Hollywood brucia – come Emilia Perez nel bagagliaio della macchina

Cinema

Di

ROMA – Finalmente è arrivato il film Emilia Pérez, pluripremiato a Cannes, al Golden Globe, presentato a importanti candidature e osannato dalla critica; unanime nel confermare al regista e al cast, apprezzamenti colmi di entusiasmo e ardore, con punte di infervorati slanci.

Il settantaduenne Jacques Audiard, parigino di nascita, propone una troupe di attrici valorose. Selena Gomez, premiata a Cannes come migliore attrice, ex aequo con Zoe Saldana, vincitrice del Golden Globe come migliore attrice non protagonista e Karla Sofia Gascòn, prima attrice trans a vincere per la migliore interpretazione. Il film, in modo acrobatico è ambientato a Città del Messico, Londra, Svizzera, Bangkok, Tel Aviv, ma girato in Francia, gli attori parlano spagnolo, ma non sono messicani.

Non conosciamo le vere intenzioni del regista, ma Emilia Pérez è un film che inaspettatamente ci ha riempito il cuore di gioia. Vi abbiamo colto una critica ben articolata all’ideologia Woke e gender, spicca la difesa della famiglia ancorata al prezioso e insopprimibile sentimento verso i figli, anche se talvolta vissuto in modo egoistico e possessivo. E’ inoltre presente l’apologia del bel canto, che nel film cerca di avvicinarsi al genere del melodramma italiano. Forma artistica complessa, che nella storia troverà felice epilogo e realizzazione nella cinematografia. Qui ricorda in modo semplice, bonario e ammiccante, l’insopprimibile forza della musica accompagnata dalla parola e viceversa. Di sicuro, emerge la debolezza della figura femminile. Ancora una volta imprigionata nei ruoli maschili ad essa assegnati e sovrastata da una mascolinità imperante quanto invadente. La sua fatica nel trovare altre nicchie esistenziali a lei più consone, pone amare considerazioni.

La sinossi filmica che tanto ha acceso gli animi della critica e per un processo specularmente circolare quello del pubblico è la seguente. Manitas Del Monte, spietato barone di un potente cartello messicano di narcotraffico decide di cambiare sesso, vita e destino. Per concretizzare sul piano burocratico, legale e chirurgico il desiderio di diventare donna, rapisce un brillante avvocato, Rita Moro Castro. Manitas perciò, intende gestire una transizione verso il proprio futuro, aiutato da Rita, una sorta di geniale tutrice, fatina dalla bacchetta magica e misericordiosa creatura al servizio dei capricci smodati del criminale. Per questo difficile passaggio, possibile grazie alla quantità illimitata di denaro che possiede, Del Monte dovrà simulare la propria morte e renderla veritiera agli occhi della moglie, dei figli e cominciare altrove una nuova vita. Manitas diventa così Emilia Pérez; ma i capricciosi desideri del narcotrafficante perdurano nell’avvenente signora, alla quale dopo qualche anno mancano i figli, così Emilia decide di ritornare in Messico e convince la paziente Rita di accompagnarla.

Pérez, decisa a riprendersi la famigliola, riesce a ospitare i bambini/figli e la sua ex moglie Jessica in una sontuosa villa a Città del Messico spacciandosi per una lontana cugina della signora Del Monte. Ai bambini, costretti a fuggire in Svizzera dopo la morte del padre, mancano le adorate montagne e vi vorrebbero tornare, ma restano inascoltati. I desideri di Emilia prevalgono su tutto. Rita, l’avvocato che sbroglia ogni nodo nella vita di Emilia, ancora una volta è chiamata ad assecondarla e realizzare un progetto, quello di un’organizzazione No-Profit per identificare i corpi delle vittime del narcotraffico, gestito a suo tempo proprio da Manitas. Ossia, da Emilia nella precedente fase della sua vita. E’ l’apoteosi dei buoni sentimenti e dei lacrimevoli riconoscimenti istituzionali. Emilia Pérez si incensa perché fa luce sui crimini che un tempo commise. In questa vicenda incontra l’amore rappresentato da Epifania, vedova di una delle tante vittime del cartello.

