Storie di resistenza urbana

Arte, Cultura & Società

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“Bella gente. Gente comune”, Edizioni All Around, racconti di vita quotidiana e di riscatto sociale nelle periferie di Roma

“Bella gente. Gente comune”, pubblicato da Edizioni All Around, si inserisce nella tradizione del giornalismo narrativo di impegno civile. Rossella Santilli, giornalista con quarant’anni di carriera alle spalle, di cui quindici passati a raccontare Roma per il TgR Lazio, costruisce in queste pagine un’opera essenziale, fondata sull’ascolto e sulla restituzione fedele di storie all’apparenza “minori”, marginali, che si rivelano invece importanti per comprendere la Capitale nella sua complessità.

Il volume raccoglie undici testimonianze di uomini e donne che operano nel tessuto sociale più fragile e meno rappresentato della città. Non si tratta di eroi né di personaggi carismatici, ma di persone comuni che, in quartieri segnati dalla criminalità, dal degrado urbano o dall’abbandono istituzionale, scelgono di reagire, organizzarsi, resistere. La narrazione della Santilli è asciutta, priva di artefici retorici e proprio per questo capace di restituire in modo autentico la densità delle esperienze raccontate.

La bellezza dell’ordinario

Il titolo richiama l’ossimoro implicito nella bellezza di ciò che solitamente è considerato ordinario. Questa “gente bella” è quella che non fa notizia, se non in circostanze eccezionali o tragiche, ma che l’autrice sceglie invece di porre al centro del racconto. La Roma che emerge da queste pagine è una città laterale, fatta di quartieri come Centocelle, Corviale, Tor Bella Monaca, ma anche Testaccio e Furio Camillo: luoghi (spesso percepiti come non luoghi) che, pur nella loro diversità storica e urbanistica, condividono una condizione di marginalità rispetto alla rappresentazione dominante del centro cittadino.

Un caso emblematico è quello di una donna di Centocelle che, in un contesto segnato da atti intimidatori contro i commercianti, riesce a costruire una rete di imprese locali. Non è un “lieto fine” in senso tradizionale, perché i problemi restano, ma il messaggio è chiaro: esiste una possibilità di riscatto, che passa attraverso la cooperazione e la solidarietà.

Cittadinanza attiva come motore di cambiamento

Il libro indaga la relazione tra cittadinanza attiva e spazio urbano. I racconti mostrano come la comunità possa diventare un motore di cambiamento, anche laddove le istituzioni sono percepite come assenti o inefficaci. Un tema che si inserisce nel più ampio dibattito sul ruolo del terzo settore nelle metropoli contemporanee, soprattutto in una città come Roma, segnata da profonde diseguaglianze territoriali.

Storie di ordinaria resilienza nelle periferie di Roma (ph EAA)

Santilli non si pone mai in posizione dominante rispetto alle storie. Non interpreta, non moralizza, non idealizza. Il suo approccio è quello di una cronista “con le scarpe sporche”, che frequenta i luoghi, si guadagna la fiducia degli interlocutori e restituisce le loro parole con rispetto e precisione. Persino l’indirizzo e-mail citato nella prefazione, paperaroxy, assume un valore simbolico: come le papere delle fiabe, capaci di galleggiare tra le onde della narrazione popolare, Santilli naviga tra le pieghe della città invisibile con sguardo curioso e mai invadente.

Uno degli aspetti più significativi dell’opera è la capacità di far emergere la continuità tra centro e periferia non solo come distanza spaziale, ma come frattura sociale e civica. I protagonisti delle storie non si pongono in antagonismo rispetto al centro istituzionale o culturale della città, ma chiedono di essere riconosciuti come parte integrante di una collettività più ampia, di una Capitale che sia davvero capitale per tutti.

 

Giornalismo e ruolo della cronaca

Il testo adotta un registro sobrio, lineare, fedele a un’etica dell’ascolto e dell’approccio cronachistico. Lo stile è semplice, ma non approssimativo, essenziale, ma preciso. Questo non significa che manchi una visione. Al contrario, l’opera è sorretta da una chiara ipotesi di lavoro, e cioè che la ricostruzione del legame sociale passa attraverso la narrazione delle esperienze collettive, anche le più umili, e attraverso la visibilità data a chi opera ogni giorno nel silenzio. Come sottolinea Carlo Fontana, già responsabile del TgR Lazio, Santilli ha “la rara capacità di raccontare senza sovrapporsi, di restare comprimaria anche quando le storie sono forti e potenti”.

Il libro si inserisce così in una riflessione più ampia sulla funzione del giornalismo oggi: non solo denuncia o inchiesta, ma anche mediazione narrativa tra centro e margine, tra visibile e invisibile. È una proposta culturale che invita a riconsiderare il ruolo della cronaca come strumento di riconoscimento reciproco tra cittadini.

In definitiva, perché leggere “Bella gente. Gente comune”? Perché è un libro necessario. Non solo per ciò che racconta, ma per come lo fa: con garbo, rispetto e determinazione. In un’epoca in cui il reportage tende a spettacolarizzare o a semplificare il disagio urbano, Santilli offre uno sguardo penetrante e intenso, capace di restituire dignità e valore a quella parte della città che ogni giorno, senza clamore, costruisce il futuro.

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