Bettina Drummond: il pensiero come fondamento dell’arte equestre
Il 28 marzo 2025 è venuta a mancare Bettina Drummond, grandissima amazzone
allieva prediletta di Nuno Oliveira, Maestro indiscusso del XX secolo dell’arte
equestre mondiale. Bettina Drummond è stata seguita dal Maestro Oliveira per 17
anni ed è diventata poi, a sua volta, un punto di riferimento e una didatta
straordinaria di ciò che è il rapporto uomo-cavallo. Cavaliere, insegnante,
instancabile studiosa ha dedicato la sua vita ai cavalli. Una delle sue caratteristiche
principali era proprio essere assolutamente trasversale, aperta alla cultura equestre
nel senso più ampio.
Per questo ho pensato di chiedere a Matteo Mazzato, cavaliere che si occupa di
monta americana, ma che ha una cultura equestre di formazione anche classica,
perché Bettina Drummond rappresenta un unicum nel panorama mondiale
dell’equitazione e perché dovremmo rifarci ai suoi principi.
Risposta: Bettina Drummond è stata, senza ombra di dubbio un punto di riferimento
per moltissimi cavalieri e la sua dipartita lascia un grande vuoto perché lei stessa con
la sua vita incarna un modo di coniugare l’arte equestre sempre più raro. La sua
apertura mentale era grandissima, pronta ad esplorare qualsiasi disciplina, metodo e
attitudine legata al cavallo, questa sua versatilità l’ha spinta anche molto lontano
dalla monta a tal punto da acquistare Vousy uno stallone di razza quarter horse che
ha esibito al Congress AQHA American Quarter Horse association) , la più
importante manifestazione di razza per i quarter horse. La sua visione rappresenta
ciò che anche secondo me e secondo molti altri oggi dovrebbe essere l'equitazione,
un atto di continuo amore per il cavallo e la sua irraggiungibile conoscenza.
Domanda: Secondo te perché oggi è così diverso e cosa dobbiamo portarci
dall’ esperienza di vita di Bettina Drummond?
Oggi manca cultura nell’equitazione e sottolineo non solo “dell” ma proprio
“nell” equitazione, in particolare in Italia, siamo partiti tardi a leggere e a studiare, se
ci pensiamo Bettina Drummond era una donna che aveva una formazione
umanistica, questa cosa mi accomuna a lei, si era laureata a Chicago in filosofia, il
suo insegnante che era un celebre filosofo che si chiamava Alan Bloom la definiva
una donna rinascimentale, di una curiosità eclettica ma con la grande capacità di
raccogliere in vari mondi elementi che poi utilizzava anche nell’equitazione.
Lei poteva parlare di arte, di vino, di alta politica, conosceva sei lingue: inglese,
francese, portoghese, spagnolo, russo, latino.
Si interfacciava con una grandissima agilità a qualsiasi collegamento internazionale,
parlando di equitazione con la terminologia perfetta e appropriata.
L’arte visiva, la filosofia, la poesia e la musica sono stati altri elementi che
riconduceva all’arte equestre, era anche una notevole musicista, aveva iniziato a
suonare a 3-4 anni ed è diventata poi una pianista di buonissimo livello la passione
per la musica la univa al suo Maestro Nuno Oliveira perché Nuno era poi anche un
grandissimo appassionato di opera lirica. E quindi spesso riuscivano a parlare di
equitazione parlando di arte, di espressione, ma anche di ritmo, di cadenza, tutti i
termini che si utilizzano ad esempio nella musica stessa.
Domanda: Ci hai parlato di monta classica legata ovviamente a Bettina Drummond,
ma anche di monta americana. Ci spieghi questa sua dualità?
Rispondo. Bettina Drummond aveva una formazione puramente classica, questo è
innegabile basti pensare che è stata insignita del titolo di Ecuyer onorario al Cadre
Noir di Saumur, lei è una dei due americani che lo hanno ricevuto e la seconda donna
in 200 anni, oltre ovviamente agli altri titoli che ha ricevuto a livello internazionale,
poi la sua curiosità l'ha portata a rapportarsi anche con i grandi con grandi cowboy
come Tom Courten e Martin Black, che sono due horseman di formazione
californiana fino a mettersi in gioco gioco con il lavoro del cowboy e col lavoro coi
vitelli, ad esempio nel working cow.
Domanda: Ma allora Matteo, qual era il suo concetto di equitazione?
Molto semplice, rifiutava il concetto arido di metodo, odiava i “guru”,diremmo oggi,
dell’ equitazione, quelli che impongono degli step fissi precostituiti, perché viveva
queste azioni come qualcosa di estremamente chiuso, meccanico, industriale.
In America si direbbe Horse Industry. Cercava di staccarsi da questi metodi. Per lei
l'equitazione rappresentava il rapporto col cavallo, un rapporto unico, costruito
cavallo per cavallo. Lei diceva chiaramente che per montare serve cultura e ogni
cavallo fomentava, aumentava, faceva crescere questa cultura in quanto esperienza
unica che accresceva il suo bagaglio culturale. Lei stessa ha detto che questa
ricchezza accumulata negli anni con molteplici cavalli con i quali ha avuto a che fare,
si è poi trasformata in pratica, in azione, elementi che le hanno permesso di
diventare più veloce nel capire il cavallo che montava. Lei diceva: “ci vuole il tempo
che ci vuole” e questo tempo si può abbattere solo con l’esperienza e la pazienza.
Quindi non darsi tempo per poi riuscire in meno tempo.
So che è un paradosso, però funzionava esattamente così.
Domanda: Che cosa vorresti dire oggi a Bettina Drummond?
Confesso che con lei ho avuto solo un rapporto epistolare, uno scambio di battute,
poi ho seguito alcuni webinair. Quello che vorrei chiederle è quello che purtroppo lei
mi ha detto che non sarebbe riuscita a fare perché il suo percorso con il cancro dal
2021 al 2025 e le sue forze non le hanno permesso. Avrei voluto che avesse messo
ancor più a disposizione questo suo sapere trasversale tra ciò che era la monta
americana e ciò che era la monta classica. Che cosa aveva raccolto da
quell’esperienza con gli horsemen e poi aveva trasportato nel suo modo di
approcciarsi al cavallo, e poi in questi giorni in un veloce scambio di battute con
Benedetta, figlia del Colonnello Angioni, mi ha ricordato la sua infinita “aristocratica”
eleganza sia nel porsi sia nel rapporto col cavallo.
C’è un bellissimo articolo che è stato edito dal Cadore Noir di Saumur a suo nome nel
2020, se non sbaglio, al quale io attingo spesso per avere informazioni e disponibile
nella mediateca. Vi consiglio di leggerlo per la bella analisi di come c’è stata la
collaborazione tra la scuola di Saumur e la scuola americana vera e propria. Esistono
tantissimi video, foto, articoli dai quali attingere, non ultimo il sito dedicato a lei e
alla sua associazione:
Clara Campese
Articolo molto interessante. Grazie