All’OFF/OFF Theatre di Roma “The Real Hamlet” di Patrizio Cigliano: un ritorno alle origini del capolavoro di Shakespeare
Prima che Amleto diventasse la tragedia che tutti conosciamo, un testo immortale per la sua complessità narrativa e per la profondità dell’introspezione psicologica, sembra esserci stato un “primo Amleto”. Un’opera più breve, più diretta e forse più istintiva.
Proprio questa versione l’OFF/OFF Theatre di Roma mette in scena, dal 24 al 27 aprile, con il progetto “The Real Hamlet” di Patrizio Cigliano, che ne cura la regia.
Sul palco, con Cigliano, Giulia Ricciardi, Nicolò Scarparo, Nicola Marcucci, Sebastian Gimelli Morosini, Gigi Palla, Cristiano Arsì, Laura Marcucci e Luca Giacomini. Il cast è arricchito dagli straordinari camei vocali di Gigi Proietti, nel ruolo dello Spettro, e di Leo Gullotta, che presta la voce a Shakespeare.
Ma che cos’era questo primo Amleto? E, soprattutto, è mai esistito?
La questione è ancora oggi aperta e continua ad affascinare studiosi e registi. A suggerirne l’esistenza è la prima versione a stampa della tragedia, pubblicata nel 1603, nota come Quarto 1 (Q1). Questo testo è sensibilmente più breve della successiva edizione del 1604 (il Quarto 2) e presenta numerose differenze: scene disposte in ordine diverso, personaggi ribattezzati (Polonio diventa Corambis), battute semplificate, monologhi ridotti. Il celebre “Essere o non essere” diventa, in questa versione, un passaggio più secco e meno profondo, quasi un’ombra del monologo che avrebbe poi segnato la storia del teatro.

nella foto, Patrizio Cigliano, che ne cura anche la regia (ph (US)
Per decenni, il Q1 è stato etichettato come un “bad quarto”, cioè una trascrizione pirata, ricostruita a memoria da un attore della compagnia, forse nel tentativo di sfruttare il successo dell’opera senza autorizzazione. Ma, una corrente critica sempre più robusta, ipotizza che si tratti invece della prima versione autentica dell’opera, forse la stessa che Shakespeare portò in scena con la sua compagnia prima di intraprendere una riscrittura più articolata e “su commissione”.
A rafforzare questa ipotesi c’è anche la menzione, negli anni ’80 del Cinquecento, di un’opera teatrale chiamata Hamlet, attribuita da alcuni a Thomas Kyd, autore della Tragedia Spagnola. Questo cosiddetto Ur-Hamlet, oggi perduto, conteneva già la figura di un fantasma che gridava “vendetta!”, un elemento che Shakespeare riprenderà e trasformerà nel climax della sua tragedia. È quindi possibile che il Bardo abbia ripreso quel testo come base, riscrivendolo una prima volta per il palcoscenico e poi una seconda volta per creare la versione definitiva.
Il confronto tra Q1 e Q2 rivela non solo un ampliamento strutturale, ma anche un cambio di tono: se il primo Amleto appare più teatrale, più concentrato sull’azione e sul tema della vendetta, il secondo appare più riflessivo, dilatato nei tempi, dominato dal dubbio e dalla parola. In questa trasformazione si coglie forse il passaggio del grande poeta elisabettiano da artigiano del teatro popolare a poeta della modernità.
Oggi, alcuni registi, come Cigliano appunto, scelgono di portare in scena proprio quella versione breve (di sole due ore contro le 4:30 delle successive), il “primo Amleto”, per restituire al pubblico l’energia essenziale e spoglia di un testo ancora in divenire. Un Amleto prima dell’Amleto, in cui il genio non è ancora compiuto, ma già cova.