Al Petruzzelli la musica di Branduardi diventa preghiera: il viaggio de Il Cantico incanta Bari

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È stato un incontro raro e necessario quello che Angelo Branduardi ha regalato al pubblico del Teatro Petruzzelli, ieri sera, nel cuore di una primavera che sembrava voler restare in ascolto. L’occasione è stata il ritorno in tour con Il Cantico, progetto musicale e spirituale che attinge all’universo poetico e umano di San Francesco d’Assisi, riportandone in vita parole e visioni attraverso una musica che sa farsi luce, silenzio, preghiera.

Branduardi, con l’eleganza schiva di chi non ha mai cercato altro che la bellezza autentica, ha ricamato sul palco un concerto che è andato oltre il tempo e i generi, affondando le radici nel disco L’infinitamente piccolo, pubblicato nel 2000. Un lavoro ispirato agli scritti del santo di Assisi, nato dall’idea di mettere in musica la sua storia, le sue scelte radicali, la sua disarmante semplicità. A dare avvio al concerto, proprio Il Cantico delle Creature, il brano che apre quell’album e che trova nuova vita in questo tour, in una veste rinnovata ma fedelissima allo spirito originario.

Il testo, che risale alla fine del XIII secolo, è considerato il primo esempio di poesia in lingua volgare italiana: parole che lodano il sole, la luna, l’acqua, il fuoco, come fratelli e sorelle di un’unica creazione. Francesco, in fondo, si può considerare il precursore della lingua italiana, Dante Alighieri venne 100 anni dopo. Branduardi ne rispetta l’essenza, accompagnandole con sonorità che si muovono tra la delicatezza medievale e il lirismo rinascimentale, innestandosi poi in una struttura folk-pop contemporanea che resta immediatamente riconoscibile e profondamente sua.

Accanto a lui, una formazione raffinata e intensa: Fabio Valdemarin al pianoforte, Stefano Olivato polistrumentista al basso, al contrabbasso e all’armonica, Davide Ragazzoni alla batteria e Nicola Oliva alle chitarre, perfettamente integrati in un intreccio sonoro capace di evocare atmosfere antiche e al contempo attualissime. Ogni brano, ogni pausa, ogni nota sembrava sospesa in un tempo altro, quello della contemplazione.

In Il Cantico, il messaggio francescano si fa carne e suono, raccontando un uomo che ha saputo spogliarsi del superfluo per cercare la verità, l’essenziale. E il percorso musicale, che attraversa episodi e momenti della sua vita, ha restituito l’immagine nitida di una figura che continua a parlarci, oggi forse più che mai, con la sua radicale mitezza.

Il concerto barese si inserisce nel lungo itinerario di celebrazioni per i cinquant’anni di carriera di Branduardi, avviate nel 2024, e rappresenta molto più di una tappa: è una sintesi poetica della sua visione del mondo, fatta di cultura profonda, tensione spirituale e costante ricerca artistica.

Ma la serata non è stata solo un omaggio a Francesco. Dopo l’intensità del progetto Il Cantico, Branduardi ha voluto regalare al pubblico un’altra emozione: quella della memoria. Sono così riaffiorati i grandi classici che hanno reso il suo nome caro a intere generazioni. Alla fiera dell’Est, Cogli la prima mela, il dono del cervo, Vanità di vanità, Il sultano di Babilonia e la prosituta – e altri ancora – hanno avvolto la platea in una dimensione intima, sospesa tra nostalgia e gratitudine. Canzoni che appartengono alla memoria collettiva, ma che, dal vivo, riescono ancora a sorprendere e commuovere. Son manati altri pezzi cult come “Confessioni di un malandrino”, “Si può fare” e tante altre, evidentemente la scaletta non lo prevedeva.

In un momento storico in cui il rumore spesso sovrasta l’ascolto, Branduardi con la sua eterna chioma ormai canuta, dimostra che esiste un altro modo di fare musica: uno che non grida, ma che accarezza; che non impone, ma accompagna. Ieri sera, il Petruzzelli è diventato il luogo di un rito laico, fatto di armonie antiche e verità semplici. E nel silenzio che seguiva ogni brano, si percepiva il peso prezioso di ciò che resta.

Massimo Longo

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