Meloni nel vortice

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La Premier sotto assedio tra le accuse sul caso Elmasry, il rischio di strumentalizzazione da parte dell’estrema destra tedesca e le manovre centriste di Tajani. Salvini, Renzi e Conte intorbidano le acque.  Tra il Parlamento in subbuglio, il PPE che la guarda con sospetto e l’ombra ingombrante dell’AfD, Giorgia Meloni è sempre più sola mentre il suo cerchio magico vacilla. L’analisi di un equilibrio precario in una situazione esplosiva.


Una Premier sulla corda, tra fuga e incastri geopolitici

Giorgia Meloni è seduta su una bomba a orologeria che ticchetta sempre più forte. Da una parte, l’eco dello scandalo legato alla liberazione di Almasri la inchioda di fronte a un Parlamento in subbuglio, con Nordio e Piantedosi costretti a una difesa affannosa e inconcludente. Dall’altra, il fronte internazionale si complica: l’AfD, partito di estrema destra tedesco, rivendica la sua linea dura sull’immigrazione ispirandosi proprio alle sue politiche. Il che mette la Premier in una posizione insidiosa: se da un lato il partito nazionalista tedesco ne elogia i «successi», dall’altro la sua immagine europea rischia di essere irrimediabilmente compromessa.

D’altronde, Meloni sa bene che qualsiasi cedimento sul fronte dei rapporti con il PPE potrebbe costarle caro. E Antonio Tajani non aspetta altro: il vicepremier forzista, con le valigie pronte per il grande ritorno al centro, scalpita per porsi come alternativa moderata alla leader di FdI. L’eredità di don Sturzo e la retorica centrista sono il suo lasciapassare per accreditarsi come punto di riferimento per il PPE, un rifugio sicuro per chi nel governo comincia a sentire scricchiolii preoccupanti.

Il Sisifo di Palazzo Chigi e i giochi di potere a destra

Meloni si trova in una posizione simile a Sisifo, costretta a spingere in salita una pietra che rotola sempre più giù. Non può concedersi l’errore di apparire troppo vicina ai movimenti più radicali della destra europea, ma neanche può abbracciare il PPE senza perdere consenso nella sua base più identitaria. Nel frattempo, la sua stessa coalizione si sgretola: Salvini, sempre più allineato con il generale Vannacci, sembra ormai diventato un cavallo di Troia di una destra sovranista che potrebbe sfuggirle di mano.

Se la Premier cerca di mostrarsi scaltra e pragmatica, la verità è che la scaltrezza paga meno della sincerità. Il governo non sembra capace di gestire le proprie crisi interne e l’ultimo episodio legato alla gestione del caso Elmasry lo dimostra. Nordio e Piantedosi si sono arrampicati sugli specchi con dichiarazioni sgangherate, ma il problema vero è la totale assenza di Meloni, fuggita da un confronto che l’avrebbe vista protagonista di un massacro politico.

Opposizioni all’attacco, Renzi e Calenda nel caos

L’ultimo discorso di Mattarella ha messo in crisi anche le opposizioni. Il monito del Presidente, che ha accostato il protezionismo al disastro della Società delle Nazioni e ai totalitarismi, suona come un avviso anche per il campo progressista. Dall’altro lato del ring, le opposizioni affilano quindi le armi. Ma invece di un fronte compatto, si assiste a una danza degli gnomi: Bonelli e Fratoianni chiedono che l’Italia sia osservata speciale in Europa, mentre PiùEuropa, con Magi, invoca un confronto permanente per evitare di restare schiacciati dalle divisioni interne. Ma la vera incognita resta Giuseppe Conte: l’ex premier non ha mai nascosto di voler far saltare il banco, spingendo per una crisi che possa ribaltare il tavolo e far crollare il governo come Sansone con tutti i Filistei. Sorprendentemente, Schlein, che sulla politica economica e internazionale ha spesso posizioni timide, è invece apparsa incerta tra l’attacco a Meloni e la necessità di mantenere aperti i canali con il Quirinale e Bruxelles.

Intanto, nel campo centrista, Matteo Renzi e Carlo Calenda sono impegnati nel loro balletto surreale. Il bruxismo di Renzi, che sembra non trovare pace in nessun posizionamento, è lo specchietto per le allodole perfetto per un Calenda sempre più confuso sulla propria identità politica. Entrambi si muovono nella nebbia, senza un reale progetto, senza una vera visione.

Una bomba pronta a esplodere

La verità è che ci troviamo di fronte a una situazione che fa schifo ai più. Meloni è accerchiata: gli alleati le fanno il vuoto attorno, le opposizioni sperano in un passo falso, il cerchio magico è in fibrillazione e il rischio di una deriva sovranista, spinta dalle sirene tedesche dell’AfD, è più concreto che mai.

Se e quando la bomba esploderà, resta solo da vedere chi ne uscirà davvero vincitore. Ma forse, il vero punto è che il dopo, se ci sarà, potrebbe non essere italiano.

 

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