Ad referendum: chiamati a riferire

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Il referendum dell’8 e 9 giugno è l’ennesimo evento che divide il nostro paese.

Delle ragioni del no e del se ne è parlato troppo e, a mio avviso, senza tanta chiarezza, strumentalizzando e politicizzando uno strumento proprio della sovranità popolare e della democrazia. Questo articolo, come è mio solito fare, vuole provocare e svegliare le coscienze in merito ad una questione ben più grande: il dovere di scelta, più che ancora il diritto.

In un oggi in cui ci riconosciamo molti diritti e pochi doveri, la vita incessantemente e inevitabilmente è lì a ricordarci che non possiamo esimerci dallo scegliere: tra una maglietta o una camicia, un piatto di pasta o una pizza, tra il prendere l’ascensore o andare a piedi. Insomma, l’unica cosa che non scegliamo noi, anche se ultimamente alcuni obiettano persino su questo, è di nascere e morire. Nel mezzo è tutta una questione di scelte, obbligate o naturali, volute o necessarie.

Il problema di oggi è proprio, secondo me, punto primo, saper prendere una posizione e, punto secondo, prenderla rispettando e stimando chi ha idee differenti dalle nostre. Il referendum, come anche le elezioni sono la cartina tornasole di questa situazione generalizzata: ci sarà chi deciderà di non scegliere perché tanto è comunque convinto di non fare la differenza o, peggio ancora, perché non sa di questo appuntamento preso dalle sue mille preoccupazioni e dalla sua vita, e poi ci sarà chi andrà ai seggi come è giusto e come è rispettoso.

Il secondo problema che si pone è ora quale sia il giudizio corretto da esprimere e questo è solo la coscienza del singolo e la preparazione dello stesso soggetto a deciderlo.  Fondamentale sicuramente è rispondere alla chiamata alla scelta ma lo è altrettanto cercare di informarsi in merito ai quesiti, senza farsi prendere da titoloni fuorvianti e falsamente esplicativi.

Io stessa in prima persona mi sono interrogata e ho provato a capirci di più pervenendo ad una mia opinione molto modesta che, per rispetto dell’opinione altrui e per evitare condizionamenti, terrò per me. Una cosa, però, vorrei dirla: sarebbe così bello che da idee diverse potesse nascere un mondo nuovo e un nuovo modo di fare politica.

Non c’è molto da fare, serve l’esempio!

Se nello spiegare le ragioni sì e del no si evitasse lo scontro e si favorisse il dialogo, se ci si preoccupasse di dare gli strumenti giusti agli elettori per poter scegliere, se non ci si limitasse solo a puntare il dito, se si sostenesse una tesi con argomentazioni solide e robuste, tutto sarebbe più edificante e fruttuoso. Gli Italiani hanno bisogno di una classe politica che costruisca nelle diversità una Nazione più giusta e una società più consapevole.

I cittadini devono sapere che possono fare la differenza perché hanno una voce che viene ascoltata, certo non si può accontentare tutti, la coperta è corta si sa ma, sicuramente, tutti possono essere ascoltati e hanno il diritto quanto il dovere di dire la propria. Ben vengano quindi gli strumenti di democrazia diretta ma è necessario fare anche le domande giuste.

Non si può dare al malato una diagnosi e chiedere allo stesso di decidere circa la propria cura. Al malato la cura deve essere data dal medico quello per cui il malato stesso è chiamato a riferire è il suo sentire, la sua percezione rispetto alla cura. Ecco, quindi, che chiedere a qualcuno di riferire circa un qualcosa per cui non ha la dovuta formazione unicamente per deresponsabilizzarsi o, peggio, usandolo come strumentalizzazione politica sembra abbastanza incongruente con il disegno di democrazia e repubblica.

Il popolo o, come suggerisce in realtà la riforma, un quarto degli elettori, non può essere il soggetto della legislazione, poiché esso non è in grado di formulare questioni né di discuterle suggerendo ad esempio modifiche o emendamenti. Siamo, purtroppo, coinvolti in un gioco scorretto tra partiti, schieramenti politici e sindacati che, invece di trovare soluzioni concrete ai problemi dialogando, cercano solo l’approvazione del popolo.

Noi tutti avremo il potere di dire che a questo gioco non ci stiamo solo se faremo il nostro dovere di cittadini e, senza condizionamenti, risponderemo alla chiamata secondo coscienza.

2 Replies to “Ad referendum: chiamati a riferire”

  1. Giovanni ha detto:

    Tutto dannatamente giusto, ma oggi quale è il posto in questa Italia e nel mondo intero dove il giusto possa finalmente affermarsi? Articolo che fa riflettere e non poco, e su questioni non da poco.

  2. Anna ha detto:

    Concordo! Abbiamo il dovere di cittadini liberi di tutelare la democrazia per la quale chi ci ha preceduto ha lottato e anche perso la vita. E lo possiamo fare solo utilizzando gli strumenti democratici che abbiamo a nostra disposizione e dire la nostra, sbagliata o giusta che sia. Non fare, non scegliere, è la morte di una società libera e democratica, è la morte degli individui.

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