al centro di un delicato equilibrio: da un lato, garantire incentivi alla ricerca e sviluppo; dall’altro, adattare i sistemi giuridici per non soffocare l’innovazione. La crescente capacità dell’IA di produrre opere creative, brevetti e innovazioni tecniche pone interrogativi sulla tutela di questi risultati e sugli effetti delle attuali limitazioni normative.

Uno dei principi fondamentali della proprietà intellettuale è quello di incentivare l’innovazione attraverso la protezione giuridica. La mancanza di diritti per le opere generate da IA crea un vuoto normativo che potrebbe disincentivare gli investimenti nel settore. I programmatori, gli sviluppatori e i proprietari di IA potrebbero non avere alcun vantaggio economico diretto dall’utilizzo delle macchine per la produzione creativa, se queste opere rimangono prive di protezione giuridica.

In particolare:

– Industrie creative: Settori come l’arte generativa, la musica, e il design digitale stanno già facendo largo uso dell’IA. Senza diritti di proprietà intellettuale chiari, le aziende potrebbero esitare a utilizzare l’IA per innovare.

– R&D scientifico e tecnologico: Applicazioni dell’IA in settori come la scoperta di farmaci, l’ingegneria o l’analisi dei dati potrebbero risultare meno attraenti se i risultati non godono di protezione giuridica.

Un altro rischio riguarda l’appropriazione da parte di terzi. Se le opere generate da IA non sono protette, chiunque potrebbe appropriarsi dei risultati, brevettarli o utilizzarli senza il consenso del creatore del sistema IA. Ciò potrebbe portare a una corsa al ribasso, con conseguente aumento dei conflitti legali e una frammentazione dei diritti sulle opere.

Questo problema è particolarmente acuto per le aziende che operano in mercati altamente competitivi. Ad esempio, nel settore delle biotecnologie, un farmaco scoperto tramite IA potrebbe essere sfruttato commercialmente da terzi se non tutelato da un brevetto.

L’innovazione trainata dall’IA non riguarda solo la creazione di nuove opere, ma anche la trasformazione dei processi produttivi. Tuttavia, il paradosso risiede nel fatto che, mentre le leggi sulla proprietà intellettuale sono state concepite per proteggere le creazioni umane, l’IA sfida la nozione stessa di creatività.

Ad esempio:

– Le opere d’arte generate da IA sono già state esposte in musei e vendute all’asta. La loro mancanza di protezione giuridica potrebbe limitare il riconoscimento economico e culturale del loro valore.

– Le innovazioni tecniche prodotte da IA potrebbero rappresentare soluzioni a problemi globali, ma senza tutela legale rischiano di essere sfruttate senza controllo.

 

  1. Responsabilità legale

Le opere e le innovazioni prodotte da intelligenze artificiali pongono interrogativi non solo sulla proprietà intellettuale ma anche sulla responsabilità legale. L’autonomia decisionale delle IA, sebbene programmata, solleva una serie di questioni etiche e normative: chi è responsabile in caso di controversie, violazioni di diritti o danni causati da un’opera creata da una macchina? La legislazione attuale, concepita per regolare interazioni tra esseri umani, appare insufficiente per affrontare queste sfide.

Un elemento chiave nella discussione è il grado di autonomia decisionale dell’intelligenza artificiale. Nei sistemi tradizionali, come software o strumenti digitali, il creatore o l’operatore umano ha sempre un controllo diretto. Con IA avanzate come DABUS, tuttavia, il processo creativo si svolge senza intervento umano diretto, rendendo difficile individuare la responsabilità.

Ad esempio:

  1. Violazioni del diritto d’autore: Se un’opera generata da IA incorpora elementi protetti da copyright senza autorizzazione, chi è responsabile? L’IA, pur avendo agito autonomamente, è il prodotto di un design umano, ma il suo output non è sempre prevedibile.
  2. Danni reputazionali o legali: Opere creative generate da IA potrebbero includere contenuti offensivi o controversi, con potenziali conseguenze legali per chi le utilizza o le commercializza.

La legge non prevede, al momento, una personalità giuridica per le IA, il che lascia un vuoto normativo in caso di conflitti. Questo si traduce in difficoltà pratiche nel determinare chi debba rispondere dei danni derivanti da opere create autonomamente da IA.

Le opzioni attualmente disponibili sono limitate:

– Responsabilità del proprietario: In molti casi, il proprietario della macchina o del software è considerato il responsabile principale, analogamente a quanto avviene con i danni causati da un animale domestico o da un’azienda.

– Responsabilità del programmatore: In alternativa, potrebbe essere considerato responsabile chi ha progettato l’algoritmo, ma ciò complica ulteriormente il quadro in presenza di IA autoapprendenti.

Entrambe le soluzioni sono problematiche. Nel primo caso, il proprietario potrebbe non avere alcun controllo diretto sul funzionamento dell’IA. Nel secondo, il programmatore potrebbe non essere in grado di prevedere o prevenire comportamenti indesiderati dell’algoritmo.

Questa incertezza normativa ha un impatto diretto sul mercato:

– Rischio legale per le imprese: Le aziende che utilizzano IA per creare opere o innovazioni rischiano di essere coinvolte in contenziosi costosi e imprevedibili.

– Frenata nello sviluppo tecnologico: La mancanza di chiarezza sulla responsabilità potrebbe disincentivare l’adozione di IA avanzate, soprattutto in settori regolamentati come il medico-legale o l’editoria.

