Il ritorno alla Vita

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Il ritorno alla Vita 

Diventa ogni giorno sempre più difficile, anche se i moderni mezzi di comunicazione ci permettono di
viaggiare in modo virtuale, di accedere a informazioni da un capo all’ altro del pianeta; poi è una questione
di fiuto, di fortuna o di una ricerca certosina. A volte poi è solo una questione di punti di vista, c’è chi si
trova davanti ad una carrozza arrivata alla fine del suo ciclo di vita e vede solo un pezzo di legno destinato
al macero. C’è invece chi sa intuire subito, anche da un’immagine scattata con un’angolazione strana che ne
distorce le forme, sa coglierne il valore celato sotto anni di polvere. Ne intuisce forme e geometrie,
assapora l’intaglio della cassa eseguito con perizia dal cassarolo, accarezza con lo sguardo le fioriture dei
cuoi invecchiati dal tempo, intuisci subito che è lei, l’occasione che aspettavi da una vita adesso è lì a
portata di mano, ops web!
Prospettive apparentemente lontane e inconciliabili si incontrano, nasce lo scambio, come dei binari che
dopo essersi incrociati, si allontanano ognuno per la propria via. Dall’ illuminazione iniziale si è passati al
progetto concreto, l’inizio di una grande sfida con la filosofia di ridare la vita ad un passato rimasto
dimenticato per anni.
“Il progresso” in nome di questa parola si sono sacrificati secoli di fatiche manuali che colpo d’ascia dopo
colpo d’ascia, hanno dato forma a carrozze multiformi, attribuendo dignità e valore al lavoro di chi le ha
costruite. Artefici di un settore nato per sopperire ad esigenze di trasporto e di sviluppo, trasformandosi in
un’attività legata alla creatività e all’estro di valenti artigiani, che con grande impegno, passione e
professionalità hanno dato vita ad una materia prima, dandole un’anima e una storia.
"Il baratto", perché sempre di questo si tratta, poca valuta moderna in cambio di un pezzo di Storia antica,
a volte insignificante per chi non ne è a conoscenza; il primo passo è compiuto, ora occorre trovare le
conferme alle proprie intuizioni.
Decenni d’intemperie ne hanno corroso le sedute, la mera ruggine ha avvolto le parti metalliche, muffe
verdastre hanno steso la loro coltre lungo le fiancate. Per l’inquisitore sono momenti frenetici che
precedono la conferma di alcuni punti fissi, irrinunciabili per ogni intenditore. Il piacere di scoprire il
marchio di un noto costruttore, forse il migliore, il più famoso, un manager, un designer, un uomo che
aveva visto lontano in un’epoca in evoluzione.
Con gesti lenti e concentrici la paglietta scopre le prime lettere, “Milano” seguite da un nome “Cesare
Sala”;… ;immaginazione inizia a volare.

