Visione, Genio e Rinascita dell’Arte nella Vallata Sacra
Mammola, cuore ancestrale della Calabria grecanica, custodisce tra le pieghe del suo sspro paesaggio una delle più straordinarie utopie artistiche d’Europa: il MUSABA (Museo Santa Barbara). Un’abbazia antica restituita alla luce, rinata come avamposto di arte totale, grazie alla visione quasi profetica dell’artista Nik Spatari e della sua compagna Hiske Maas. Visitare questo luogo significa compiere un pellegrinaggio nell’anima della creatività, nel crocevia tra arcaico e avanguardia, sacro e profano, materia e spirito.
All’ingresso della vallata, il paesaggio vibra già di un’aura iniziatica: colline ondeggianti come manti di pellegrino, ulivi secolari che sembrano vegliare sul destino dell’uomo, e il fiume Torbido che scorre come memoria liquida del tempo. Il Musaba sorge su ciò che resta dell’antica Certosa di Santa Barbara del XI secolo, luogo sacro e martoriato, distrutto più volte e dimenticato fino al 1969, quando Spatari, artista poliedrico, architetto e visionario, lo scelse come dimora e laboratorio del suo sogno di “arte come azione totale”.
Varcare la soglia del MUSABA è come entrare in una Gerusalemme artistica costruita a mano, mosaico su mosaico, pietra su pietra, con la furia e la grazia dei profeti. L’edificio centrale, una chiesa sconsacrata restituita all’arte, si mostra oggi come tempio laico del colore e dell’utopia. Qui Spatari ha realizzato il suo capolavoro assoluto: “Il Sogno di Giacobbe”, un’opera monumentale, un ciclo pittorico tridimensionale e visionario, sospeso nel tempo come una scala celeste tra cielo e terra.
Il soffitto esplode di corpi in movimento, volti trasfigurati, simbolismi biblici tradotti in linguaggio contemporaneo. Il tratto è spigoloso, quasi cubista, ma vibrante di pathos e fuoco mistico. Come nei grandi maestri medievali, qui l’arte è narrazione teologica, incarnazione dell’invisibile. Spatari, sordomuto dall’infanzia, pare aver udito con l’anima ciò che noi udiamo solo con le orecchie: il richiamo del trascendente.
Un parco d’arte tra terra e cielo
Il MUSABA, un parco artistico tra cielo e terra, si estende in una sorta di “Città dell’Arte Totale”: padiglioni, residenze per artisti, giardini di sculture che si ergono come totem contemporanei. Il parco è disseminato di installazioni monumentali, mosaici che invadono i muretti a secco, colonne che evocano l’architettura greca, ma riscritte in chiave pop e psichedelica. Gli edifici si rivestono di colori accesi, forme geometriche e simboli primordiali, come se il luogo stesso fosse stato intriso di un codice spirituale arcaico.
Nel silenzio di questi luoghi, rotto solo dal vento e dal canto delle cicale, l’arte non è ornamento né lusso, ma energia viva, grammatica cosmica
La visione di Spatari e Maas: un monastero laico dell’arte
Il progetto di Spatari e Maas non è stato solo artistico, ma profondamente culturale e umano. Il MUSABA è anche un centro internazionale di residenza per artisti, un laboratorio di sperimentazione pedagogica, un’arca spirituale che ospita giovani creativi da tutto il mondo. L’idea è quella di creare una sinergia fra il genio individuale e la sacralità del luogo, fra l’eredità millenaria e il futuro dell’arte.
Camminando tra i padiglioni si incontrano opere di artisti provenienti da diversi continenti, tutti chiamati a confrontarsi con il genius loci. Ogni intervento è armonico, come se anche la materia fosse educata a rispettare il ritmo invisibile della bellezza. Il mosaico di culture si intreccia con quello dei colori, in una polifonia visuale che fa del MUSABA un unicum nel panorama mondiale.
Spatari ha lavorato come un alchimista: ha preso le rovine e vi ha infuso vita, ha trasformato la pietra in luce, ha fatto del dolore un linguaggio di redenzione. Ogni linea, ogni colore, ogni tessera di mosaico è parte di un codice iniziatico che parla a chi ha occhi per vedere.
La sua arte non è mai gratuita; è sempre verbo, racconto, iconografia vivente. Vi è in lui qualcosa del Beato Angelico e qualcosa di Picasso, un’anima che ha danzato sulla soglia dei secoli. E nella figura di Hiske Maas, l’angelo custode del progetto, si specchia il volto di tutte le donne che hanno custodito il sacro nella storia, da Maria di Magdala alle mistiche medievali.
In un’epoca in cui l’arte è spesso prigioniera del mercato o della sterile provocazione, e’una cattedrale della resistenza culturale, un luogo dove l’arte torna ad essere rito, visione, costruzione dell’anima dove si celebra non l’artista come idolo, ma l’arte come via di verità.
Uscendo dal MUSABA, nel silenzio della vallata, si ode ancora la voce dell’arte muta per il mondo, ma infinitamente eloquente per chi sa ascoltare nel suo silenzioso misticismo.