La complessità nell’approccio alla violenza e l’importanza di una rete di solidarietà sociale

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La violenza, in particolare quella domestica e di genere, rappresenta un fenomeno complesso che implica il coinvolgimento di vari sistemi sociali, psicologici, culturali e istituzionali. La prevenzione e la gestione di episodi violenti e dei rischi di ricaduta da parte dei carnefici richiedono un approccio integrato, che tenga conto non solo del comportamento individuale, ma anche dei contesti e delle dinamiche più ampie in cui questi si manifestano. In questo contesto, l’approccio ecologico e la consapevolezza decisionale rivestono un ruolo cruciale. Tuttavia, tali approcci devono essere confrontati e distinti rispetto ad altri modelli teorici, come la Teoria dei Sistemi di Niklas Luhmann.

La Teoria dei Sistemi di Niklas Luhmann ha aperto nuove prospettive nello studio dei fenomeni complessi, in particolare nelle scienze sociali, dove la comprensione delle dinamiche sistemiche può rivelarsi fondamentale per affrontare problematiche come la violenza. Luhmann, con la sua teoria, ha posto l’accento sull’importanza di comprendere i fenomeni sociali come sistemi complessi e auto-organizzati, che operano attraverso comunicazioni e interazioni all’interno di un contesto sociale più ampio. I sistemi sociali, secondo Luhmann, non sono rigidamente determinati da leggi universali, ma si adattano ed evolvono in risposta agli stimoli interni ed esterni, creando così una continua interazione tra i vari livelli di osservazione e interpretazione.

Nel caso della violenza, i sistemi sociali che la riguardano, come le istituzioni giuridiche, sanitarie, educative e familiari, non possono essere trattati in modo isolato, ma devono essere visti come parte di un ecosistema che comprende individui, gruppi, valori culturali, e politiche pubbliche. Questi sistemi interagiscono e influenzano i comportamenti individuali e collettivi, e una violenza perpetrata da un individuo può generare effetti inaspettati su molti altri attori del sistema sociale.

L’approccio ecologico si basa sulla visione, che i comportamenti degli individui siano influenzati e determinati dai sistemi in cui sono immersi, inclusi l’ambiente familiare, sociale, culturale e istituzionale. In particolare, per quanto riguarda la violenza, è fondamentale riconoscere come l’individuo non agisca in isolamento, ma sia inserito in un contesto che può sia facilitare che ostacolare comportamenti violenti. La consapevolezza decisionale è quindi cruciale: i professionisti, le forze dell’ordine, i servizi sociali e le istituzioni devono comprendere come le decisioni prese a vari livelli (personale, familiare, istituzionale) possano influire sull’esito di una situazione violenta.

Un altro concetto importante da esplorare è quello della codifica del rischio attraverso sistemi binari. In molte situazioni, le società cercano di affrontare il rischio distinguendo tra ciò che è considerato “sicuro” e ciò che è “pericoloso”. Questi sistemi binari, pur essendo utili per la gestione immediata del rischio, presentano dei limiti significativi quando si trattano fenomeni complessi come la violenza. Nel caso della violenza, la codifica binaria del rischio potrebbe sembrare efficace, ma rischia di non cogliere tutta la complessità delle situazioni, come i fattori psicologici, culturali o economici che possono contribuire alla perpetuazione del fenomeno. Ad esempio, un comportamento violento potrebbe non essere sempre immediatamente identificabile come pericoloso, e la persona che lo compie, potrebbe non essere facilmente classificata come un “aggressore” in senso stretto, ma piuttosto come un individuo che opera all’interno di un sistema che lo spinge, o lo induce, a compiere atti violenti.