Una carrozza importante sarà sicuramente appartenuta ad una casata importante, occorre iniziare a
togliere la maschera di polvere, anni di intemperie hanno sovrapposto strati e strati di dimenticanza,
impietosa la spugna umida li cancella. Riemergono improvvisamente i fasti del passato, sugli sportelli
laterali un blasone, una corona a quattro punte e una scritta latina: “Terror et Pietas”.
Un “Legn de caccia”, una Cacciadora, costruita dalla ditta Cesare Sala che ha operato in Milano dal 1847 al
1890 ci fornisce un’indicazione sul suo probabile committente. Il periodo storico indica Giulio Litta
Modignani, nato a Milano il 28 sett. 1813 dal marchese Giovan Battista e Beatrice del marchese Ferdinando
Cusani, esponente di una delle famiglie del patriziato milanese.
Ricostruito il passato, occorreva deciderne il futuro, il legno è importante e necessita di un recupero
adeguato. Le luci artificiali possono diventare un sole notturno, occorre considerare la realtà dei fatti e
valutarne ogni possibilità. L’algoritmo matematico della "decisione" sentenzia un nuovo baratto e il legno;
s’invola lontano dalle sue origini. Il suo destino è già stato scritto, ancor prima che tutto questo succedesse,
legato da un invisibile filo di Arianna ripercorre a ritroso il suo cammino e riapproda nelle terre della sua
origine. I mercanti hanno concluso i loro affari, la stretta di mano ha suggellato il patto, un nuovo
proprietario ora ne determina il suo futuro, riportarlo alla vita.
La decisione è importante, occorre stabilire quale filosofia di pensiero scegliere; un restauro museale o un
restauro da attaccare la "muda" e via a gran carriera per i verdi campi dei Concorsi di Tradizione? Ci piace ammirare i Legni nei poli museali ancora integri della loro storia, ma ci piace ammirarli ancor più mentre passeggiano sui viali alberati, con il loro equipaggio al gran completo e vederli rivivere cosi, come se il
tempo non fosse mai trascorso.
La decisione è d’obbligo, per un proprietario appassionato dei bei legni, dei bei cavalli e della guida
Howelet, l’opzione attiva non si discute. Ora occorre trovare un bravo restauratore che sappia operare a
360°gradi per affidargli il lavoro nella sua totalità. Occorre arruolare un artigiano che abbia nel Dna il
segreto del “Legname de carocc” , che abbia ereditato quella chiavetta biologica che conserva nel nostro
profondo della memoria, fin nei più minimi dettagli, nozioni di una manualità ormai scomparsa.
In un paese della Brianza, di cui non voglio fare il nome, vive, or da sempre, uno di quegli artigiani che qui
tengono bottega a riparar carrozze, con timoni e stanghe nella rastrelliera, incudine e pialla, lesina, martello
e tanta passione. ” Alea iacta est”, il dado è tratto, così Giulio Cesare la esclamò per sottolineare che aveva preso tale decisione e che non ci sarebbe più stato modo di tornare indietro.
Ha dunque prevalso l’opzione-attiva, la più difficile e più criticabile, ma di sicuro la più avvincente, una sfida
nella sfida! A concilio i grandi saggi si ritrovano, a discuter di cuoi, tessuti, legni e colori, è solo
meticolosamente la mano del legnamaro svela i segreti. Si smontano ruote, assali e molle, sedute e pedane,
e dalla cassa emergon segreti, e alle vane parole si elevano certezze.
Di certo sappiamo, che dal passato nessuno è tornato, e non c’è dato sapere il suo lungo viaggio, dal suo
travaglio al suo oblio. Quel che ci resta è la teoria dei colori, è dal profondo che emerge la certezza, la
sovrapposizione dei colori non mente, l’originale è sempre il più profondo. Cambiano i tempi e cambiano le
mode, cambiano i gusti e anche i colori, ma sulla pelle ti rimane sempre quello con cui ti an creato. Tarli e
tarme vi an banchettato, incuria e degrado vi hanno regnato, passo dopo passo il legnamaro ti riporta alla
vita, un lavoro improbo che richiede tempo e fatica, con il committente che incalza, ansioso di veder finito il
suo prezioso talismano dal magico potere. Insomma un bel gioco, che ti fa alzare contento la mattina, che ti
lusinga l’ego e innaffia quella piantina che è la tua autostima.
Si son seguite le regole e i dettami, tra mille divergenze e problemi, ad ogni passo si è dato impegno,
passione, professionalità e tantissima manualità. Ogni carrozza è una sorpresa, e ognuna richiede di essere
capita, adattandosi alle sue curvature, agli intagli, agli incastri del legno, alla complessità della ferramenta, a

volte sbagliando, ma sempre orientandosi al recupero fedele delle sue parti.

Avere la possibilità di ridare nuova vita ad una carrozza destinata al rogo, e farla diventare un oggetto prezioso è semplicemente spettacolare, poter tramandare qualcosa d’importante alle prossime generazioni è il piacere più grande,quando, alla fine ne puoi ammirare il risultato.
Fabrizio Canali

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