Solo silenzio
per l’operaio morto ieri a Castel Bolognese)
Nel cuore quieto della campagna,
dove il sole accarezza la terra,
un uomo solo manovrava il destino,
mani di fatica, speranza e respiro spezzato, schiacciato dalle forche d’acciaio.
Non un grido, solo il silenzio
pesante crea vuoti che chiamano
presagi amari, familiari in ansia,
occhi che cercano una vita
che non risponde.
Non è solo la morte di un uomo,
ma il peso di un sistema che ignora
e non protegge chi lavora.
Mentre qualcuno fischia
la vita da un lato,
ricordiamo il suo volto, la sua fatica,
la speranza spezzata in un giorno qualunque.
Veintitre costole mancanti
aprono fossati oscuri,
vissuti sotto il peso
di un fiore capovolto fragile.
Vita di cadute onde
intessuta tra angeli di fango
che odorano ad acciaio.
Mani alla manovra,
gira gli occhi matti
il muletto di ferro, senza scudo,
senza voce, senza scampo,
affossa il vissuto
come una pozzanghera di colpa
nello sguardo.
Nel silenzio delle vigne,
dove il sole s’infila tra le foglie verdi,
le forche hanno chiuso il cerchio,
una morsa d’acciaio,
un’ombra senza pietà.
Nella solitudine della campagna
dove il vento non porta che il ricordo
la morte abita
il grido soffocato
marciando tra le stelle nere.
Un universo schiaccia
un cadavere che continua a morire
nella polvere, nella terra umida
che sa di sudore.
Nella voce che spinge lontano
le cicale, tu,
naufrago dell’orizzonte,
traghettatore di giorni e ombre,
hai lasciato il respiro incatenato
alla terra che raccoglie
il tuo grido inesploso che vibra
nella scatola sonora di una ferita
che vive sempre di morte.
Yuleisy Cruz Lezcano