di Domizia Di Crocco
In un’epoca in cui la parola “amore” viene abusata, svuotata, deformata dalle logiche del consumo e dell’apparenza, riscoprire il pensiero di sant’Agostino su questo tema è più che un esercizio teologico: è un atto di resistenza spirituale. L’amore, per il Vescovo di Ippona, non è un sentimento volubile, ma la forza più potente che muove l’anima umana, capace di elevare o di dannare, a seconda della sua direzione.
“Ama e fa’ ciò che vuoi”, scrive Agostino nel commento alla Prima Lettera di Giovanni. Ma attenzione: non è un invito alla licenza, bensì un’esortazione radicale alla coerenza tra amore autentico e azione morale. Chi ama veramente – cioè chi orienta il cuore verso Dio – non può volere il male. L’amore, dunque, è misura e metro dell’agire, ma a condizione che sia un amore ordinato, disinteressato, rivolto al Bene supremo.
Nella sua celebre distinzione tra amor Dei (amore di Dio) e amor sui (amore di sé o del mondo), Agostino non compie un’astrazione filosofica, ma legge l’esperienza concreta dell’uomo, inclusa la propria. Le Confessioni non sono solo un capolavoro letterario, ma una mappa dell’anima: lì Agostino narra la sua conversione, il passaggio da un amore inquieto, carnale, egocentrico, a un amore che pacifica, che salva, che “riposa” in Dio.
“Ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te”: non è solo la frase d’esordio di un testo monumentale, ma una dichiarazione antropologica. L’uomo è strutturalmente orientato verso Dio. E l’amore è la freccia di questa tensione. Ma quando questa freccia si piega verso il basso – verso il possesso, l’egoismo, l’idolatria del mondo – il cuore si smarrisce.
In tempi in cui si confonde l’amore con l’emozione, con il desiderio istantaneo, con la gratificazione personale, Agostino ci ricorda che l’amore vero è esigente, selettivo, fedele. È fuoco che purifica, non fiamma che consuma. E soprattutto, è relazione: non solo con un altro essere umano, ma con Dio, che è amore in sé (Deus caritas est, come ripeterà secoli dopo Benedetto XVI).
Se oggi la società appare frammentata, fragile e incapace di speranza, forse è anche perché abbiamo smarrito il senso agostiniano dell’amore: non possesso, ma dono. Non istinto, ma scelta. Non consumo, ma comunione.
Riscoprire Agostino significa quindi fare un atto d’amore verso noi stessi, verso la verità, verso l’eterno.