Iniziative popolari, crisi demografica e partecipazione democratica, le questioni dell’Italia che cambia spariscono dall’informazione mainstream e restano ai margini della politica
In Italia, il panorama dell’informazione continua a riservare la massima attenzione su politica, cronaca nera e sport. A confermare questa tendenza è un recente studio dell’Osservatorio praticanti della Scuola di giornalismo Walter Tobagi, che evidenzia come testate di rilievo nazionale come La Repubblica, Il Corriere della Sera, La Stampa, Il Giornale e Il Messaggero dedichino appena l’1% dello spazio complessivo a tematiche sociali. La politica, invece, resta saldamente al centro di notiziari e approfondimenti.
Questa disparità si riflette anche nella narrazione online e sui social media, dove argomenti come diritti umani, inclusione, disabilità e lotta alle mafie faticano a emergere nel dibattito pubblico. La scarsità di informazione su questi temi alimenta un circolo vizioso: ciò che non viene raccontato rimane ai margini della coscienza collettiva, lasciando intere fasce vulnerabili della popolazione prive di voce.
Temi civili e inclusione? Fuori dai palinsesti
Un quadro analogo emerge dalla recente edizione del Diversity Media Report 2023, che segnala una flessione delle notizie sui temi LGBTQ+ nei telegiornali nazionali. Anche la disabilità riceve un’attenzione sporadica, spesso superficiale. In particolare, quella visiva è trattata raramente e senza approfondimenti, contribuendo a rafforzare l’idea che certe tematiche non meritino spazio nei canali televisivi.
Non sorprende, dunque, che iniziative nate dal basso, come le proposte di legge di iniziativa popolare, fatichino a trovare spazio nei grandi media italiani. Pur essendo strumenti sanciti dall’articolo 71 della Costituzione, sembrano condannate a restare escluse dai principali palinsesti. Per chi promuove queste iniziative, raggiungere le redazioni di Rai, Mediaset o La7 è un’impresa ardua, resa ancor più complessa dall’apparente mancanza di volontà di aprire spazi a voci provenienti dalla società civile.
Le iniziative popolari invisibili nei media
Emblematico è il caso del movimento Pensiero Popolare Italiano che, lo scorso 10 gennaio, ha depositato presso la Corte di Cassazione una Proposta di legge di iniziativa popolare dal titolo Istituzione della Fondazione per la Famiglia e disposizioni per il sostegno economico e fiscale alle famiglie con figli. Nonostante la pubblicazione ufficiale sulla Gazzetta Ufficiale, l’iniziativa ha trovato scarsissima eco nei principali canali di informazione.
Fabio Desideri, Segretario Nazionale del Movimento, ha definito questa assenza di attenzione “un vero ostacolo alla partecipazione democratica. I cittadini restano all’oscuro di strumenti previsti dalla stessa Costituzione, che dovrebbero dare loro la possibilità di essere parte attiva nelle decisioni legislative“.
La natalità ai minimi storici: un allarme ignorato
La proposta affronta una delle emergenze più gravi e più ignorate del nostro tempo: il crollo della natalità. Nel 2023, in Italia sono nati appena 379 mila bambini, il dato più basso nella storia del Paese. Il tasso di fecondità è sceso a 1,24 figli per donna, ben lontano dalla soglia di sostituzione generazionale. Allo stesso tempo, il 24% della popolazione ha superato i 65 anni e gli ultraottantenni rappresentano quasi l’8%. Una struttura demografica sempre più sbilanciata che minaccia la tenuta del sistema socio-economico e del welfare.

Sempre più famiglie in difficoltà economica (ph web)
Gli strumenti attualmente in vigore, come l’assegno unico universale, non sembrano sufficienti per contrastare il fenomeno. Il massimo erogabile, pari a 199,40 euro mensili per figlio, è riservato a chi ha un ISEE fino a 17.090 euro, mentre chi supera i 45.574 euro riceve appena 57 euro al mese. Di fatto, molte famiglie, soprattutto quelle a reddito medio o monogenitoriali, restano escluse da forme di sostegno realmente adeguate. Una madre single su dieci vive in condizioni di povertà assoluta. Crescere un figlio costa oggi circa 175 mila euro, una cifra che scoraggia molte coppie dal mettere su famiglia e rende difficile la gestione quotidiana anche a chi non risulta “formalmente povero” secondo le statistiche ufficiali.
La proposta di Pensiero Popolare Italiano intende colmare queste lacune, istituendo una Fondazione per la Famiglia che si differenzia dagli strumenti già esistenti per struttura e finalità. La Fondazione, controllata da un Comitato di gestione, dal Ministero dell’Economia e dalla Corte dei Conti, sarebbe finanziata non solo da risorse pubbliche, ma anche da contributi volontari di cittadini e imprese, incentivati attraverso agevolazioni fiscali.
Un sostegno reale alle famiglie: la proposta che non si racconta
Le misure previste includono sostegni economici diretti, non occasionali, alle famiglie numerose, ai genitori separati e a quelle monogenitoriali, inclusi cittadini comunitari ed extracomunitari con figli nati in Italia, agevolazioni fiscali per chi decide di avere figli, contributi per spese essenziali come mutui, bollette, servizi scolastici e sanitari, con un’attenzione particolare a chi rientra in fasce di reddito comprese tra i 25.000 e i 40.000 euro di ISEE.
Un modello pensato per riportare la famiglia al centro delle politiche pubbliche, non come soggetto astratto, ma come nucleo fondamentale per la coesione sociale e per la sostenibilità futura del Paese.
Eppure, come molte altre iniziative nate dalla società civile, anche questa rischia di restare confinata ai margini del dibattito pubblico, soffocata dalla scarsa attenzione dei media.
Desideri, in conclusione, si chiede “Possiamo davvero parlare di partecipazione democratica se strumenti a disposizione dei cittadini, come le iniziative popolari, sono sistematicamente ignorati dai principali mezzi di comunicazione? E, di conseguenza, quanto pesano le scelte editoriali dei media nel mantenere invisibili alcuni dei problemi più urgenti del Paese?”
Domande che, per ora, restano senza risposta.