Applausi lunghi e commossi ieri sera al Teatro Petruzzelli di Bari per la prima proiezione de Le assaggiatrici, il nuovo film di Silvio Soldini, evento clou della giornata inaugurale del Bif&st 2025. Il regista milanese ha portato sul grande schermo un racconto potente, liberamente ispirato alla vera storia di Margot Wölk – una delle donne costrette ad assaggiare i pasti destinati ad Adolf Hitler – e tratto dal romanzo omonimo di Rossella Pastorino, vincitore del Premio Campiello nel 2018.
In sala, oltre al regista, anche un parterre d’eccezione: la stessa Pastorino, la sceneggiatrice Doriana Leondeff, i produttori Lionello Cerri e Cristiana Mainardi, e il cast principale, con una magnetica Elisa Schlott nei panni di Rosa, affiancata da Max Riemelt e Alma Hasun. Una presenza che ha dato al pubblico l’occasione di sentire dalla viva voce dei protagonisti la genesi di un’opera intensa, stratificata, profondamente umana.
Il film si apre nell’autunno del 1943, in un’Europa lacerata dalla guerra. Rosa, giovane berlinese, fugge dai bombardamenti della capitale per rifugiarsi in un remoto villaggio al confine orientale, dove vivono i suoceri. Il marito è al fronte, e da lì le ha scritto, consigliandole di mettersi in salvo. Ma la tranquillità del luogo è solo apparente: poco distante, nascosta tra gli alberi, sorge la famigerata “Tana del Lupo”, quartier generale del Führer.
La svolta arriva all’alba, quando Rosa – insieme ad altre giovani donne del villaggio – viene prelevata e costretta a diventare una delle assaggiatrici ufficiali dei pasti destinati a Hitler. In un’atmosfera sospesa tra la paura costante e la fame quotidiana, le donne sviluppano un legame silenzioso, fatto di intese mute, sguardi complici e piccoli gesti di solidarietà. Rosa, straniera tra loro, fatica a integrarsi, ma col tempo conquista fiducia e rispetto. Tuttavia, la fragilità delle certezze in guerra si manifesta presto: un sentimento ambiguo, forse amore, forse puro istinto di sopravvivenza, la lega a un ufficiale delle SS. Ed è qui che Soldini – con delicatezza e rigore – ci porta nella zona grigia delle emozioni, dove non esistono risposte facili.
Con uno stile visivo essenziale, quasi austero, Silvio Soldini firma un film che evita ogni trionfalismo narrativo e si concentra invece sull’interiorità dei personaggi. L’orrore della guerra non viene mostrato con immagini crude, ma filtrato attraverso i volti, le attese silenziose, i piatti colmi di cibo potenzialmente letale. La tensione si insinua lenta, come il veleno che potrebbe essere ovunque.
Elisa Schlott offre una prova attoriale di grande spessore: il suo sguardo, a tratti smarrito, a tratti deciso, incarna alla perfezione la Rosa descritta dalla Pastorino. Accanto a lei, Max Riemelt tratteggia un ufficiale lontano dagli stereotipi, ambiguo quanto basta per farci riflettere sul confine sottile tra vittima e carnefice, tra attrazione e inganno.
Le assaggiatrici non è solo un film storico: è un’opera che ci interroga, oggi, su quanto sia facile cadere nella complicità, nel silenzio, nel compromesso, quando il mondo attorno si sgretola. La memoria di Margot Wölk e delle altre donne come lei diventa, in questo senso, un monito potente.
In un’epoca in cui guerre, autoritarismi e narrazioni tossiche tornano a farsi sentire in Europa e nel mondo, il film di Soldini ci ricorda quanto sia importante il coraggio della scelta, anche quella più intima, più scomoda, più umana.
Il pubblico del Petruzzelli ha accolto il film con grande partecipazione, suggellando con un applauso corale una serata di cinema che è anche, e soprattutto, un atto di memoria condivisa.
Massimo Longo