La parola all’esperto: Duccio Bartalacci

Equitazione

Di

Clara Campese intervista scritta D.Bartalucci

La programmazione delle gare, sia a livello nazionale che internazionale, sta andando nella direzione giusta? È rispettosa dei tempi di allenamento e di riposo necessari al cavallo? 

Duccio Bartalucci: “Analizzando i calendari nazionali e internazionali, è evidente il costante aumento del numero di competizioni. Molti cavalieri di punta gareggiano quasi ogni settimana, ma possono sostenere questo ritmo solo grazie a due team di cavalli che si alternano.

Rispetto al passato, quando il calendario agonistico lasciava più spazio a giornate dedicate al training a casa, oggi la tendenza è quella di privilegiare la competizione a discapito di una preparazione più approfondita del binomio. Questo cambio di prospettiva incide non solo sulla crescita tecnica dei cavalieri, ma anche sul benessere dei cavalli, che necessitano di tempi adeguati di recupero e allenamento per esprimere al meglio il loro potenziale.”

  • A livello europeo c’è una visione condivisa per la crescita dei giovani cavalieri? 

Duccio Bartalucci: “Il calendario internazionale riserva grande spazio ai giovani, segno di un’attenzione costante verso il loro sviluppo. Le Federazioni nazionali europee sembrano condividere l’idea di proseguire su questa strada, incentivando la crescita del settore giovanile.

Tuttavia, il vero nodo da sciogliere resta il passaggio dalla categoria giovanile a quella seniores. L’inserimento stabile dei giovani talenti nelle squadre maggiori è ancora un punto critico. Ogni Paese affronta questa sfida con strategie diverse, ma nel nostro sport l’esperienza è un fattore chiave nella formazione delle squadre, e questo rende il salto di qualità particolarmente difficile per le nuove generazioni. Non sono sicuro che esista una soluzione univoca a questo problema, ma di certo è un tema su cui riflettere.”

  • Quali sono i punti di forza e di debolezza della mentalità sportiva equestre in Italia? 

Duccio Bartalucci: “I cavalieri italiani hanno talento, determinazione e la capacità di mettersi in gioco. La competizione internazionale è sempre più agguerrita, e noi abbiamo atleti di altissimo livello in grado di tenerle testa.

Le criticità, però, esistono e riguardano diversi aspetti, tra cui il ruolo della Federazione. Il problema principale, a mio avviso, si può riassumere in una parola: programmazione. Avere un progetto significa creare le condizioni per ottenere risultati concreti, mentre gestire solo il quotidiano porta a navigare a vista. Senza una strategia chiara e a lungo termine, diventa difficile costruire un percorso di crescita solido e sostenibile.” 

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