Da lì a breve però, tutto comincia ad incrinarsi e la bella favola va a schiantarsi. Di fronte a Jessica che rivela di volersi sposare con Gustavo, un suo vecchio amante, Emilia colta dalla gelosia esige che i “suoi” figli restino con lei e nel farlo capire alla ex moglie, diventa aggressiva usando la forza. Subito dopo taglia i fondi ai due amanti i quali la rapiscono chiedendo un riscatto di 30 milioni di dollari e fuggono caricandola nel bagagliaio della macchina.

Ma Jessica nelle ultime, mirabolanti vicende ha forse intuito chi sia veramente Emilia e durante il viaggio, preda forse del senso di colpa, cerca di far accostare Gustavo per liberare dal bagagliaio il suo ex marito. Ne consegue una colluttazione, l’auto esce di strada e finisce in un burrone dove esplode fragorosamente. Rita diventerà ufficialmente la tutrice dei figli di Emilia e Jessica.

Questo a grandi linee il film di cui balzano agli occhi alcuni aspetti. Il feroce narcotrafficante Manitas Del Monte, ricchissimo e violento assolda un valente avvocato che comincia a girare il mondo per trovargli la migliore clinica e il più bravo chirurgo per cambiare sesso. In linea con l’ideologia che prevale nella nostra epoca, ciò che desidero è mio diritto ottenerlo. Ma il grande inganno di questo arrogante e arido postulato consiste in un equivoco spirituale e culturale profondo. Nel particolare ambito del film si evidenzia attraverso la visione di scene riprese all’interno di cliniche lussuose dove corpi mutilati, tagliati, bendati, resi inermi come parti inanimate di oggetti, trasmettono squallore e angoscia. Corpi ritratti in corsie sfavillanti che tra Bangkok e Tel Aviv Rita passa in rassegna parlando con chirurghi plastici e trapiantisti dall’aura di santoni. In quegli interni, vediamo corpi stesi, rotti, in attesa di pezzi di ricambio come fossero elettrodomestici da aggiustare o di cui buttare alcune parti.  

Corpi offesi, umiliati, “l’ultima merce”, quella che non dovrebbe mai diventare tale è qui visibilmente resa disumana. E la musica sbarazzina non riesce certo ad eliminare l’abisso di tanti destini. L’individuo ridotto unicamente a corpo è forse l’epilogo più basso dell’essere umano. Eppure siamo stati convinti che la salvezza passi da lì, che la felicità, la realizzazione di sé e dei desideri più profondi possa scaturire da una sfilza di mutilazioni. Né ci sgomenta farlo addirittura ai bambini e ai giovanissimi. Abbiamo deciso che la redenzione offerta da un qualsiasi intervento plastico offra la soluzione alle problematiche irriducibilmente connaturate all’essere umano. Pensare di espungere dalla persona il mistero dei sentimenti, l’enigma stesso della sessualità intervenendo meccanicamente a cambiare o modificare un pezzo, significa davvero credere che l’individuo sia uno, dato una volta per tutte e non centomila, o magari nessuno.

A tutto questo, un altro aspetto ancora emerge nel film. Tra Emilia Pérez ed Epifania nasce una relazione, ma lo spettatore nel vederle insieme coglie il rapporto tra un uomo, quale era Manitas e una donna, Epifania. D’altronde, la spinta a sottoporsi ad una transizione sessuale avrebbe dovuto comportare delle conseguenze nella sfera emotiva. Invece, Manitas/Emilia continua ad amare le donne, a partire da Rita, l’avvocato, il Virgilio, una sorta di guida, Musa a cui non saprebbe rinunciare per un solo attimo della propria esistenza. Ma Emilia è anche Manitas Del Monte nel rivendicare i “suoi” figli aggredendo Jessica anche per questioni di gelosia. Il narcotrafficante vorrebbe tanto reinventare il proprio destino, ma resta ancorato agli intrighi inestricabili e impenetrabili che distinguono e identificano l’essere umano.

Un potente fuoco creativo, più degli incendi che dilagano improvvisi, è la favolosa alterità di ogni persona, una straordinaria complessità solo a noi riservata.

Rosaria Impenna

foto Alamy

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.

Traduci
Facebook
Twitter
Instagram
YouTube