Progettare il futuro: il dialogo tra filosofia ed IA

Scienza & Tecnologia

Di

Markus Krienke

Nella sua indagine circa l’«uomo antiquato» nell’epoca della tecnologia, Günther Anders osservò nel lontano 1980 che la «perdita di libertà procede in modo talmente naturale che adesso noi, a differenza degli schiavi di buona memoria, siamo persino defraudati della libertà di avvertire la perdita della nostra libertà. Infatti, la “schiavitù” ci viene portata a domicilio e servita come merce di svago e come comodità». In altre parole, nell’inseguire con i ritmi frenetici della società consumistica la propria autenticità, il soggetto contemporaneo vive la sua libertà attraverso gli apprezzamenti che nei like e follower produce quella continua conferma di cui ha bisogno per “esistere”. La critica o il contrasto non sono più sopportate in una società che tende ad eliminare ogni negatività.

Al loro posto subentra un continuo paragonarsi con gli altri e ciò fa sì che né l’io né l’altro vengano ancora riconosciuti nella loro diversità. In questo modo, la ragione critica che l’illuminismo moderno ha evidenziato come presupposto più importante per la libertà, viene rimossa, e il conflitto coltivato dall’argomentazione non è più una risorsa di crescita per l’individuo e la società. Così l’individuo perde la sua libertà abbandonando la coltivazione dei presupposti di essa, senza accorgersene: e mentre “rimprovera” all’intelligenza artificiale di non essere “creativa” e “originaria”, è lui medesimo che è diventato il vuoto riproduttore di se stesso nei termini consumistici del sempre uguale.

Ma cosa sono tali presupposti? Lo svuotamento dell’io, secondo il sociologo Byung-Chul Han, è condizionato dalla scomparsa dell’altro: l’individualismo della società consumistica trova nell’immersione nelle nuove tecnologie digitali una condizione perfetta. Tutto quel che basta è il consenso dell’altro, per il quale non c’è più bisogno di confrontarsi con lui o lei nella sua alterità. Stiamo assistendo, così, all’indebolirsi delle risorse di solidarietà nella nostra società. Dalle opinioni non “tollerabili” e dunque “da cancellare”, alle difficoltà di percepire i bisogni degli altri, ma anche alle indifferenze riguardo a chi è vulnerabile, anziano o ha sbagliato (e magari deve scontare una pena), sono palpabili le tendenze dell’«espulsione dell’altro», come formula Han, il quale analizza la mancanza di sguardi e voci nella società tecnologicizzata. Sono sguardi e voci, fenomeni originari e irriducibili che indicano la presenza di qualcosa non tecnicamente (ri-)producibile: l’altro come persona.

Come ha insegnato Hegel, è proprio nella libertà non ridotta ad individualismo ma eticamente vissuta nel rapporto io-tu – che diventa un “noi” –, che si collocano le realizzazioni più alte dello spirito, ossia arte, religione e filosofia. E non a caso sono questi momenti densi della cultura e dell’umanità a essere profondamente interrogati dalle nuove tecnologie, e laddove resistono ai riduttivismi tecnologici, diventano i punti di riferimento per l’affermazione dell’umanità anche nella “digital matrix”, cioè nella realtà digitale in cui siamo già immersi.

Ecco perché possono fornire un contributo importante alla nostra libertà che, come affermò Benjamin Constant, «deve fondarsi sul pacifico godimento dell’indipendenza privata». Ma questa indipendenza, appunto, non è senza presupposti culturali. Grazie ad arte, religione e filosofia, può rinascere quell’attenzione all’altro essenziale per l’io al fine di non perdersi nel rincorrere affannosamente affermazioni che restano sempre alla superficie anziché rivelare dimensioni profonde dell’interiorità. E solo da queste istanze può rinascere un’umanità oltre l’«uomo antiquato» che per false paure si rifiuta di confrontarsi con le nuove tecnologie digitali e dell’intelligenza artificiale.

Così risulta che il recupero di arte, religione e filosofia non può avvenire senza le nuove tecnologie e il ripensamento dell’humanum all’interno della “digital matrix”. Solo la cooperazione e il dialogo tra le discipline “Stem”, da un lato, e quelle dell’arte e delle “humanities”, dall’altro, può dunque aprire un futuro per l’umanità. Ed esattamente questo dialogo viene proposto dalla Cattedra Rosmini della Facoltà di Teologia di Lugano, affiliata all’Università della Svizzera italiana, con una giornata di studio il 29 gennaio.

Per iscriversi oppure ottenere il link per la partecipazione remota, rivolgersi a: laura.cianciarelli@usi.ch. Il programma si può consultare qui: link.Programma con link zoom (2)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.

Traduci
Facebook
Twitter
Instagram
YouTube