Immaginiamo un Cavallo al galoppo… la sua criniera al vento, i muscoli che spingono con potenza, il ritmo del suo respiro che si fonde con il battito degli zoccoli sulla terra. È l’immagine perfetta della libertà. Ma se mentre corre, iniziasse a vedere un recinto che si stringe sempre più attorno a lui, cosa accadrebbe? All’inizio potrebbe non farci caso. Forse penserà di avere ancora uno spazio sufficiente. Poi, un giorno, senza accorgersene, inizierà a frenare da solo, ancora prima di vedere lo steccato e a muoversi solo all’interno con un movimento ormai inconsciamente condizionato.
Questa è la metafora della Libertà negata, che non arriva con catene visibili, ma con un condizionamento sottile e progressivamente più incisivo.
Ma questo non riguarda solo i Cavalli.
IL RECINTO INVISIBILE
Nello sport, come in ogni comunità, il confronto è essenziale per crescere. Il dibattito, il pluralismo di idee e la partecipazione attiva, non sono elementi di disturbo, ma il motore del cambiamento. E’ fondamentale favorire lo sviluppo del pensiero critico se si vuole favorire l’evoluzione del sistema, altrimenti si rischiano una pericolosa chiusura ed una inevitabile involuzione dello stesso. È proprio come un Cavallo che, percependo un recinto invisibile, smette di galoppare liberamente.
L’equitazione è una disciplina fondata su un dialogo continuo, sull’equilibrio, sulla comunicazione, sulla fiducia reciproca e sul rispetto. Valori che dovrebbero riflettersi anche nel modo in cui viene gestita la realtà sportiva. Perché la Libertà di esprimere una opinione, di proporre soluzioni, di sollevare criticità fondate ma anche di partecipare attivamente non sono privilegi concessi dall’alto, ma il fondamento di un diritto che riguarda tutti noi.
In certe organizzazioni sportive esistono dei recinti che non si vedono ma si sentono.
È il recinto della paura, della ritorsione, dell’intimidazione. Chi si permette di sollevare dubbi, di mettere in discussione scelte gestionali opinabili, viene messo in disparte; chi critica, subisce pressioni e persino denunce, chi pensa in modo autonomo spesso viene visto come una minaccia da chi -invece- ha interesse a mantenere un potere.
QUANDO SMETTIAMO DI CORRERE
E così, a poco a poco, le persone imparano a muoversi solo nello spazio concesso, e smettono di galoppare liberamente, rinunciando alla Libertà che invece è sinonimo di ampiezza, di apertura, di leggerezza, di gioia, di Valore, di Vita.
Rinunciano a parlare, a chiedere, a pretendere trasparenza. Perché sanno che oltre quel limite ci sono conseguenze. Mi piacerebbe che tutto questo costituisse una spinta a riflettere su come le dinamiche di gestione possano limitare le potenzialità di un sistema che, invece, dovrebbe alimentarsi con il confronto, con l’ascolto, e con la partecipazione attiva. E’ fondamentale, infatti, ricordare che la Libertà di esprimere un’opinione e di contribuire attivamente al miglioramento non è un privilegio concesso dall’alto, ma un diritto di ciascuno e, dall’altro lato, dovrebbe essere un dovere di ascolto.
Se vogliamo che l’equitazione cresca e che il management sia all’altezza delle aspettative di chi la vive ogni giorno -mi riferisco a istruttori, atleti, circoli, appassionati, giudici, veterinari etc…- dobbiamo riconoscere il nostro ruolo attivo. Non siamo semplici destinatari di decisioni prese altrove, ma parte integrante di un sistema che può funzionare solo se c’è un dialogo reale e responsabile tra l’istituzione e il territorio, tra chi organizza e chi pratica, tra chi paga e chi gestisce i suoi soldi. Un sistema che sa confrontarsi, che ascolta le istanze di chi ne fa parte. Chi assume il ruolo statutario di gestire, assume anche il dovere morale di fornire servizi adeguati alle esigenze della comunità e non può agire come se avesse una struttura impenetrabile con decisioni indiscutibili. Deve essere aperto, trasparente e inclusivo, in senso lato.
RIPRENDERSI LO SPAZIO
Un Cavallo che dopo un periodo di costrizione, scopre improvvisamente di poter galoppare in un vasto spazio libero, impiega qualche istante a riconoscere quella nuova realtà, per poi lasciarsi travolgere da una corsa senza limiti, ritrovando il piacere immenso della Libertà.
