Sovraffollamento, suicidi e disordini: il caso Alemanno riaccende il dibattito sulle misure alternative
Il sistema carcerario italiano è in crisi profonda, segnata da un drammatico aumento dei suicidi tra i detenuti e da continue tensioni all’interno degli istituti penitenziari. Il sovraffollamento resta una delle cause principali di questo deterioramento. Al 10 febbraio 2025, le carceri ospitavano 61.941 detenuti, a fronte di una capienza regolamentare di 51.298 posti, di cui oltre 4.400 non disponibili. Questo porta il tasso di sovraffollamento al 132,6%, con circa 15.000 persone oltre la capacità effettiva del sistema. Alcuni istituti presentano situazioni ancora più critiche: San Vittore a Milano raggiunge il 225% di sovraffollamento, mentre Brescia Canton Mombello il 205%.
Le condizioni precarie incidono pesantemente sulla salute mentale dei detenuti. Nel 2024 si sono registrati 88 suicidi, il numero più alto mai documentato, superando il precedente record di 84 nel 2022. Tra le vittime, 23 avevano tra i 19 e i 29 anni e almeno 40 erano persone straniere. Il 2025 non mostra segni di miglioramento: nei primi 11 giorni dell’anno si sono tolte la vita sette persone, tre delle quali nel carcere di Modena. Nella stessa settimana, un cinquantenne italiano è morto per inalazione di gas, mentre un giovane marocchino di 27 anni, in coma da metà dicembre dopo un tentativo di suicidio, è deceduto.
Le carenze strutturali aggravano ulteriormente la crisi. L’inagibilità di molte celle e intere sezioni detentive riduce la disponibilità di posti, con regioni come la Puglia che registrano un tasso di sovraffollamento del 170,6%, seguita da Basilicata (158,2%), Lombardia (153,7%), Veneto (148,8%) e Lazio (147,5%). Una situazione che alimenta episodi di violenza e rivolte.
Negli ultimi mesi si sono verificati numerosi disordini. Il 6 luglio 2024, nel carcere minorile di Casal del Marmo a Roma, alcuni detenuti hanno aggredito tre agenti della Polizia Penitenziaria, sottraendo loro le chiavi delle celle. Il tempestivo intervento del personale ha evitato conseguenze peggiori, ma due agenti sono stati ricoverati. Pochi giorni dopo, nel carcere “Lorusso e Cutugno” di Torino, 270 detenuti si sono rifiutati di rientrare nelle celle per protestare contro le condizioni della struttura, chiedendo un confronto con le istituzioni. Tra luglio e agosto, si sono registrate rivolte in diverse carceri italiane.
A queste criticità si aggiungono episodi che sollevano interrogativi sulla gestione delle misure detentive e sulla flessibilità del sistema giudiziario nell’applicare pene alternative. Recentemente, la revoca dei domiciliari a Gianni Alemanno, condannato per presunta corruzione, ha riacceso il dibattito sulla necessità di bilanciare la certezza della pena con il rispetto della dignità dei detenuti. Il caso ha evidenziato la rigidità dell’attuale normativa, che spesso non considera adeguatamente fattori come l’età, le condizioni di salute e l’assenza di pericolosità sociale del condannato.

Gianni Alemanno, in una recente manifestazione pubblica a Roma
Questa vicenda ha anche riaperto il confronto sulle disparità di trattamento all’interno del sistema penitenziario: mentre alcuni detenuti, anche in condizioni di estrema fragilità, restano reclusi in carceri sovraffollate e prive di adeguati servizi sanitari, altri beneficiano più facilmente di misure alternative. Il dibattito si concentra dunque sulla necessità di rivedere i criteri di concessione di tali misure, rendendoli più equi e accessibili, senza compromettere il principio di giustizia, ma garantendo un sistema detentivo più umano ed efficace.
Per affrontare l’emergenza, il governo ha introdotto alcune misure, tra cui l’assunzione di mille unità della Polizia Penitenziaria entro il 2026. Tuttavia, come ha osservato Gennarino De Fazio, Segretario Generale della UILPA Polizia Penitenziaria, “è altamente improbabile che tutte le assunzioni previste vengano effettivamente realizzate”. Sono stati previsti anche ampliamenti delle pene sostitutive, come gli arresti domiciliari e i programmi di reinserimento per i reati minori. Sono stati semplificati gli iter per la concessione degli sconti di pena e previsti risarcimenti per chi subisce condizioni di detenzione degradanti. Inoltre, è stato rafforzato il personale amministrativo per migliorare la gestione degli istituti.
Tuttavia, queste misure non bastano. È urgente una riforma strutturale del sistema penitenziario, a partire dal potenziamento delle misure alternative per ridurre il sovraffollamento, il miglioramento delle infrastrutture carcerarie e un’assistenza sanitaria adeguata, con particolare attenzione alla salute mentale. Fondamentale anche la formazione del personale per garantire una gestione più umana e il rafforzamento dei programmi di istruzione e lavoro per ridurre la recidiva. Questi interventi sono essenziali per trasformare il carcere in un luogo di effettiva rieducazione, nel rispetto della Costituzione e dei diritti umani.