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Il tramonto come enigma: Raffaele Curi e la sua riflessione su arte, memoria e società alla Fondazione Alda Fendi – Esperimenti

La Fondazione Alda Fendi – Esperimenti si configura da oltre vent’anni come un laboratorio di sperimentazione artistica, un luogo dove il confine tra le discipline si dissolve per dare vita a opere che interrogano lo spettatore. Il lavoro della Fondazione si innesta su un’idea di mecenatismo che si nutre di visione, di un’attenzione costante alla città di Roma e ai suoi spazi storici, ma soprattutto di un rapporto privilegiato con la scena internazionale dell’arte e della cultura. La figura di Alda Fendi emerge non solo come patrona delle arti, ma come fautrice di un dialogo tra il patrimonio artistico e le espressioni contemporanee.

 

In questo contesto si inserisce la nuova mostra-installazione “Is it sundown?” (“E’ il tramonto?”) di Raffaele Curi, in programma alla Fondazione Alda Fendi – Esperimenti a Roma, negli spazi di Rhinoceros gallery, da martedì 26 febbraio fino al prossimo 15 ottobre. Un percorso espositivo che interroga il visitatore sul senso del tramonto, inteso non solo in senso visivo, ma anche simbolico. Il crepuscolo diventa metafora di una transizione epocale, di una crisi dello spettacolo tradizionale e di un nuovo paradigma che avanza tra intelligenza artificiale e ridefinizione delle narrative culturali.

 

Raffaele Curi, direttore creativo della Fondazione (ph Carlo Bellincampi)

Un viaggio tra citazioni e inquietudini contemporanee

Raffaele Curi, direttore artistico della Fondazione, costruisce un’esperienza espositiva che attinge alla memoria collettiva per interrogare il presente. La mostra prende ispirazione da “Tramonto a New York” di Gaetano Pesce, un’opera che già nel 1980 anticipava la dissoluzione di un modello culturale ed economico. Allo stesso modo, “Is it sundown?” si muove tra suggestioni letterarie e cinematografiche, che evocano Karl Kraus, Stephen King e David Lynch, per mettere in scena un mondo in bilico tra apoteosi e declino.

 

La struttura dell’allestimento riflette questa dicotomia. L’ingresso accoglie il visitatore con il contrasto tra una scena del film “La caduta dell’Impero Romano” e una sequenza senza audio che documenta l’incendio delle Palisades a Los Angeles. Il dialogo tra queste immagini diventa un confronto tra un passato glorioso e un presente segnato dall’incertezza.

 

L’itinerario prosegue con il divano “Tramonto a New York”, chiuso in una gabbia d’alluminio che impedisce ai visitatori di sedersi: un’immagine potente della negazione del primato culturale di New York. Il concetto si rafforza nella sala successiva, dove una sfera gialla si espande fino a occupare lo spazio espositivo prima di dissolversi, accompagnata dalla frase “La mente intuitiva è un dono sacro. La mente razionale è un fedele servo. La nostra società adora il servo e ha dimenticato il dono”. “Non voglio credere al tramonto di un’epoca e spero fortemente che il nostro momento storico non sia caratterizzato da venti di disfatta”, afferma Alda Fendi, “Mi appello alla religione degli artisti, che è sempre quella vincente, che con la loro originale scrittura quadrata sappiano darci il barlume di una nuova era”.

Alda Fendi, Presidente della Fondazione omonima (ph Fondazione Alda Fendi)

L’installazione si conclude con la presenza di David Lynch, materializzata attraverso sagome sospese e silenziate da nastri di negativi cinematografici. La metafora della censura e dell’incomunicabilità permea l’intero allestimento, sottolineando il timore che l’arte e il cinema possano perdere la loro funzione critica nel nuovo ecosistema digitale.

 

Il dialogo con la storia e la città

La mostra non si limita a essere un’esposizione statica, ma si innesta nel tessuto urbano e culturale della città di Roma. Lo spazio che la ospita, il palazzo Rhinoceros, è un esempio di come Alda Fendi abbia trasformato un edificio storico in un laboratorio artistico permanente. Progettato da Jean Nouvel, Rhinoceros è pensato come un quartiere dedicato all’arte, un luogo di confronto che ospita opere di fama internazionale, come “L’Adolescente” di Michelangelo, portato a Roma grazie alla Fondazione.

 

Questa visione di apertura internazionale e di dialogo con la storia caratterizza da sempre il lavoro della nota mecenate, il cui impegno ha portato alla riscoperta di siti archeologici come il Silos nel Foro Traiano e alla valorizzazione dell’Arco di Giano, illuminato in modo permanente grazie alla collaborazione con Vittorio Storaro, uno dei più grandi direttori della fotografia nella storia del cinema.

il divano “Tramonto a New York” di Gaetano Pesce (ph Fondazione Fendi)

Tra memoria e futuro

“Is it sundown?” si inserisce dunque in un più ampio progetto culturale che non si limita a celebrare il passato, ma cerca di decifrare il presente e anticipare il futuro. Raffaele Curi, con la sua carriera che spazia dalla recitazione alla regia, dalla drammaturgia all’installazione artistica, continua a interrogarsi sul ruolo dell’arte in un mondo in trasformazione. La sua ricerca si nutre di riferimenti eterogenei, dalle esperienze al fianco di Man Ray e Gian Carlo Menotti fino agli spettacoli realizzati con la Fondazione Alda Fendi, sempre improntati a una fusione di linguaggi e simboli.

 

Il quesito posto dalla mostra, “Is it sundown?”, rimane volutamente aperto. È un invito a riflettere sul significato della crisi e sulla possibilità che ogni tramonto contenga in sé la promessa di un nuovo inizio.

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