 

Verso una riforma normativa necessaria

Il caso Thaler evidenzia l’urgenza di aggiornare i quadri normativi internazionali. Una possibile soluzione potrebbe essere l’introduzione di una categoria giuridica specifica per le opere create da IA. Tale categoria potrebbe attribuire i diritti di proprietà intellettuale al proprietario della macchina o al suo programmatore, pur riconoscendo l’autonomia del processo creativo dell’IA.

In alternativa, alcuni esperti propongono di creare una licenza aperta per le opere d’IA, evitando così conflitti di paternità ma garantendo la fruizione pubblica.

Ma questo non basta. Dobbiamo rivedere il paradigma della creatività, ora che abbiamo, grazie ad essa, esternalizzato questa funzione tipicamente umana[ii].

 

I risvolti economici del caso Thaler: Intelligenza artificiale e valore della creatività

Il mercato dell’innovazione si trova a un bivio.

Da una parte, la capacità dell’IA di produrre risultati creativi a costi inferiori rispetto ai metodi tradizionali promette di rivoluzionare interi settori; dall’altra, l’assenza di una protezione giuridica chiara per queste opere rischia di disincentivare investimenti in ricerca e sviluppo.

L’incertezza normativa mina la fiducia degli investitori, che temono di vedere compromessa la possibilità di monetizzare i risultati generati dai sistemi IA. Questo è particolarmente evidente nei settori ad alta intensità tecnologica, come la biotecnologia, dove l’IA viene utilizzata per scoprire farmaci innovativi. La mancanza di brevetti su tali innovazioni potrebbe rallentare gli investimenti e quindi il progresso, nonostante l’alto potenziale economico e sociale di tali scoperte.

Il caso Thaler ha anche importanti implicazioni per settori tradizionalmente legati alla creatività, come l’arte e il design. Qui l’adozione di IA generative ha già trasformato i modelli produttivi, introducendo una competizione senza precedenti per artisti e creativi.

Senza un quadro giuridico che identifichi e protegga le opere generate da IA, il valore economico prodotto potrebbe essere appropriato da grandi piattaforme tecnologiche, aggravando la concentrazione di ricchezza nelle mani di pochi attori dominanti.

L’altra faccia della medaglia include opportunità significative.

Una regolamentazione equilibrata potrebbe aprire nuovi mercati legati alla licenza e alla distribuzione di opere IA, stimolando modelli di business innovativi.

Inoltre, l’adozione di IA nei processi produttivi promette un aumento dell’efficienza, con potenziali benefici per la crescita economica e la creazione di posti di lavoro in settori complementari.

Tuttavia, tali benefici dipenderanno dalla capacità dei governi di sviluppare normative che bilancino la necessità di protezione giuridica con la libertà di innovazione.

 

L’impatto economico delle opere generate da IA si estende anche al concetto stesso di creatività come valore economico.

La possibilità che una macchina generi valore autonomamente sfida i modelli tradizionali di distribuzione della ricchezza e solleva interrogativi sulla redistribuzione.

Se i benefici di questa nuova economia creativa non vengono equamente distribuiti, si rischia di accentuare le disuguaglianze globali, con implicazioni sociali profonde.

Il caso Thaler elicita quindi l’urgenza di affrontare queste questioni attraverso un dialogo interdisciplinare che coinvolga legislatori, economisti e innovatori tecnologici. Le scelte normative che verranno adottate nei prossimi anni saranno decisive non solo per il futuro delle opere d’IA, ma anche per l’economia globale, e della nostra società sempre più ibrida.

 

 

[i] Thaler, S. 2024. DABUS and the Question of AI Authorship. Imagination Engines.

WIPO, 2023. Berne Convention and Its Implications for AI-Generated Works. Available at: https://www.wipo.int

Brynjolfsson, E. & McAfee, A. 2014. The Second Machine Age: Work, Progress, and Prosperity in a Time of Brilliant Technologies. W. W. Norton & Company.

European Commission, 2021. Artificial Intelligence Act Proposal. Available at: https://ec.europa.eu/digital-strategy

 

[ii]   Possibili step normativi

  1. Estensione del concetto di autore

Ampliare la definizione di autore per includere entità non umane, valutando la possibilità di riconoscere una forma di personalità giuridica per le IA.

  1. Attribuzione dei diritti al programmatore o al proprietario della macchina

Considerare i creatori dell’algoritmo o i proprietari della macchina come titolari dei diritti d’autore, assimilando l’IA a uno strumento.

  1. Creazione di un nuovo regime giuridico

Introdurre una categoria specifica per le opere generate da IA, simile al regime delle licenze open-source, con protezione giuridica limitata.

  1. Modelli di licenza personalizzati

Sviluppare licenze specifiche per opere generate da IA, garantendo protezione e una condivisione regolamentata per scopi di ricerca e sviluppo.

  1. Attribuzione dei diritti ai proprietari dell’IA

Concedere diritti di sfruttamento economico a chi possiede la macchina o al team di sviluppo.

  1. Flessibilità normativa per settori specifici

Introdurre normative dedicate a settori ad alta intensità tecnologica, come l’IA applicata alla medicina, per favorire il progresso scientifico.

  1. Personalità giuridica limitata per le IA

Riconoscere alle IA una personalità giuridica “limitata” per separare la responsabilità dell’algoritmo da quella dei creatori o utilizzatori.

  1. Obbligo di assicurazione per i proprietari

Istituire l’obbligo per i proprietari di IA di sottoscrivere polizze assicurative che coprano danni o controversie legali.

  1. Certificazioni per gli algoritmi IA

Introdurre certificazioni obbligatorie per gli algoritmi IA, garantendo il rispetto di standard etici e legali.

  1. Responsabilità condivisa

Distribuire la responsabilità tra proprietari, programmatori e utenti finali, creando una rete di protezione legale per gestire contenziosi.

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