L’arte dell’equitazione nel tempo. Come due millenni di scuola insegnano ancora

Equitazione

Di

di Cav. luigi Conforti* 

In questi giorni di inverno dove la meteorologia mi ha forzatamente chiuso in casa a causa delle giornate fredde e piovose e aiutato dai pomeriggi che improvvisamente ti lasciano al buio, ho trovato sfogo nella ricerca e nella lettura di antichi testi di equitazione, che sommariamente già conoscevo, ma che mai avevo approfondito con dedizione, applicazione e solerzia.

Quando termino le mie docenze raccomando sempre ai miei allievi di non fermarsi alle pure e semplici parole del Maestro, se pur cariche di competenza ed esperienza, ma di andare ad approfondire le lezioni cercando manuali, libri, trattati e compendi, per cogliere ed accertare ogni singolo principio acquisito, perché la conoscenza è una somma di nozioni che portano sempre di più verso la vera cultura.

 Per esperienza so che qualcosa di curioso viene sempre a galla dalle polverose e vecchie pagine, qualcosa che ci racconta a volte storie, a volte curiosità, a volte rudimenti persi nel tempo e l’imparare di cavalli mi dà sempre soddisfazione, mi riempie di notizie e cognizioni.

 Sono così andato a rivedere “L’arte di trattare i cavalli” di Senofonte, un balzo all’indietro nella antica Grecia, dove questo uomo poligrafo che oltre a scrivere di storia, di economia, si è pure impegnato in questa opera legata al mondo del cavallo.

Colpisce di questo scrittore, per esempio, la sua tendenza “umanitaria” nei confronti di un animale che ai suoi tempi veniva usato soprattutto per la guerra e già in questo suo approccio dolce cerca di raccontarci quale siano le modalità migliori per approcciare un cavallo e infatti “raccomanda di riconoscerne gli sforzi, di assecondarne la natura, di premiarlo quando lavora bene, di lavorarlo da terra nelle difficoltà, ma soprattutto di non cedere mai a momenti d’ira”.

Inoltre, si preoccupa che lo stalliere, come lo chiama lui, debba fargli delle carezze e dargli delle grattatine, in modo che apprezzi la compagnia dell’uomo, raccomanda di portarlo in mezzo alla folla al fine di abituarlo a immagini e suoni inconsueti, infine si preoccupa che lo stalliere stesso, se il cavallo è spaventato, lo debba rassicurare piuttosto che punire, facendogli comprendere che non ha nulla da temere.

Ora, se facciamo una piccola riflessione e non sapessimo che a dire e recitare queste regole fosse stato Senofonte, potremmo benissimo pensare di essere di fronte ad un moderno testo Horsemanship, oppure di leggere qualche tratto del libro di Monty Roberts, “L’uomo che ascolta i cavalli”.

Il buon Senofonte continua nel suo trattato e, per esempio, per citare aspetti di tecnica equestre, suggerisce al cavaliere nel momento in cui monta a cavallo di non sedersi come se fosse su una sedia, ma come se stesse in piedi a gambe larghe. Questo gli permetterà di sorreggersi con le cosce e la posizione verticale “gli permetterà di scagliare il giavellotto con più forza” e continua “La gamba dovrebbe stare rilassata dal ginocchio in giù, perché una gamba rigida ha maggiori probabilità di rompersi se urta su un ostacolo. Il corpo del cavaliere al di sopra del bacino dovrebbe essere elastico, per consentirgli di muoversi più agilmente in battaglia e per essere disarcionato più difficilmente se venisse urtato. Il braccio sinistro del cavaliere dovrebbe essere tenuto contro il fianco, dandogli la maggiore libertà di movimento e una presa più salda sulle redini.”

Senofonte spiega anche come dialogare con il cavallo per una partenza al canter o al galoppo suggerendo i dovuti aiuti e consiglia anche di piegare il cavallo dal lato del galoppo desiderato.

Come possiamo facilmente capire il motto latino “repetita iuvant” in questo caso ci sta benissimo, perché fondamentalmente andiamo a ritrovare parte di quelle nozioni che un buon Istruttore dà durante le lezioni, principi che come possiamo ben comprendere vengono più o meno ripetute da oltre duemila anni.

Naturalmente il buon Senofonte continua nei suoi insegnamenti, ma il mio scritto vuole solo incuriosire ed incentivare la ricerca e la lettura di questi maestri della storia.

