Dal cantiere della politica italiana al tribunale: tra brontolii d’opposizione e governi a tutta velocità, il caso Almasri scatena nuove tensioni. Meloni tra avviso di garanzia e fedeltà alla sua corsa riformista. La sinistra osserva e critica, mentre la magistratura entra nuovamente in partita.
C’è un’immagine che ben rappresenta la sinistra italiana di oggi: quella del pensionato umaréll che osserva i cantieri con le mani dietro la schiena, commentando con severità il lavoro altrui. E poi c’è Giorgia Meloni, che invece non si ferma mai, correndo a velocità stratosferiche tra riforme, missioni internazionali e scontri istituzionali. Un’accelerazione che, come prevedibile, l’ha portata a sbattere contro un muro.
L’avviso di garanzia ricevuto dalla premier per il caso Almasri ha riaperto la solita partita tra magistratura e governo, con una destra che fa quadrato intorno alla sua leader e una sinistra che, più che proporre alternative concrete, osserva il cantiere con il consueto mugugno. E mentre gli alleati gridano alla giustizia a orologeria, il Partito Democratico si affretta a precisare che si tratta solo di un “atto dovuto”. Il risultato? Lo stallo perfetto, con la magistratura nel ruolo di arbitro occulto della politica.
La domanda, però, resta: è più pericoloso un governo iperattivo che rischia di perdere il controllo o un’opposizione immobile, che si limita a criticare dall’esterno senza incidere sul dibattito? Meloni è il primo presidente del Consiglio a sperimentare sulla propria pelle gli effetti di un’iperproduttività senza freni. Ma se lei corre, la sinistra continua a rimanere ferma al semaforo, brontolando sul traffico. E in questa dinamica, chi sarà il primo a perdere?