L’attacco scoordinato dell’opposizione e l’arte strategica di Meloni
Tra mosse avventate, strategie maldestre e una regina che governa il gioco con astuzia
La scena politica italiana somiglia sempre più a una scacchiera impazzita, dove le mosse degli alfieri dell’opposizione si alternano tra colpi improvvisati e tentativi disperati di dare scacco alla regina avversaria, Giorgia Meloni. Tuttavia, ciò che si configura non è un attacco coordinato e letale, bensì una scomposta carica di pezzi disallineati, un’accozzaglia di pedine prive di una strategia chiara.
Uno scenario caotico e nauseante
La situazione è ormai al limite del grottesco: il balletto delle dichiarazioni, le accuse reciproche e il continuo scambio di responsabilità stanno generando una repulsione diffusa tra gli elettori. L’opinione pubblica, sempre più distaccata, osserva con disgusto la politica ridotta a un’arena di recriminazioni sterili, incapace di proporre alternative credibili.
L’illusione degli alfieri impazziti
I leader dell’opposizione si muovono come alfieri fuori controllo, convinti di poter dare scacco alla regina Meloni. Ognuno segue una traiettoria diagonale, ma senza un piano unitario: Bonelli denuncia lo scandalo spyware, Fratoianni attacca il governo per il caso Almasri, Magi accusa i ministri di insabbiamento, Conte parla di attentato ai diritti democratici, Schlein denuncia la caccia ai nemici politici, Calenda grida all’ipocrisia e Renzi si lascia andare a colorite metafore pinocchiesche.
Il castello difensivo della regina
Ma mentre gli alfieri si affannano in movimenti sconclusionati, la regina Meloni si arrocca dietro ai suoi cavalli, Piantedosi e Nordio. Sono loro a muoversi in prima linea, assorbendo gli attacchi, fornendo versioni contrastanti e confondendo il campo di battaglia. Meloni resta sullo sfondo, osserva, interviene solo quando necessario e, se il rischio aumenta, non esita a sconfessare i suoi stessi pezzi per salvare la propria posizione. È una stratega consumata, che conosce bene l’arte del divide et impera.
Un’armata Brancaleone, non una falange macedone
Se l’opposizione sperava di presentarsi come un blocco granitico, ha miseramente fallito. Lungi dall’essere una falange macedone, i leader progressisti si comportano più come un’armata di sciamannati, in cui ciascuno cerca di prevalere sull’altro. La rivalità interna, gli odi personali, il personalismo esasperato impediscono qualsiasi coordinazione efficace. Così, invece di avanzare in modo compatto, assaltano la fortezza avversaria con lo stile di un arrembaggio piratesco, destinato a concludersi in una disfatta.
L’ape regina e i fuchi dell’opposizione
Meloni, oltre che regina degli scacchi, è anche un’ape regina: si nutre delle debolezze dei suoi avversari, li costringe a inseguirla, li usa e li lascia cadere esausti dopo ogni scontro. In fondo, i leader dell’opposizione sembrano quasi soggiogati da lei, combattendola con veemenza ma senza mai riuscire a staccarsi dalla sua ombra. Forse, in segreto, la ammirano persino, e nell’inconscio vorrebbero che fosse lei a guidarli, dopo averli selezionati nel suo volo nuziale politico.
Il futuro: una partita a senso unico?
Se questa scacchiera impazzita continuerà a essere dominata dal caos e dall’improvvisazione, l’esito sarà scontato: Meloni, con la sua astuzia tattica, continuerà a regnare indisturbata. Gli alfieri dell’opposizione, persi nelle loro traiettorie sconclusionate, si ritroveranno inevitabilmente fuori gioco, lasciando il re nero, ovvero il popolo italiano, sempre più isolato e disilluso.