Nell’andare a scrivere questi piccoli e modesti articoli sull’equitazione vorrei denunciare candidamente che sono e rimango semplicemente un curioso della materia e lungi da me dal voler apparire uno studioso e tanto meno profondo conoscitore della storia del cavallo e dell’equitare.
Il mio unico e modesto scopo consiste nell’andare a spulciare e leggere nei libri dei grandi dell’equitazione e magari trarne delle curiosità, sempre tendendo un profilo molto basso, e che senza impegno possa dare delle notizie curiose e interessanti per chi pratica il nostro meraviglioso sport.
Nel mio primo e leggero articolo, dove ho rivolto il mio interesse al passato della storia dell’equitazione, sbirciando e leggendo qua e là mi sono reso conto di come il cavallo nel tempo e nello spazio sia stato fruito in maniera diversa, a seconda delle epoche e delle passate civiltà.
Ho percepito, per esempio, come le tradizioni spesso legate al costume e alla dottrina si evolvono, ma mentre il costume rimane legato agli usi e alle usanze dell’etnologia, la dottrina equestre, intesa come insieme di cognizioni e principi elaborati, muta continuamente.
Ogni singola disciplina equestre, dall’antichità sino ai giorni nostri, ha sviluppato interi patrimoni di peculiarità, e da sempre la dottrina equestre necessita di esperienza diretta, sia di esercizio che di osservazione, Senofonte docet.
Nella storia gli esempi di monta sono innumerevoli, le modalità di cavalcare degli arabi, oppure quella dei Cosacchi, diverse dalle nostre per usi, costumi e tecniche, e per fare un salto nello spazio più recente, la monta americana, che quando venne accettata in Europa, fu inizialmente vista con stupore se non con indignazione.
Pertanto, potremmo dire che l’equitazione, che spesso noi consideriamo quasi una scienza esatta, non va caratterizzata come un dogma, ma diventa importante capire come i tempi hanno fatto di necessità virtù e come la dottrina equestre sia mutata e muti a seconda delle mode e dell’utilizzo del cavallo.
Ho scorso rapidamente la storia dell’equitazione del mondo Francese dove nel XVIII secolo a Versailles la tradizione era fatta di costumi raffinati, di figure che convenientemente disegnate si presentavano al mondo aristocratico dell’epoca. Naturalmente non esisteva solo accademia di maneggio, ma prolificavano anche le manifestazioni della Caccia alla volpe, grande svago reale di quei tempi, che prevedeva un buon grado di addestramento di uomini e cavalli.
L’addestramento dei cavalli richiedeva sottomissione ed educazione e la scelta delle razze era precisa e severamente conforme agli usi , andando così ad abbandonare quegli individui indicati come incapaci e inadeguati.
Tra la fine del 1700 e gli inizi del 1800, la scuola di Versailles andò in decadimento a causa della rivoluzione e delle conseguenti guerre e fu in questo momento che nacquero due scuole di pensiero, quella di Baucher e quella del Conte D’Aure.
Baucher viene ricordato soprattutto perchè operava con nuovi procedimenti che, concatenati, sembrava dessero come risultato la pratica dell’Alta Scuola, ma tutto ciò non era propriamente vero perchè, al contrario della precedente Scuola Francese che voleva cavalli sottomessi e ben educati, per cui si cercavano solo razze selezionate e soggetti scelti, Baucher cercava di montare a cavallo in maniera intelligente capendo per primo l’enorme importanza dell’addestramento del cavallo che gli permetteva di non fare alcuna differenza tra una razza e l’altra. In tal modo ogni cavallo poteva raggiungere livelli tecnici molto alti.
Baucher infatti non si accontentava di fare dimostrazione delle sue capacità, ma dava spiegazione dei suoi principi ai propri allievi, facendo comprendere l’importanza dell’addestramento dei cavalli che rendeva molto più facile la sottomissione.
La sua opera alla fine aveva strappato l’equitazione dall’empirismo della vecchia scuola e l’ha avviata sulla via del buon senso, dello studio del cavallo, dando le giuste indicazioni valide per l’addestramento, che alla fine ha portato l’impiego di tutti i cavalli e per tutti gli scopi.
Contemporaneamente a Baucher, nella Scuola Francese troviamo il Conte D’Aure, ultimo direttore della Scuola di Versailles che nel 1830 si ritira in un maneggio e inizia il suo percorso di Maestro nel mondo aristocratico dell’epoca.