E noi? Siamo consapevoli del valore che abbiamo all’interno del nostro sport e della nostra società? Siamo pronti a dare un contributo attivo, coerente e decisivo per costruire un ambiente sportivo migliore?
La Libertà non è un dono. È qualcosa che si esercita ogni giorno. Deve esser vissuta e difesa o la si perde senza rendersi conto.
Ricordiamo: il futuro del nostro sport, così come il futuro della nostra vita, è nelle mani di ciascuno di noi. Agendo insieme, con coraggio, lucidità, e competenza, possiamo garantire che il recinto invisibile si dissolva, lasciando spazio a una corsa libera ed appagante per tutti. Una bella galoppata da ripetere tutte le volte che ne sentiamo l’esigenza e durante la quale possiamo esprimere veramente chi siamo e cosa vogliamo.
È interessante il parallelismo in tema di Libertà tra l’orientamento legislativo studiato per il benessere dei cavalli, soprattutto nei Paesi Nordici, che, in linea generale, impone ai maneggi e ai gestori di cavalli di garantire loro quotidianamente un determinato tempo in ampi spazi all’aperto, e l’esigenza di una comunità di poter vedere garantito “un ambiente aperto” che stimoli il pensiero critico, la libera espressione e l’indipendenza da interessi di parte.
In entrambi i casi la declinazione del concetto di Libertà assume un valore inestimabile, anzi vitale per lo sviluppo di un sistema che deve tutelare il Bene Comune e promuovere per i giovani e per le generazioni future indirizzi formativi ed esperienziali assolutamente validi.
ANALOGIA UTILE
È decisamente inevitabile una riflessione sulla figura del leader. Infatti, un capo che impone il suo potere utilizzando i recinti come strumento di controllo può forse ottenere obbedienza nel breve termine, ma alla lunga genera resistenza, sfiducia, e probabilmente il crollo del sistema stesso. Chi comanda in questo modo -evidentemente- teme il confronto. Giova l’analogia con ciò che avviene negli animali: in un branco esiste una figura di riferimento, un capobranco. Ovviamente le caratteristiche variano a seconda delle specie, ma in generale i tratti comuni sono l’esperienza, la capacità di prendere decisioni che garantiscono la sopravvivenza del gruppo, come trovare cibo, proteggere i più deboli, e mantenere la coesione. Inoltre, deve essere in grado di comunicare perfettamente con il gruppo, stabilendo regole chiare, e anticipando i pericoli. Negli umani un leader deve avere sicurezza e coerenza, se tentenna o manda segnali contradditori, il gruppo si disorienta. Deve anche essere autorevole senza bisogno di imporre la sua posizione con la forza, perché la vera leadership si basa sul rispetto e sulla fiducia e non sulla paura. Inoltre, come il leader nel mondo animale guida il branco, così nell’uomo questo si traduce nell’abilità di prendere decisioni che non favoriscano il singolo, ma tutta la comunità.
Parimenti la comunicazione è essenziale in entrambi i casi. Il capobranco comunica con il corpo, lo sguardo, la postura, mentre un leader umano deve saper trasmettere il proprio messaggio con chiarezza, empatia e saggezza. È una leadership naturale che si fonda sul rispetto e sulla coesione. Viceversa, chi governa in modo autoreferenziale e con sistemi certamente discutibili, spesso lo fa per mantenere un assetto che garantisce vantaggi a sé stesso e -finché ne ha convenienza- anche al suo entourage. Dopodiché, in assenza di sua utilità, anche l’entourage può esser messo da parte e sostituito.
Come afferma Erich Fromm nel suo celebre “Avere o Essere”, “la società moderna ha insegnato all’uomo ad identificarsi con ciò che possiede piuttosto che con ciò che è”. Se ci arrendiamo all’idea che il tornaconto personale sia la priorità assoluta, rischiamo di svuotare di significato il nostro ruolo all’interno di un sistema che dovrebbe essere in grado di migliorarsi grazie al confronto tra contenuti diversi.
LA LEZIONE DI UN CAVALO
“IL cambiamento inizia da noi, da ogni gesto e decisione che prendiamo ogni giorno. Scegliere la coerenza e comprendere il valore autentico del nostro ruolo non è solo un atto di coraggio, ma la chiave per costruire un futuro più giusto. E Tu sei pronto a fare la tua parte?
Grande e sottile.