Diritto di sciopero dei magistrati di carriera

Fisco, Giustizia & Previdenza

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Diritto di sciopero dei magistrati di carriera.

Avv. CosimaIlaria Buonocore

Giudice onorario-Professore incaricato 

Lo sciopero indetto dall’A.N.M. per il giorno 27 febbraio 2025 era legittimo? Configura i reati di interruzione di pubblico servizio ex art. 340 c.p. e di vilipendio alla Repubblica ex art. 290 c.p.? Ha attentato al diritto di azione e di difesa del cittadino? 

L’art. 40 Cost. disciplina il diritto di sciopero stabilendo che esso «si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano», pertanto la Costituzione riconosce sì il diritto di sciopero, ma nel contempo afferma che si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano; nel nostro ordinamento giuridico non è previsto un divieto, né diretto né indiretto, di sciopero, rectius di astensione dalle udienze del magistrato.

L’amministrazione della giustizia rientra nel novero dei servizi pubblici essenziali, richiamandosi a tal fine l’art. 1, 2° comma, lett. a), l. 12 giugno 1990, n. 146, «Sull’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali e sulla salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati», con le specifiche limitazioni ivi contenute; la citata l. n. 146/1990, modificata dalla l. 11 aprile 2000, n. 83, affida la disciplina dello sciopero nei servizi pubblici essenziali ad uno strumentario misto, composto da norme legali e negoziali.

A differenza della gran parte dei dipendenti statali, i magistrati sono una categoria di dipendenti pubblici non contrattualizzati, sicché il loro status non deriva dalla contrattazione collettiva, così come, ad es.  anche i docenti universitari, e pertanto (qualora vi sia) va ricercato aliunde un divieto di sciopero, id est astensione totale o parziale dei magistrati dall’esercizio delle proprie funzioni giurisdizionali.

L’associazione maggiormente rappresentativa dei magistrati sul piano nazionale, vale a dire l’A.N.M. – nell’esercitare le manifestazioni di pensiero mediante astensione dalle udienze – agisce nei limiti dettati dal Codice di Autoregolamentazione e sotto l’egida della «Commissione di garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali», autorità amministrativa indipendente.

La suddetta associazione ha come precipuo scopo statutario, fra gli altri, quello di partecipare al dibattito nella società per le riforme necessarie ad assicurare un migliore servizio della “giustizia”, ed è sin troppo evidente che la riforma in atto non può non rientrare fra le tematiche di legittimo dibattito dell’associazione suddetta.

Se il legislatore avesse voluto porre dei limiti all’esercizio del diritto di sciopero da parte del magistrato, lo avrebbe fatto; infatti il nostro ordinamento giuridico prevede espressamente il divieto di scioperare per alcune categorie di lavoratori pubblici, come i militari (art. 1475, 4° comma, d.lgs. n. 66/2010), il personale della polizia di Stato (se lo sciopero può pregiudicare “le esigenze di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica o le attività di polizia giudiziaria”-art. 84 l. 121/1981), il personale della polizia penitenziaria (durante “il servizio di sicurezza degli istituti penitenziari”-art. 19.13 l. 395/1990), sicché deve ritenersi che ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit.

Sarebbe, al contrario, irragionevole sostenere che in uno Stato di diritto, in assenza di un espressa previsione normativa, il magistrato, al pari di qualunque altro lavoratore – ad eccezione di quelle figure professionali per le quali il legislatore, nell’esercizio della sua insindacabile discrezionalità, salvo il vaglio di costituzionalità, ha previsto expressis verbis delle limitazioni – non possa esercitare il suo diritto di scioperare.

La l. n. 146 cit., prima della modifica operata nel 2000, era finalizzata a regolamentare l’esercizio del diritto di sciopero nei pubblici servizi esclusivamente nell’area del lavoro subordinato, in generale considerato; la modifica introdotta con la l. 83 cit. ha esteso l’ambito di applicazione anche alle astensioni collettive dal lavoro dei lavoratori autonomi, professionisti e piccoli imprenditori la cui attività sia in qualche modo connessa all’erogazione di servizi pubblici essenziali (ad esempio gli avvocati). A tal proposito, dal momento che si discute sulla necessità di tutelare il diritto di difesa dei cittadini che, a causa dell’astensione dalle udienze previsto per il giorno 27 febbraio 2025, avrebbero visto ridotto il loro diritto di ricevere un servizio pubblico essenziale (quale è indubbiamente la giustizia) si deve anche proporre in parallelo una considerazione in ordine all’altro attore del processo, civile e penale, che è l’avvocato, figura che ormai da più parti viene ricondotta all’art. 24 Cost. in quanto è anch’egli portatore dei diritti del cittadino nell’amministrazione giudiziaria. Ebbene, l’avvocato ha la facoltà di esercitare il diritto di sciopero, rectius astenersi dall’udienza, purché tale facoltà sia esercitata nei limiti e con le modalità previste dal Codice di “Autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze degli avvocati” (Cass. pen., sez. IV, 11/04/2019, n.18809 in Cassazione Penale 2020, 2, 729, in CED Cass. pen. 2019; sez. V, 16 novembre 2018, n. 5681, in C.E.D. Cass., n. 275135; sez. II, 11 novembre 2016, n. 51053, ivi, n. 269564). La Cassazione si è pronunciata sul punto anche nella sua composizione più autorevole stabilendo che il codice di autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze degli avvocati «costituisce fonte di diritto oggettivo contenente norme aventi forza e valore di normativa secondaria o regolamentare, vincolanti erga omnes, ed alle quali anche il giudice è soggetto in forza dell’art. 101, 2° comma, Cost.» (sez. un., 27 marzo 2014, n. 40187, in C.E.D. Cass., n. 259926; v. anche sez. un., 30 maggio 2013, n. 26711, in C.E.D. Cass., n. 255346). Non risultano precedenti giurisprudenziali che abbiano in qualche modo impedito all’avvocato di astenersi dalle udienze per ragioni di sciopero, naturalmente esercitato nei modi e nelle forme previste dal codice di autoregolamentazione della categoria.

Dal confronto pare plausibile ritenere che anche riguardo allo sciopero-astensione dei magistrati il rapporto fra l’esercizio del diritto di sciopero e l’esigibilità di prestazioni pubbliche (o aventi rilevanza pubblica) indispensabili appare tutelato, poiché è evidente che nella fattispecie il limite generale dei princìpi di proporzionalità e di ragionevolezza non viene superato: infatti, in primo luogo, il diritto di difesa del cittadino non viene leso per effetto dell’astensione del magistrato, che è circoscritta a un giorno e nei limiti previsti dal codice di autoregolamentazione; tanto piú perché la sospensione proclamata dall’ANM non coinvolge anche il personale di magistratura onoraria, che quindi ben può nei limiti di competenza tripartita, assicurare la fruizione del diritto alla giustizia, attraverso un corretto bilanciamento dei suesposti limiti.

 

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