Dazi reciproci sui farmaci: La salute a rischio

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Il mercato globale dei farmaci, un pilastro dell’economia mondiale e un campo in cui si gioca la partita più importante per il benessere delle persone, rischia di essere sconvolto da una decisione che potrebbe sembrare, a prima vista, una manovra commerciale come tante altre. Parliamo dei dazi reciproci del 25% sui farmaci, una misura che gli Stati Uniti minacciano di applicare a Paesi come l’Italia, coinvolgendo l’intero settore farmaceutico mondiale. Un’idea che ha il sapore di un pugnale inferto proprio nel cuore di un sistema che, ogni giorno, cura milioni di persone.

La farmaceutica è un settore delicato, dove l’equilibrio tra ricerca, produzione e distribuzione di medicinali è fondamentale per garantire salute, innovazione e, in fondo, la qualità della vita di tutti noi. La notizia dei dazi, se mai dovesse concretizzarsi, potrebbe generare un vortice difficile da contenere, con effetti devastanti, non solo sul piano economico, ma anche sulla vita delle persone. Il rischio, come spiega Marcello Cattani, presidente di Farmindustria, è che l’intero sistema di filiera della salute entri in crisi.

L’impatto sui costi delle aziende farmaceutiche italiane

Prendiamo l’Italia, uno dei Paesi che più di altri è protagonista in questo campo. Nel 2024, le esportazioni italiane di farmaci e vaccini verso gli Stati Uniti hanno raggiunto un valore di oltre 10 miliardi di euro. Questo dato, che ci riempie di orgoglio, è anche il termometro di quanto il nostro Paese sia coinvolto in questo mercato globale. Se dovessero entrare in vigore dazi al 25%, il costo per le imprese italiane sarebbe enorme, pari a circa 2,5 miliardi di euro. Una somma che non solo graverebbe sulle spalle delle aziende, ma che avrebbe ricadute su tutto il sistema produttivo, dall’industria alla distribuzione, fino agli stessi consumatori.

Per comprendere meglio l’entità del problema, basta considerare che oggi i farmaci italiani, diretti verso gli Stati Uniti, non subiscono dazi. L’idea che da domani possano veder aumentare i loro costi per effetto di una misura protezionistica, è un azzardo che potrebbe rallentare la produzione, compromettere la competitività delle nostre aziende e, di conseguenza, rendere più difficoltoso l’accesso ai farmaci per i cittadini americani e non solo. Una vera e propria tegola che rischia di colpire i più vulnerabili: i malati e chi ha bisogno di cure.

Un colpo all’economia e alla salute globale

A pensarci bene, l’effetto che questi dazi potrebbero avere sull’intera economia globale è catastrofico. Se a livello mondiale i costi per le aziende farmaceutiche salissero di 76,6 miliardi di dollari, i danni si estenderebbero ben oltre le mura delle aziende italiane. Non solo la nostra industria, ma anche quella degli altri Paesi produttori di farmaci ne risentirebbe pesantemente. E a pagare non sarebbero soltanto le imprese, ma, alla fine, tutti noi. I consumatori, i pazienti, le famiglie, in particolare quelle che già faticano a far fronte alle spese per le cure mediche. Un dazio che si trasformerebbe in un aumento dei costi, con il rischio di ridurre l’accesso alle cure, con gravi conseguenze per la salute pubblica globale.

Le parole di Cattani: “Un rischio per la nostra industria e per tutti”

Cattani, con il tono serio che ben conosciamo, mette in evidenza le contraddizioni di una mossa che potrebbe essere controproducente per gli stessi Stati Uniti. Se, infatti, da un lato l’America cerca di proteggere il proprio mercato, dall’altro non può ignorare che l’industria farmaceutica è un settore globale, in cui ogni Paese gioca il suo ruolo. In un mondo globalizzato, dove i confini si assottigliano ogni giorno di più, un colpo inflitto all’Italia potrebbe riverberarsi con effetti altrettanto devastanti per le stesse aziende americane. Il presidente di Farmindustria è chiaro: “Non farebbe bene a nessuno”, e con ragione.

Il governo italiano, e l’Unione Europea, stanno cercando di evitare questo scenario apocalittico. Si stanno adoperando affinché questa minaccia non si concretizzi. Ma la partita è difficile. Bisogna negoziare, convincere, persuadere. È una battaglia diplomatica, dove non si tratta solo di soldi, ma della salute di milioni di persone. Se, infatti, gli Stati Uniti alzano i dazi sui farmaci, ciò rischia di scatenare una reazione a catena che coinvolgerebbe non solo la filiera produttiva, ma anche la qualità delle cure, l’accesso ai medicinali e, in ultima analisi, il benessere di tutti.

La salute non ha confini

La verità è che la salute non ha confini. La lotta contro malattie e virus, la ricerca e lo sviluppo di nuovi farmaci, sono sfide che appartengono all’intera umanità. Pensare di risolverle con i dazi sarebbe un errore storico. La salute di un popolo non può essere messa a rischio da dispute commerciali. Il sistema sanitario globale, da quello italiano a quello statunitense, è interconnesso. Ogni mossa sbagliata può avere ricadute devastanti, come insegna la storia della medicina.

Se non verrà trovato un compromesso, la vera sconfitta non sarà quella di un Paese o di un altro, ma della salute stessa. Le persone, i pazienti, i cittadini sono quelli che pagano il prezzo più alto. Questo è il vero pericolo dei dazi sui farmaci. E, mentre il mondo si interroga su come evitare questa tragedia economica, la domanda resta: la salute può davvero essere messa in discussione per un gioco di numeri e bilanci? Se la risposta è no, allora non possiamo permetterci che questo scenario diventi realtà.

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