La versione di Piparo esplora sessismo, identità e differenza di genere con intelligenza e ironia
Quando Massimo Romeo Piparo ha dichiarato che “Tootsie” avrebbe usato ironia e leggerezza per riflettere su sessismo, patriarcato e disparità di genere, non era solo un’intenzione, ma una promessa. E la sua versione teatrale l’ha mantenuta in pieno, dimostrando come una commedia brillante possa farsi portavoce di temi complessi e attuali, senza mai perdere la sua carica d’intrattenimento.
In scena al Teatro Sistina di Roma fino al 9 marzo, il musical è arricchito dalla colonna sonora di David Yazbek, già autore di “The Full Monty”, e dal libretto di Robert Horn, che ha vinto il Tony Award per questo titolo. Entrambi gli autori erano presenti alla prima.
Il cuore di “Tootsie” (un termine spesso usato in inglese per rivolgersi in modo affettuoso a una donna, evocando un’idea dolce e retrò, in sintonia con il tono comico della storia) è la trasformazione del protagonista, Michael Dorsey, un attore di provato talento, ma dal carattere difficile. Dopo aver perso numerose opportunità di lavoro, decide di travestirsi da donna per ottenere una parte in un musical. Quello che inizia come un espediente per rilanciare la sua carriera si trasforma presto in un viaggio di scoperta e consapevolezza. Nei panni di Dorothy Michaels, Michael sperimenta in prima persona le difficoltà e le disparità di trattamento che le donne affrontano ogni giorno, soprattutto nel mondo dello spettacolo.
Lo show mostra con sottile intelligenza come il settore dell’intrattenimento sia ancora segnato da squilibri di potere, pregiudizi e discriminazioni di genere. Le donne devono lottare per ottenere ruoli significativi, affrontano pressioni estetiche costanti e spesso sono relegate a personaggi stereotipati. “Tootsie” porta in scena tutto questo con ironia tagliente, mettendo il pubblico di fronte a dinamiche che, seppur assurde nella loro ingiustizia, sono ancora tristemente reali.
La commedia, infatti, non si limita a denunciare il problema: lo ribalta. Dorothy, grazie al suo talento e alla sua personalità forte e indipendente, riesce a imporsi in un ambiente dominato dagli uomini, dimostrando quanto il valore di un’artista non dipenda dal genere, ma dalle sue capacità.

da sx: Enzo Iacchetti, Paolo Conticini (ph U.S. Sistina)
Un altro dei temi centrali è il conflitto tra identità e apparenza. La vicenda di Michael/Dorothy mette in luce quanto la società imponga ruoli e aspettative che spesso entrano in contrasto con ciò che siamo davvero. Se da un lato Michael indossa una maschera per ingannare il sistema, dall’altro finisce per rivelare aspetti di sé che non aveva mai esplorato. Vivendo il mondo da una prospettiva femminile, inizia a comprendere le ingiustizie che, fino a quel momento, aveva ignorato o considerato irrilevanti. E sebbene “essere donna non è un mestiere da uomini”, come dice a un certo punto, il travestimento diventa un paradosso: pur fingendo di essere una donna, proprio questa finzione lo porta a scoprire una versione più autentica di sé stesso. La celebre frase, che chiude lo spettacolo, “Sono stato un uomo migliore da ‘donna’ di quanto lo sia stato da ‘uomo’”, dimostra come l’apparenza possa essere un limite, ma anche un mezzo per smascherare le ipocrisie della società.
Il percorso di Michael è un elemento fondamentale dello spettacolo. All’inizio della storia, è un uomo concentrato solo sulla propria carriera, incapace di vedere le difficoltà delle donne intorno a lui. Ma nel momento in cui si trova dall’altra parte, la sua visione cambia radicalmente.
Paolo Conticini, nel doppio ruolo di Michael Dorsey/Dorothy Michaels, affronta un compito impegnativo, anche dal punto di vista tecnico, ma offre un’interpretazione convincente, riuscendo a bilanciare con grande misura comicità e profondità emotiva del personaggio. La battuta finale suggella questa trasformazione: Michael ha imparato a guardare il mondo con occhi diversi, a riconoscere il privilegio maschile e a comprendere le battaglie delle donne. Il suo percorso non è solo una storia di travestimento e inganno, ma un vero viaggio di crescita e maturazione.
Al di là della critica sociale, “Tootsie” è “un gioioso inno alle donne”, come sottolinea la visionaria produttrice dello spettacolo, interpretata in modo solido e credibile da Gea Rambelli. Dorothy Michaels diventa un simbolo d’indipendenza, talento e determinazione, e incarna il desiderio di riscatto di tutte le donne che ogni giorno lottano per essere ascoltate e riconosciute.

Paolo Conticini in un momento del musical (ph U.S. Sistina)
Uno degli elementi più riusciti dell’adattamento di Piparo è l’uso della comicità. Il pubblico ride delle situazioni esilaranti, si trova coinvolto, ma al tempo stesso è costretto a riconoscere quanto quegli stessi meccanismi siano presenti nella realtà.
Un incisivo Enzo Iacchetti, nei panni di Jeff, amico e confidente di Michael, arricchisce la dinamica con il suo tocco di ironia, creando un contrasto perfetto con il tono più serio del protagonista. Ilaria Fioravanti, nei panni di Sandy Lester, la fidanzata frustrata di Michael/Dorothy, sa mescolare con grande versatilità umorismo e intensità espressiva. Matteo Guma, nel ruolo di Max, l’attore che accompagna Dorothy nella messinscena, rappresenta con autenticità il carattere di un uomo ambizioso, ma disposto ad aprirsi alla comprensione delle difficoltà altrui. Massimiliano Carulli, nel ruolo di Ron, il regista dello spettacolo, porta sul palco una figura che riflette il mondo maschile del teatro, un personaggio segnato da tic, manie e piccole arroganze, chiari sintomi della sua scarsa capacità di adattamento e della sua resistenza a una realtà più inclusiva. Beatrice Baldaccini, nei panni di Julie Nichols, completa il quadro con una performance che esprime tutta la vulnerabilità e la determinazione della sua protagonista.
L’accurata selezione degli interpreti e dell’ensemble risulta evidente in ogni scena, con ciascuno di loro che contribuisce con talento, presenza scenica e straordinarie abilità nel ballo, nel canto e nella recitazione. Il supporto visivo, con scenografie che combinano elementi tradizionali e innovazione digitale, si integra perfettamente con il ritmo della narrazione, creando una vera esperienza immersiva. L’orchestra, infine, emerge come una voluttuosa protagonista, e amplifica la potenza emotiva e il dinamismo della produzione.
Insomma, la versione di Piparo, con il suo equilibrio perfetto tra comicità e riflessione, riesce a esaltare questi elementi, trasformando lo spettacolo in un inno alla parità e al rispetto e il teatro in uno spazio di consapevolezza. Alla fine, non è solo Michael a cambiare, ma anche il pubblico, che esce dal teatro con un nuovo sguardo sulla realtà.
Molto altro ci sarebbe da aggiungere, ma i tempi del web lasciano poco spazio, sebbene siano stati molto generosi. Eppure, c’è ancora tanto da scoprire in uno spettacolo che merita di essere visto e rivisto più volte.

da sx: Paolo Conticini, Ilaria Fioravanti, Enzo Iacchetti