ChatGPT come assistente di studio: prospettive, usi e limiti nella formazione avanzata

Scienza & Tecnologia

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L’impiego di modelli linguistici generativi come ChatGPT (basati su architetture transformer di ultima generazione) sta trasformando in profondità le pratiche di studio e apprendimento, ponendo nuove sfide e opportunità per il mondo accademico e per i professionisti della didattica. Uno degli ambiti più promettenti è il supporto allo studio individuale: ChatGPT agisce come tutor personalizzato, in grado di adattarsi a livelli diversi di competenza e di interagire con lo studente secondo modalità dinamiche e contestuali.

In contesti universitari e di formazione superiore, la generazione automatica di riassunti, mappe concettuali e spiegazioni semplificate di testi complessi si rivela estremamente utile, soprattutto nelle discipline umanistiche e nelle scienze sociali. La capacità del modello di scomporre e ricomporre testi, riformularli e sintetizzarli consente allo studente di avere accesso a rappresentazioni multiple del contenuto, facilitando l’interiorizzazione e l’apprendimento critico.

Un ulteriore ambito di applicazione riguarda la ricerca accademica. ChatGPT può fungere da supporto nelle fasi iniziali di esplorazione bibliografica, individuando parole chiave, suggerendo percorsi tematici e generando ipotesi di lavoro. Tuttavia, è fondamentale sottolineare che il modello non ha accesso diretto a banche dati accademiche peer-reviewed (come JSTOR, Scopus, Web of Science) e che le informazioni prodotte necessitano sempre di verifica e validazione. Inoltre, la sua “creatività predittiva” può portare alla generazione di riferimenti bibliografici inesistenti o imprecisi, fenomeno noto come “hallucination”.

Dal punto di vista pedagogico, si delinea la possibilità di integrare ChatGPT nella didattica personalizzata, dove il docente può assegnare compiti che prevedano un’interazione attiva con l’AI, per esempio nella produzione di bozze, nella stesura di domande-guida o nella simulazione di dialoghi socratici. Il modello può anche offrire feedback immediati su esercitazioni scritte o proposte argomentative, seppur con margini di errore che impongono la supervisione umana.

Infine, l’adozione responsabile di questi strumenti implica un ripensamento delle competenze informative e critiche: agli studenti va insegnato non solo a “usare” l’AI, ma a valutarla, comprenderne i limiti epistemologici e riconoscerne i bias. È auspicabile l’inserimento di moduli formativi su “AI literacy” nei curricula universitari.

In sintesi, ChatGPT rappresenta una risorsa potente ma ambivalente: se integrato con consapevolezza, può amplificare l’efficacia dello studio e dell’insegnamento; se usato in modo acritico, rischia di ridurre l’apprendimento a mera interazione passiva con un modello predittivo.

Nat Russo

foto Rizzoli  Education

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