La Festa della Mamma: la maternità tra resilienza e diritti negati

Attualità & Cronaca

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Un appello alla comunità internazionale per una protezione concreta delle madri vulnerabili nel mondo

di Cristina Di Silvio

Ogni anno, la Festa della Mamma è celebrata in gran parte del mondo come un’occasione di gioia e riconoscenza. Tuttavia, esiste una realtà che resta ai margini di questa narrazione, invisibile e spesso dimenticata: quella delle madri che non possono festeggiare, che vivono la maternità non come espressione di amore, ma come tragica conseguenza di violenza, guerra, coercizione e povertà. In un mondo che proclama i diritti umani come principio fondante della sua diplomazia, è fondamentale riconoscere che, per milioni di donne, il diritto a una maternità sicura e dignitosa resta un miraggio. Le spose bambine: una violazione che attraversa generazioni.

Ogni anno, 12 milioni di bambine vengono costrette in matrimonio. Questo crimine, che colpisce soprattutto in contesti di fragile governance come nello Yemen, nella Nigeria settentrionale e in Afghanistan, rappresenta una violazione palese di diritti universali sanciti dalla Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW) e dalla Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia (CRC). La legge, in molti Paesi, legittima ancora matrimoni precoci, in cui le ragazze sono ridotte a oggetti di proprietà, senza possibilità di istruzione, emancipazione o sviluppo. Il caso emblematico di Nojoud Ali, costretta a sposarsi a soli 10 anni in Yemen, ha avuto una forte eco internazionale, ma la realtà di milioni di “spose bambine” resta ignorata. La comunità internazionale, seppur consapevole della portata del fenomeno, ha fatto troppo poco per contrastare questa piaga. Madri in tempo di guerra: una doppia condanna. In scenari di conflitto, le madri sono spesso le prime vittime e le ultime a ricevere protezione. Le Convenzioni di Ginevra e la Risoluzione 1325 del Consiglio di Sicurezza ONU, che sanciscono il diritto alla protezione delle donne nei conflitti armati, sono sistematicamente violate.

Le recenti devastazioni in Gaza e Sudan, con il bombardamento di ospedali ostetrici, ne sono un tragico esempio. Tali attacchi, oltre a rappresentare una violazione dei diritti umani, espongono le donne incinte e le madri a rischi mortali. Nonostante la comunità internazionale abbia adottato risoluzioni per la protezione delle donne nei conflitti, l’assenza di meccanismi vincolanti ha fatto sì che molte di queste risoluzioni restassero senza effetto. Vedove e madri sole nei contesti post-bellici: un’ulteriore marginalizzazione. Nei periodi post-bellici, la reintegrazione delle vedove e delle madri sole è spesso insufficiente o completamente trascurata. I programmi di Disarmo, Smobilitazione e Reintegrazione (DDR) che mirano a reintegrare ex combattenti e rifugiati raramente prendono in considerazione le esigenze delle donne che non sono state combattenti ma che, attraverso la guerra, hanno perso tutto. In Paesi come il Sud Sudan e la Repubblica Centrafricana, le madri sole, in particolare quelle che hanno subito violenza o che si trovano ad affrontare la perdita del marito, restano senza alcun supporto significativo. In queste situazioni, il diritto alla protezione sociale garantito da strumenti internazionali come la CEDAW resta lettera morta.

La maternità come trauma permanente: il caso della violenza sessuale nei conflitti. La violenza sessuale sistematica nei conflitti armati, quando utilizzata come arma di guerra, porta con sé una doppia ingiustizia. Le donne che partoriscono figli a seguito di stupro si trovano non solo a fare i conti con il trauma fisico e psicologico della violenza, ma anche con il pregiudizio sociale e l’isolamento. I figli di queste violenze sono spesso stigmatizzati come “figli del nemico”, con gravi conseguenze psicologiche e sociali. Nonostante la Risoluzione 1820 del Consiglio di Sicurezza ONU riconosca la violenza sessuale come crimine di guerra, la giustizia riparativa per queste donne e i loro figli resta un obiettivo lontano, nonostante le richieste di esperti come Zainab Hawa Bangura, ex Rappresentante Speciale dell’ONU contro la violenza sessuale nei conflitti. Una diplomazia della maternità: protezione e giustizia per le madri vulnerabili.

Per garantire la protezione delle madri vulnerabili a livello globale, è urgente un cambiamento nelle priorità della diplomazia internazionale. In vista dei prossimi vertici multilaterali, tra cui il Forum di Nairobi+25 e la revisione del Patto sui Rifugiati dell’UNHCR, è fondamentale inserire misure concrete per la protezione delle madri vulnerabili. Le proposte includono: L’introduzione di indicatori di maternità sicura all’interno dei meccanismi di monitoraggio dell’Agenda 2030; La creazione di un sistema di monitoraggio internazionale sui diritti materni in situazioni di emergenza; Il rafforzamento dell’accesso delle madri vittime di conflitto ai tribunali internazionali e ai fondi fiduciari per la riparazione delle vittime, come il Trust Fund for Victims della Corte Penale Internazionale. In questa giornata che celebra la maternità, è fondamentale ricordare che la maternità, nelle sue forme più vulnerabili, non può essere ridotta a un fenomeno privato, ma è un indicatore di giustizia globale e di pace duratura.

Riconoscere le sfide che le madri vulnerabili affrontano, e soprattutto agire per proteggere il loro diritto alla sicurezza, alla dignità e alla giustizia, è un imperativo che non può più essere rimandato.

 

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