“I mazzetti che faccio con i rami di mimosa staccati dall’albero, non sono come i mazzetti che vende il fioraio, che ti offrono al semaforo il giorno della festa delle donne. Sono altra cosa. Non sono perfetti, hanno meravigliosi difetti. Come l’albero, del resto, bellissimo con qualche difetto. Mai perfetto.
Disordinati, i mazzetti, ma li hai fatti con le tue mani, accarezzati, ne hai sentito per primo il profumo. Mimosa, Mimosa… Mi torna alla mente una vecchia canzone che cantava mia madre. Quanti anni sono passati? “Mimosa, Mimosa, quanta malinconia nel tuo sorriso, avevi una casetta tra le rose, e l’ha distrutta il vento la tua casa”. Forse per questo era malinconica Mimosa? Perché il vento aveva distrutto la sua casa tra le rose? Oppure per altro, il malinconico sorriso? Ricordo bene il motivo, ma solo queste parole. Le stesse che riporta Vasco Pratolini nel suo romanzo “Cronache di poveri amanti”.
Pochissime le donne che si chiamano Mimosa. Appena cinque bambine l’anno vengono chiamate Mimosa. Diventeranno tutte donne bellissime, bionde, luminose. Non perfette come i mazzi di mimosa che si acquistano dal fioraio, che ti offrono al semaforo. Avranno qualche meraviglioso difetto. Come l’albero del resto, bellissimo con qualche difetto. Mai perfetto. È questo che ti fa sognare”.
E’ parte di un articolo pubblicato otto anni fa. Per anni ho cercato invano su internet la vecchia canzone che da bimbo udivo cantare da mia madre. Oggi una gentile frequentatrice del Gruppo Facebook del quartiere di Colli Aniene a Roma, me l’ha trovata la canzone. L’autore delle parole era Libero Bovio, la musica di Gaetano Lama, ed uscì nel 1921. Con piacevole emozione ho potuto riascoltarla dalla voce di Tonina Torrielli. Curiosità: alcune righe del mio scritto sono state riportate da Mezzolombardo Antica.it (Cartoline e scritti da Mezzolombardo).
Renato Pierri
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foto Vivaio Roma Garden