India e Pakistan: la crisi dell’Indo e un mondo sull’orlo della guerra

“Quando i confini diventano più importanti delle vite umane, la pace diventa un sogno lontano.” – Malala Yousafzai

25 aprile 2025 – Escalation tra India e Pakistan

In una giornata simbolica per l’Italia, il 25 aprile, che ricorda la Liberazione dal nazifascismo, il mondo si trova a osservare con apprensione l’ennesima esplosione di tensione tra due potenze nucleari: India e Pakistan. L’attentato del 22 aprile nella valle di Pahalgam, in Kashmir, in cui hanno perso la vita 26 turisti indiani, ha riacceso una miccia mai spenta. Il governo indiano ha accusato il Pakistan di complicità, puntando il dito contro il gruppo armato “Kashmir Resistance”, considerato vicino ai servizi pakistani. In risposta, Nuova Delhi ha annunciato la sospensione unilaterale del Trattato delle Acque dell’Indo del 1960, storico accordo che regolava la spartizione delle acque tra i due Paesi.

Questa mossa, più che simbolica, è strategica e potenzialmente letale. L’India ha infatti iniziato a bloccare le chiuse e deviare le acque di fiumi chiave, mettendo in crisi il sistema agricolo e idrico pakistano, già sotto pressione per la siccità e la crescita demografica. Islamabad ha reagito duramente, definendo l’azione un “atto di guerra” e ordinando la mobilitazione parziale delle forze armate. Intanto, lungo la Linea di Controllo nel Kashmir si moltiplicano scontri a fuoco, incursioni, violazioni dello spazio aereo.

Una rivalità nata nel sangue

Le radici del conflitto indo-pakistano affondano nel 1947, anno della Partizione, quando l’India ottenne l’indipendenza dal Regno Unito e venne divisa per linee religiose: da una parte l’India a maggioranza indù, dall’altra il Pakistan creato per i musulmani. La separazione fu brutale: milioni di sfollati, massacri etnici, un trauma nazionale ancora vivo. Il Kashmir, regione a maggioranza musulmana ma annessa all’India dal suo sovrano, divenne subito terreno di contesa. Da allora, tre guerre, numerosi scontri e una tensione costante hanno trasformato la regione in uno dei punti più pericolosi al mondo.

La revoca dell’autonomia del Jammu e Kashmir da parte del governo Modi nel 2019 ha esacerbato ulteriormente i rapporti. Nuova Delhi ha rafforzato la presenza militare e represso ogni forma di dissenso, mentre Islamabad ha continuato a sostenere gruppi separatisti e a invocare un intervento internazionale.

La geopolitica dell’acqua

Il Trattato delle Acque dell’Indo, firmato nel 1960 grazie alla mediazione della Banca Mondiale, aveva finora evitato che le dispute si estendessero alle risorse idriche. Ma il cambiamento climatico, la crescita della popolazione e la pressione sul territorio hanno reso l’acqua una risorsa sempre più scarsa, e dunque sempre più contesa. Con la sospensione del trattato, l’acqua diventa arma, e la guerra una possibilità concreta.

Un mondo in guerra, in molti modi

Quello che accade tra India e Pakistan non è un’eccezione, ma lo specchio di un mondo fratturato. Nel 2025 il pianeta è segnato da oltre 30 conflitti armati attivi, milioni di sfollati, nazioni devastate da guerre civili, colpi di stato e insurrezioni. Le grandi potenze – Stati Uniti, Russia, Cina – si affrontano in una guerra “a bassa intensità”, fatta di sanzioni, spionaggio, cyberattacchi, manipolazione mediatica e influenza nei teatri di guerra periferici.

A ciò si aggiungono le crisi umanitarie legate alla fame, al clima e alle migrazioni. Le organizzazioni internazionali, a cominciare dall’ONU, appaiono paralizzate, spesso ostaggio dei veti incrociati del Consiglio di Sicurezza. La diplomazia tradizionale fatica a trovare spazio in un contesto dominato dalla polarizzazione e dalla diffidenza.

L’Italia e il segno dei tempi: tensioni anche nel giorno della Liberazione

E se anche le celebrazioni della Resistenza, in Italia, diventano teatro di divisioni, allora il segnale è forte. Il 25 aprile 2025 è stato attraversato da polemiche e proteste legate alla presenza della Brigata ebraica nei cortei ufficiali. A Milano, alcuni manifestanti hanno contestato lo striscione della Brigata con cori filo-palestinesi, fischi e slogan durissimi, alimentando un clima già teso per il conflitto in Medio Oriente. Le reazioni della comunità ebraica e delle istituzioni sono state immediate, ma il fatto che la Resistenza debba oggi essere “difesa” dentro casa, dimostra quanto anche le democrazie più mature siano diventate fragili, divise, vulnerabili.

La pace come unica via

In un contesto tanto esplosivo, la pace non può più essere solo un’aspirazione morale: è un’urgenza strategica, una necessità collettiva. La crisi tra India e Pakistan mostra quanto facilmente si possa passare dalle parole ai fatti, dai trattati infranti ai missili pronti. Se l’acqua – elemento vitale – diventa arma, la guerra è già qui. Ma anche la pace, se sapremo volerla.

Serve un nuovo spirito internazionale, che metta al centro la cooperazione, la gestione condivisa delle risorse, la prevenzione dei conflitti. Serve coraggio politico, visione, e una pressione popolare che non si accontenti più del silenzio e dell’indifferenza.

Perché se la guerra si insinua ovunque – tra Stati, dentro le città, persino nei giorni della memoria – l’unica risposta possibile è una scelta netta: disinnescare il conflitto prima che diventi irreversibile.

Carlo Di Stanislao

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