È così che tra i vecchi testi vado a riprendere un curioso manuale intitolato “De Gli Ordini di Cavalcare”, scritto da un personaggio che si chiamava Federico Grisone, gentiluomo Napoletano.

 Federico Grisone, riconosciuto come il padre dell’arte equestre ha scritto questo manuale, considerato uno dei più antichi tra i testi sull’equitazione, è stato stampato per la prima volta a Napoli nel 1550, pubblicato per ben 18 volte fino al 1620 e poi riprodotto in numerose edizioni straniere (fu tradotto in francese, tedesco, spagnolo e inglese).

 Studioso a sua volta di Senofonte e del maestro Giovanni Battista Pignatelli e Cesare Fiaschi, aprì a Napoli nel 1532 la prima accademia sull’arte equestre, faro d’Europa, frutto ed espressione del nostro Rinascimento, iniziata e concepita in Italia dove vennero per imparare cavalieri da tutta Europa.

Sono lontani questi tempi e questi scritti, ma credo che leggere attraverso questa porta temporale ci aiuti a capire che la materia di cui trattiamo è molto più vecchia di noi e come sia sempre stato un tema su cui dibattere e dal quale trarre insegnamento

 Riporto testualmente le parole con cui il libro inizia:

 “Nell’arte della milizia non è disciplina di maggior bellezza di questa dè cavalli; che è ornata di belli effetti, ma necessaria di ogni valore”.

É evidente come l’interesse sia soprattutto militare, ma è anche chiaro come la materia nella sua bellezza intrinseca evidenzi molto rispetto, ossequio e considerazione.

 Continua inneggiando a questo animale definendolo “Re degli animali, inespugnabile rocca e fedelissimo compagno” e poi racconta il suo tempo mettendo l’accento ed enfatizzando sull’importanza di essere cavalieri, riporto testualmente: “Ogni Principe si tien glorioso di divenir cavaliero” questo in considerazione che in quell’epoca questo animale esprimeva le doti di regalità, grandezza ed enorme rispetto.

Ma per non annoiarvi e lasciarvi con un pizzico di conoscenza equestre in più, credo sia assolutamente interessante e curioso l’accostamento che questo autore descrive con dovizia di particolari ai colori dei mantelli dei cavalli e i quattro elementi fondamentali del pianeta, Terra – Acqua – Aria- Fuoco, e aggiunge per ogni mantello le principali qualità o difetti del cavallo.

Racconta anche come tutto questo fosse molto importante nella compravendita all’interno dei mercati dell’epoca.

Elemento Terra, Morello: carattere Malinconico – Terragnuolo – Gravoso – Umile.

Elemento Acqua, Bianco: carattere Flemmatico – Tardo – Molle.

Elemento Aria, Baio: carattere Sanguigno – Allegro – Agile.

Elemento Fuoco, Sauro: carattere Collerico – Leggero – Ardente e saltatore.

 Continua il nostro Autore in una dettagliata descrizione delle parti del cavallo, fa riferimento ad ogni tipo di balzana, alle liste e stelle in fronte, al numero dei remolini, per descrivere persino le groppe e prosegue legando ad ogni particolare curiosi aspetti del carattere dello stesso.

 Naturalmente l’epoca in cui è stato scritto e le tante credenze popolari di quei tempi hanno inciso sulla fantasia dello scrittore. Nel prosieguo del manoscritto interviene più volte con tesi e concetti che ancora oggi troviamo nei libri di autori famosi e che con i quali siamo assolutamente d’accordo. Ad esempio, testualmente riporta

“che il cavallo lavorato in maneggio acquisisce forza, grande ordine nella testa, nel collo, un buon appoggio ed una bocca soave”.

Ci racconta come castigare il cavallo indisciplinato, ma ci dice anche che una volta diventato mansueto va accarezzato con dolcezza perché così comprende che il castigo altro non è che amore che noi proviamo per lui, naturalmente noi possiamo essere o non essere d’accordo con i suoi principi, ma non dimentichiamo mai l’epoca e le finalità d’uso di questo animale.

 Non tralascia  nelle sue note di descrivere in modo particolareggiato persino i pascoli e le loro peculiarità dove portare i giovani cavalli a pascolare, non tralascia nulla sia nella descrizione dei luoghi più adatti, che le temperature e le erbe migliori.

