Molti scritti hanno largamente divulgato la storia della carrozza, ognuno con la propria verità sulla base di conoscenze labili, a volte fantasiose, di sicuro la sua evoluzione è partita da molto lontano. La storia dell’uomo è stata accompagnata da spostamenti di persone, di migrazioni, cose, simboli, di commistioni culturali e di flussi genici che puntualmente si ripetono nel corso del tempo. Lungo questo percorso sono nate esigenze di trasporto che nel tempo si sono perfezionate sempre più. Oggi, nell’era delle tecnologie digitali, diventate sempre più cruciali per il fenomeno degli spostamenti umani, si vuole ripercorrere virtualmente quel cammino iniziato milioni di anni fa.
Il percorso si sviluppa dalla grande migrazione dell’Homo sapiens, che 200.000 anni fa partendo dall’Africa, ha popolato l’intero globo terrestre. Egli viveva di caccia e raccolta di frutti, si spostava di frequente quando si esaurivano le risorse (animali da predare, piante edibili da raccogliere) o quando il suo territorio era conteso da altri gruppi umani. L’archeologia ci racconta che con la cattura e il successivo addomesticamento dei “kunga” ibridi di asini in Mesopotamia, che ebbe inizio la lenta evoluzione dei trasporti nel IV millennio a.C., utilizzati all’inizio come animali da soma condotti a mano e successivamente usati come cavalcature. L’invenzione della ruota, questo semplice oggetto circolare, conserva tutt’ora l’aura di una delle più grandi scoperte nella storia. La ruota è il primo strumento che ha consentito di passare dall’atto di trascinare un oggetto facendolo strisciare al farlo rotolare per facilitarne lo spostamento.
Più che delle invenzioni, la ruota e il carro possono essere considerate quali costruzioni avvenute nel tempo. Ma è difficile assegnare a quale periodo la ruota e il carro abbiano fatto la loro prima apparizione e soprattutto in quale regione abitata da genti che già si trovavano in un certo grado di incivilimento. L’evolversi nella costruzione delle ruote portò un miglioramento nella costruzione del carro, in breve volgere di tempo sembra che dal carro a due ruote si è giunti alla costruzione di quello a quattro ruote. Contrariamente a quanto si crede, il primo animale scelto per il traino non fu il cavallo ma il bue. L’iconografia, purtroppo, non ci è di aiuto, perché di solito ci mostra, sin dai primi documenti, cavalli e non buoi. E’ più logico pensare che il cavallo che viveva libero nelle praterie, fosse un animale troppo focoso per essere facilmente reso in cattività, al contrario del bue che si poteva facilmente renderlo domestico ed aggiogarlo.
Dopo queste premesse di carattere generale, possiamo esaminare quanto l’antichità classica ci ha lasciato in materia di veicoli a traino animale, che, nel loro insieme, denotano una certa perizia costruttiva. In Egitto, verso il XVII secolo a.C. vennero introdotti sia il cavallo che il carro a ruote. I veicoli dell’epoca romana erano simili a quelli della Grecia, avevano il nome generico di currus, però in base al numero dei cavalli attaccati, potevano costituire una biga, una triga o una quadriga, solamente ai tempi di Nerone abbiamo insolitamente un esempio di decemjugis (dieci). Nei primi secoli della repubblica, carri e carrozze erano veicoli abbastanza leggeri per il fatto che le condizioni stradali lasciavano molto a desiderare, quando la viabilità assurse a fattore primario durante i primi tempi dell’impero Romano, allora lo sviluppo nella costruzione di carri e carrozze ebbe un notevole impulso. Ordinariamente le ruote erano a quattro raggi incastrati nella corona esterna formata da quattro absides, mentre la cerchiatura metallica faceva sì che la ruota non si sconnettesse. Tra i carri citiamo l’essedum usato per scopi militari, il covinnus, carro da combattimento, mentre col nome di vehiculum si indicava i carri per trasporti vari, prendendo il nome di carpentum quando erano coperti.
Nel IV secolo d.C. l’Impero Romano finiva lasciando le tracce di quello sfarzo che lo aveva portato alla degenerazione e alla decadenza. Susseguiva un periodo di negazione contro tutto ciò che era pompa esteriore, con il decadere dell’Impero intorno all’VIII secolo d.C. esse (le strade) erano quasi impraticabili. Con l’abbandono delle strade e della viabilità per mancata manutenzione scomparvero anche le botteghe per la costruzione dei mezzi di trasporto. Dovranno passare molti secoli prima che si operi un risveglio di civiltà e di illuminismo per uscire dal buio del Basso Medio Evo. Si può dire che il massimo traffico venisse esercitato durante l’VIII secolo a mezzo di lettighe e di basterne trainate da animali o da uomini; carri e carrette costituivano rarissime eccezioni. Solo nel 1200 compaiono le prime carrozze destinate alle castellane, veicoli che dal punto di vista tecnico offrono scarsa importanza. In sostanza questi veicoli si riducono a carrette la cui cassa appoggia direttamente sugli assi, non mancano però decorazioni più o meno ricche, drappeggi, tende e velluti.