Tutti gli riconoscevano un grande talento come cavaliere, ma molto meno come Istruttore. Praticava infatti una tecnica di improvvisazione basata sostanzialmente sulle sue ottime capacitá istintive di cavaliere e sulla sua forza, tanto è vero che si diceva all’epoca “che professava più con l’esempio che con la parola e che dicesse più spesso ciò che non bisognava fare, piuttosto di ciò che si doveva fare”.
I suoi modi di trattare i cavalli, troppe volte non tenevano conto dell’animale, tanto che è rimasta famosa una sua frase “La madre dei cavalli non è morta”.
É così che in quella stessa epoca si erano formate due scuole di pensiero diverse: il Baucherismo e il D’Aurismo.
Al di sopra di questo mondo equestre, sovrano era il Ministro della Cavalleria, che ad un certo punto dovette scegliere quale dei due metodi usare per l’istruzione e per l’insegnamento alla cavalleria militare.
Furono create delle Commissioni che esaminarono attentamente le due metodologie. Inizialmente fu scelta la scuola di Baucher, ma in seguito la politica ebbe il suo peso. Nel momento in cui il Generale L’Hotte prese il Comando della Scuola cambió indirizzo e rivolse la sua propensione per i sistemi del Conte D’Aure.
Pertanto, ecco che le due scuole rimangono per lunghi anni in bilico, seguite da chi propendeva per l’una e chi per l’altra, e cosí anche tra gli Ufficiali di Cavalleria si formarono due partiti di pensiero diversi.
La storia equestre Francese nella seconda parte dell’ottocento rimane in bilico tra i vari fautori, ma alla fine il Generale L’Hotte, pur se molto più legato al D’Aurismo, cerca di mediare e stabilisce che entrambe le Scuole sono valide, dichiarando che in fondo una scuola prepara cavalli per la guerra e la campagna, mentre l’altra li porta più verso l’alta equitazione.
Per chiudere la diatriba riporto quanto scritto dal Generale Decarpentry, che fu analista profondo e scrupoloso di questi problemi, e sarà così che il lettore di questo articolo avrà modo di capire in maniera più chiara e comprensibile tutta la questione:
“Mentre gli antichi si sforzavano, e Baucher con altri metodi con loro, di rendere flessibile il cavallo in tutte le sue parti per indebolire progressivamente fino a farle scomparire le resistenze che potevano opporre alle azioni degli aiuti del cavaliere, d’Aure utilizzo al contrario queste resistenze opponendole le une alle altre per portare il cavallo all’esecuzione dei suoi ordini”.
Quanto abbiamo letto sopra, comunque, deve avere una morale per noi cavalieri, appassionati o meno, e ci deve lasciare un messaggio che spero di tradurre in questo modo: “É doveroso rispettare sempre il costume e le tradizioni del mondo equestre al fine di mantenere un legame tra il passato e il presente, ma tutto questo deve spingerci a mantenere sempre fertile il terreno delle nostre conoscenze, vecchie e nuove, per migliorare con assiduità e costanza”.
E a proposito di ciò vi lascio dicendo che nel frattempo in Italia nasceva un certo Federico Caprilli.
Cav. Luigi Conforti (foto di copertina)
Bibliografia:
Capire l’Equitazione – Jean Saint-Fort Paillard
Assetto Andature e Reazioni – L.De Sèvy (Ufficiale di Cavalleria Francese)
Grazie per questo articolo che finalmente aiuta a comprendere meglio una parte complessa della storia della cavalleria e dell’arte equestre. I manuali si limitano spesso a citare e descrivere le due correnti di pensiero mentre l’autore, cav. Luigi Conforti, spiega “come e perché” fossero diverse e “come e perché” il Generale L’Hotte abbia poi trovato un “compromesso” validandole entrambe. La finalità del rapporto con il cavallo era quindi alla base dei metodi scelti. Oggi le finalità quali sono? e’ da tempo che il cavallo in guerra non serve più e la “coscienza sociale” ha modificato la pratica della Caccia alla volpe…Eppure il cavallo è sempre e ancora presente e forte l’attrazione e la ricerca per migliorare la relazione con lui, nelle diverse specialità. La disciplina equestre è in continua evoluzione e le riflessioni, come quelle stimolate da questo articolo, aiutano noi lettori, appartenenti ai diversi campi del mondo equestre, a mantenere forte la conoscenza del passato per poter affrontare i cambiamenti necessari a migliorare e migliorarsi. Ed i nostri cavalli, sono sicura, ringrazieranno.. F.