Bari e il mercato di gennaio: il caso Dorval e il ruolo di seconda squadra del Napoli

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© foto di SSC Bari

Il calciomercato invernale del Bari ha lasciato sensazioni contrastanti tra i tifosi biancorossi. Da un lato, l’arrivo di tre giocatori di livello come Gaston Pereiro, trequartista mancino di grande qualità, Bonfanti e Maggiore – calciatori esperti e pronti a dare il loro contributo immediato senza transitare dall’infermeria – non può essere considerato un fallimento, anzi sono un segnale preciso del voler provare ad andare oltre il minimo sindacale della salvezza. Dall’altro, permangono perplessità sulla gestione della rosa, in particolare nel reparto difensivo, dove il numero di centrali appare esiguo per affrontare con serenità il prosieguo del campionato. Giocando con tre difensori centrali e due esterni, squalifiche e infortuni possono rappresentare un problema concreto per questo delicato reparto, come già accaduto contro il Frosinone con gli stop contemporanei di Simic e Pucino. Tuttavia, il budget ha evidentemente imposto delle limitazioni.

Sul fronte delle uscite, il Bari ha registrato diverse cessioni: Manzari è passato in prestito alla Carrarese, Matino – altro difensore centrale, in un reparto già numericamente ridotto – è stato ceduto al Cittadella senza essere debitamente rimpiazzato, mentre Akpa è tornato dal prestito all’Empoli, dove non ha convinto, per poi essere girato nuovamente in prestito al Novara. Inoltre, è arrivata la risoluzione consensuale del contratto con Scafetta, mai realmente entrato nelle rotazioni della squadra, e la cessione di Sibilli alla Sampdoria in prestito. Infine, Sgarbi ha lasciato il Bari per tornare al Napoli. A fronte di queste numerose uscite, l’allenatore Longo dovrà fare affidamento su una rosa ufficiale di 25 giocatori, sperando di poter contare su almeno 17-18 giocatori fissi, motivati e pronti a dare il proprio contributo, soprattutto partendo dalla panchina, che finora ha deluso le aspettative.

Tuttavia, al di là delle singole operazioni di mercato, quello che pesa sull’umore dei tifosi è la sensazione di trovarsi di fronte a una squadra senza un vero programma. La rosa del Bari è composta per lo più da giocatori in prestito, il che rende impossibile costruire una base solida per il futuro. Senza elementi di proprietà su cui fondare un progetto tecnico, diventa difficile immaginare una crescita strutturata e duratura. I tifosi sono stanchi di questa gestione, disillusi e ormai rassegnati a vedere il loro club come un mero punto di transito per giocatori destinati altrove. Questa situazione genera un senso di impotenza disarmante, un’accettazione forzata di una realtà che mal si addice a una squadra dal blasone e dalla storia del Bari.

Ma l’episodio che ha davvero infiammato la piazza barese è stato il presunto trasferimento di Dorval al Napoli. Secondo indiscrezioni lanciate dal sito di Gianluca Di Marzio, il terzino avrebbe dovuto firmare per il club partenopeo, rimanendo in prestito al Bari fino a giugno. Una notizia che ha scatenato un vero e proprio putiferio tra i tifosi biancorossi, già provati dalla cessione estiva di Caprile e Cheddira e sempre più convinti di essere vittime di una gestione che considera il Bari come una semplice costola del Napoli.

L’ipotesi di perdere anche Dorval è stata vissuta come un ulteriore schiaffo all’orgoglio della tifoseria, un nuovo affronto da parte della proprietà che continua a trattare Bari come una squadra di seconda fascia. L’indignazione esplosa sui social ha dimostrato come i tifosi non siano più disposti ad accettare passivamente certe dinamiche. Il rischio concreto è che, se non a gennaio, la cessione possa essere solo rinviata a giugno, quando la dirigenza potrebbe decidere di sacrificare un altro pezzo pregiato sull’altare della sostenibilità economica.

Il problema di fondo rimane sempre lo stesso: il Bari viene gestito come una succursale del Napoli, con il rischio che il suo futuro sia sempre subordinato agli interessi del club principale della famiglia De Laurentiis. Ma Bari non è una piazza qualsiasi. È una città con una grande tradizione calcistica, una tifoseria appassionata, uno stadio importante e un bacino d’utenza che meriterebbe un progetto serio, ambizioso e indipendente.

Continuare a trattare il Bari come una squadra di seconda categoria significa tarparne le ali, impedendogli di crescere realmente e di ambire a traguardi più prestigiosi. La speranza dei tifosi è che la società cambi finalmente approccio, restituendo dignità e prospettive al club e alla sua gente. Altrimenti, le proteste di oggi potrebbero essere solo l’inizio di una contestazione ben più ampia e duratura. Ma avendo compreso il loro modus agendi, oggettivamente, lo troviamo di difficile attuazione. Almeno finché ci sarà questa proprietà tanto abile nell’imprenditoria (e i risultati di Napoli lo dimostrano) quanto freddi nei sentimenti altrui. E con la conferma di Gravina come presidente della FIGC sembra che nell’immediato non ci sia via d’uscita.

Massimo Longo

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