 Insegna a mettere la sella e a salire, testualmente:

“Se dovete cavalcare e stare sopra di esso, non solo con animo grande, senza tema di lui, ma far concetto che egli sia con noi un’istesso corpo di un senso, di una volontà.”

 Non vado oltre perché sono certo che avete capito lo spirito di quanto  ho riportato, l’amore, la passione, la tenerezza, l’ubicazione e l’importanza di questo animale nei confronti dell’uomo non è nata oggi.

 Da migliaia di anni il cavallo ci è stato vicino nel bene e nel male, da migliaia di anni ci ha condotto per le strade del mondo e ci ha permesso di conoscerlo, é stato usato in pace e in guerra, ma lui, il cavallo, è sempre vissuto al nostro fianco ed è morto al nostro fianco.

 Oggi abbiamo conosciuto Senofonte, scrittore della Magna Grecia, e un altro storico uomo di cavalli, Federico Grisone,  scrittore e maestro di equitazione Napoletano.

 Aggiungiamoli alle nostre conoscenze equestri, alle nostre curiosità, al nostro bagaglio e se volete approfondire meglio, basta cercare.

Termino questo intervento con una frase originale che ritengo particolarmente significativa del Grisone

“che egli sia con noi un’istesso corpo”.

Queste parole penso possano incarnare da sole tutta una filosofia di vita, di amore, di insegnamento, di passione, di tecnica che ci servono per vivere da vicino questo animale.

 Cav. Luigi Conforti *

Un’eccellenza nel nostro ambiente il Cav. Luigi Conforti con cui ho collaborato per anni ed apprezzato la professionalità, la competenza e la enorme passione che lo contraddistinguono. Già Comandante della stazione Forestale Pian di Cansiglio ( Foresta del Cansiglio) dal 1990 ha comandato il Reparto a Cavallo del Corpo Forestale- Regione Veneto. Insignito sempre nel 1990 del titolo di Cavaliere della Repubblica – Onore al merito Repubblica Italiana. Dal 2004 Tecnico III livello Fise ( Fed. Ital.Sport Equestri). Dal 2013 Maitre Randonneur Fise. Dal 2015 al 2024 Docente ed Esaminatore nazionale, Referente nazionale della Formazione per l’Equitazione di Campagna, membro della Commissione Consultiva nazionale. Dal 2017 al 2024 Referente del Comitato Regionale Veneto Fise per l’Equitazione di Campagna.

Clara Campese Corrdinatrice Rubrica Equitazione

4 Replies to “L’arte dell’equitazione nel tempo. Come due millenni di scuola insegnano ancora”

  1. Ambrogio ciapparella ha detto:

    Sono stato esaminato da lui in esame di terzo livello PERSONA DI GRANDE CONOSCENZA …e molto rispetto nel contento di esame nei confronti dellesaminato …unMAESTRO DI VITA ….GRAZIE

  2. Patrizia Bolzan ha detto:

    Un uomo di notevole spessore, un mentore, un grande Maestro, è colui che mi ha messa in sella e che negli anni mi ha fatto divenire l’amazzone che sono, nonché Tecnico Federale di Equitazione di Campagna, ma non finisce qui perché da lui sto sempre e ancora imparando tantissimo. Un fatto che illumina e trasmette con semplicità anche le conoscenze più complesse. Grazie Maestro, sei il Migliore!!!

  3. Eugenio Remus ha detto:

    Questo rimarcabile lavoro, oltre a costituire conferma – se mai ce ne fosse bisogno – del tipo di persona che è Luigi “Gigi” Conforti (di cui mi onora essere annoverato fra gli allievi), costruisce un ponte fra i secoli dove le eccellenze dell’Equitazione (maiuscola intenzionale ancorché errata) si ritrovano a discorrere, trovandosi concordi ed in sintonia di pensiero e di azione. Se l’inverno fosse ancora sufficientemente lungo credo che a Gigi potrebbe tornare la voglia di scrivere per aggiungere al ponte un’altra campata, per dedicarla a colui che, come Grisone, ha albergato sotto il cielo del Bel Paese ed ha non soltanto rivoluzionato la tecnica del salto ostacoli, ma anche ha riportato in campagna l’equitazione militare, e – soprattutto – ha dato ai binomi di ogni sorta un monito di straordinaria saggezza: il vero difficile è il perfezionamento del facile, senza di che il raggiungimento delle mete più alte diventa velleitarismo. Sto ovviamente parlando di Federico Caprilli …

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