Nell’alto medio Evo più che di veicoli prevalse l’uso di cavalli bardati, degli sgabelli a dorso d’asino o di mulo per i viaggi di una certa autorità e delle semplici lettighe a braccia per il trasporto di persone. La Portantina per trasporto persone, molto in uso nei secoli 1600-1700 antecedente la carrozza, veniva sostenuta da due asini o muli per mezzo di due robuste stanghe laterali; nella forma più lussuosa era coperta da un baldacchino, riparata da sportelli e velata da cortine. Era impossibile viaggiare isolati o a piccoli gruppi, per resistere agli attacchi dei briganti era opportuno viaggiare in carovane.
Sembra che la prima carrozza, in Milano, venne costruita in occasione delle nozze di Galeazzo Visconti con Beatrice d’Este (1300). Sta di fatto che la capitale lombarda, dopo quest’epoca, divenne in breve volgere di tempo un centro artigiano di carrozzai, nel quale si costruivano carrette e carrozze per le corti delle signorie vicine e lontane. Si trattava di lavori di grande finezza e fragile eleganza, giacché il trasporto di questi veicoli dal costruttore al cliente avveniva a mezzo di carrettoni per evitare guasti e rotture dovuti ai sobbalzi originati dalle cattive condizioni stradali. I cronisti ci narrano come la moglie di Galeazzo Maria Sforza, possedesse ben dodici carrette addobbate e decorate con estrema eleganza e cinquanta cavalli destinati al traino delle medesime, sebbene le carrette venissero usate dalle donne e pargoli mentre i gentiluomini preferivano continuare montare a sella. Si trattava sempre di carrette la cui cassa era rigidamente connessa agli assi del veicolo e che quindi risentiva interamente gli effetti delle accidentalità del fondo stradale. La metallurgia dell’epoca non disponeva ancora di acciai, come avvenne successivamente, per costruire molle che valessero ad attutire i sobbalzi della cassa.
L’epoca che ci interessa in particolare è l’introduzione nel XVI secolo del carro offerto alla Regina di Francia da parte di Ladislao V re d’Ungheria. Tale carro aveva la particolarità di avere la cassa sospesa su cinghioni di cuoio. Qualificati con il nome di “Cutschen” dal quale derivò il nome di cocchio ad uso nostrano. L’introduzione delle vetture a cassa sospesa e il desiderio di muoversi con una maggior agevolezza fece sì che l’usanza di viaggiare con carri e carrozze venisse ad estendersi in modo considerevole, sebbene il loro uso fosse ostacolato da editti papali che ne sconsigliavano l’uso. Le numerose testimonianze bibliografiche fanno riferimento all’introduzione delle carrette o cocchi dondolanti sospesi o mediante catene o mediante cinghioni, intorno al 1400 introdotti dall’Ungheria in Italia.
Coche di Filippo II – 1619 Lisbona – Museo de Coche
Dobbiamo affidarci all’archeologia per avere delle risposte al riguardo sul sistema di sospensione della cassa. La ricostruzione di un carro da viaggio, visibile presso il Museo Romano a Colonia, dai reperti ritrovati durante gli scavi in Bulgaria sono emersi componenti metallici il cui studio ha permesso di ricostruire il carro a cui appartenevano. All’ingegno della sua progettazione si aggiunge il fatto che l’abitacolo è collegato al telaio nei quattro punti coincidenti con l’asse verticale delle ruote, un magnifico ed efficace sistema di ammortizzazione, a tutti gli effetti, con la presenza di quattro bracci disposti lateralmente (due per parte) che sorreggono la cassa del carro tramite corregge di cuoio. Questo conferma che già in epoca romana era stato ideato questo sistema oscillatorio per rendere meno disagevole la permanenza delle persone all’interno o a bordo cassa.