Il sistema binario, pur essendo utile per scopi operativi, non è sufficiente per gestire la complessità sociale che genera fenomeni come la violenza. Spesso, infatti, i rischi associati alla violenza non sono facilmente codificabili come “accettabili” o “non accettabili”. Molte delle ricadute della violenza, ad esempio, possono essere difficili da prevedere, in quanto il comportamento violento potrebbe emergere in modi imprevedibili, influenzato da fattori che non rientrano nelle categorie binarie di “sicurezza” e “pericolo”. Le deviazioni che emergono dal sistema binario possono produrre esiti non codificabili, complicando ulteriormente l’identificazione e la gestione del rischio. Tali esiti imprevedibili dimostrano l’importanza di una rete di solidarietà sociale e di una consapevolezza decisionale più ampia che possa fare fronte a queste dinamiche complesse. La Teoria dei Sistemi di Luhmann ha il merito di offrire un modello utile per comprendere le dinamiche dei fenomeni sociali come processi complessi, ma presenta alcuni limiti nel trattare il rischio di ricaduta della violenza. In particolare, la codifica binaria di ciò che è “sicuro” e “pericoloso”, un aspetto centrale nella teoria di Luhmann, non è sempre applicabile a situazioni complesse come quelle relative alla violenza. La teoria luhmanniana non fornisce una soluzione sufficiente per affrontare l’incertezza e l’imprevedibilità della violenza, che può assumere forme diverse e sfuggire a una semplice classificazione. La difficoltà di applicare un sistema binario alle ricadute violente suggerisce che è necessario un approccio più dinamico e flessibile, in grado di considerare l’interazione tra i vari sistemi e le sue implicazioni.

L’introduzione di un approccio ecologico al rischio implica l’adozione di una visione che considera il contesto come una variabile cruciale nel determinare il comportamento degli individui. L’ambiente in cui una persona vive e interagisce con altri influisce profondamente sulle sue decisioni e azioni. Nel caso della violenza, ciò significa che non basta guardare al comportamento individuale per affrontare il problema, ma è necessario considerare anche le strutture sociali, le politiche pubbliche, e la cultura prevalente, che possono facilitare o ostacolare il verificarsi di atti violenti.

L’approccio ecologico può, dunque, promuovere una gestione condivisa del rischio che coinvolga tutti i soggetti e le istituzioni che fanno parte del sistema sociale, incluse le forze di polizia, i servizi sociali, i gruppi di supporto alle vittime, le scuole e le organizzazioni non governative. Solo attraverso un approccio integrato, che tenga conto della complessità sistemica, è possibile affrontare in modo efficace la violenza e prevenire le sue ricadute.

Un approccio integrato alla gestione del rischio di violenza deve ridurre la frammentazione delle decisioni, creando agenti sociali che possano fungere da osservatori del rischio, in grado di individuare e monitorare i fattori di rischio che non sono facilmente quantificabili. Propongo, infatti, un osservatorio operativo regionale delle relazioni, che in altri articoli spiegherò in dettaglio.

Un ultimo punto riguarda le condizioni di incertezza nella codifica del rischio di violenza. La violenza, infatti, è un fenomeno che spesso sfida le previsioni e può manifestarsi in modi difficili da anticipare. Le osservazioni di secondo ordine, come quelle relative alla violenza di genere, sono necessarie per comprendere come il rischio si sviluppi all’interno di contesti sociali complessi e come le politiche e le azioni di prevenzione possano essere continuamente adattate alla realtà in evoluzione. Invece di trattare il rischio come una questione dicotomica (sicuro vs pericoloso), è fondamentale adottare un approccio che consideri le sfumature e le probabilità di diversi scenari. La Teoria della Complessità suggerisce che si debba sviluppare un modello di valutazione del rischio dinamico, che possa evolvere in base alle nuove informazioni, ai cambiamenti nelle interazioni sociali e ai feedback provenienti da vari livelli del sistema sociale. L’approccio integrato ed ecologico al rischio di violenza dovrebbe puntare a una gestione condivisa e multilivello, dove non solo i professionisti, ma anche i membri della comunità e le istituzioni, sono coinvolti nel monitoraggio e nella gestione attiva del rischio. In questo modo, la violenza può essere trattata come un fenomeno complesso, in continuo cambiamento, che non può essere ridotto a semplici categorie di pericolo, ma che richiede una continua adattabilità e consapevolezza decisionale.

Una strategia efficace di prevenzione e gestione del rischio, perciò, deve considerare non solo le azioni del carnefice ma anche le reazioni dei vari attori coinvolti nel sistema (ad esempio, la famiglia, la scuola, i servizi di supporto, la comunità) e l’interazione tra questi. La rete di solidarietà sociale, che promuove una gestione del rischio condivisa, è essenziale per ridurre le ricadute, cioè il rischio che un individuo che ha compiuto atti violenti possa ripetere comportamenti dannosi.

foto Comune di Cagliari

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