Recenti scoperte di reperti risalenti al III secolo d. C. avvenuta nella Croazia orientale, nel sito di Stari Jankovci nel 2019 al confine con l’Ungheria meridionale, è tra i più importanti e suggestivi ritrovamenti, Il rinvenimento di un carro romano con ruote e con gli scheletri dei cavalli di una ricca famiglia della Pannonia. Dalla ricostruzione effettuata si nota chiaramente il sistema di sospensione della cassa tramite delle corregge in cuoio, la cassa dunque non era rigida e non sopperiva tutti gli scossoni dati dalle asperità del terreno, ma grazie a questo meccanismo, questo carro romano ha potuto compiere un lungo viaggio di migliaia di chilometri. Esportato sino ai confini dell’Impero Romano rimase in uso nell’Impero Romano d’Oriente (Bizantino) sino alla sua reintroduzione verso il 1400 nei paesi occidentali, un periodo che segnò la ripartenza dell’evoluzione della “carrozza”.
Come perfezionamento tecnico, verso il 1560 si cercò di sostituire ai cinghioni e alle catene che sostenevano la cassa delle balestre ad arco in acciaio. Data la tecnica poco progredita nella fabbricazione degli acciai i risultati furono deludenti, rotture e piegamenti delle medesime costrinsero ad attendere ulteriori progressi dell’industria metallurgica. Queste “moderne carrozze” iniziarono a richiedere diversi accorgimenti per poter viaggiare, un’esigenza molto importante fu la ricerca di un sistema di frenatura del carro nelle discese. Un primo accorgimento rudimentale furono due barre dotate di una certa elasticità che contrastavano sul terremo, fissate alla cassa passando sotto il mozzo della ruota per cercare di creare un effetto di frenatura.
Nel secolo XVIII le carrozze e i carri, nelle loro linee generali, assunsero la parvenza di grandi lettighe o lettiere montate su ruote. Infatti, destinate alle corti d’Europa, vennero costruite soprattutto in Italia, carrozze di gran gala e da cerimonia, cocchi per i dignitari della Chiesa, per principi e l’alta nobiltà. Dove prevalse un gusto decorativo che si adattava ad una ornamentazione dello stile barocco. Siamo nell’epoca in cui i domestici prendono posto sopra uno sgabello posteriore anche nei calessi a due ruote, questo perché oltre alla costruzione di vetture pompose destinate alle corti, si costruirono anche un buon numero di vetture per la borghesia. Dal punto di vista costruttivo quanto maggiormente interessa l’evoluzione dei veicoli durante i primi secoli dell’epoca moderna, non è tanto la forma della cassa o della ruota, quanto l’introduzione delle molle. Quando nella loro evoluzione i processi metallurgici furono in grado di produrre acciai di qualità migliore, i veicoli abbandonarono il sistema di sospensioni su cinghie per adattare fra i longheroni e la cassa i sistemi più vari di molleggio. Le carrozze sospese, i cosidetti “Chars branlants” dopo un certo uso venivano a perdere molto delle loro qualità, sia perché i cinghioni perdevano in breve la poca elasticità, sia perché gli attacchi dei cinghioni stessi ai punti di ancoraggio, per effetto delle sollecitazioni a cui erano sottoposti, tendevano ad irrigidirsi sempre più. La costruzione di carri e carrozze ebbe, non solo a continuare in modo molto intenso, sia verso la fine del XVIII secolo come durante il XIX secolo, ma ebbe altresì a perfezionarsi nelle forme, così da adattarsi agli scopi a cui erano destinati.
Iniziò una progressiva trasformazione, dalle pesanti berline barocche ricche di intagli e sculture, con la tendenza a togliere tutto quanto era superfluo. Nel volgere di pochi decenni la carrozza venne ad assumere al principio del XIX secolo forme simili a quelle che conosciamo. Il cavallo come una crisalide subì un’importante metamorfosi, elevandosi ai massimi livelli con l’allevamento e la selezione delle miglior razze carrozziere, conteso da nobiltà e borghesia. La moda del guidare si estese facilmente a uomini e donne, prima in Inghilterra e successivamente in tutta l’Europa, per le città circolavano dame in tilbury e cabriolet, un equipaggio Hackney guidato da una signora era senza dubbio cosa di somma grazia. Il 1800 segnò sicuramente l’epopea d’oro del cavallo e della carrozza in tutte le sue forme. Anche se la continua evoluzione industriale portò nel giro di pochi decenni al passaggio, dalla trazione animale a quella meccanica, trasformando il nostro stile di vita, declassando il nobile animale “il cavallo” che aveva accompagnato l’uomo nei secoli al ruolo di outsider. Relegato ai margini, spesso oltraggiato da animalisti illusi, che fortunatamente trova ancora oggi una sua degna collocazione negli sport equestri quale compagno e maestro di vita dell’uomo.