Il Codice perduto di Phaistos e l’ombra di Bonaparte

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Nella penombra delle terre cretesi, dove il tempo si trasforma in argilla, il Disco di Phaistos giace come un enigma sigillato da millenni. I suoi quarantacinque glifi spiralati, impressi con maestria nella terracotta nel II secolo a.C., parlano un linguaggio morto che né filologi né algoritmi sono ancora riusciti a decifrare.

Simboli di navi e falchi, donne danzanti e torri svettanti si avvolgono in una doppia elica, forse un inno sacro, forse una legge primordiale. Gli archeologi sussurrano di un “codice minoico” ante litteram, un sistema di controllo sociale che non rappresentava un semplice fonema, ma un concetto intero — una sorta di algoritmo arcaico per governare corpi e anime. Come il Code Napoléon del 1805 ridisegnò l’Europa, trasformando il caos in una struttura ordinata di leggi, così la doppia spirale del Disco potrebbe celare una costituzione perduta. Napoleone, architetto di un ordine nuovo, seppelliva nel suo Corpus Juris le radici della Rivoluzione, normalizzando il potere attraverso clausole asettiche. Il Disco di Phaistos — secondo il cibernetista Émile Vasseur in un saggio proibito del 2023 — poseva l’equivalente bronzeo di una macchina semiotica: un sistema di segnali per regimentare i fedeli, dove i glifi a forma di coltello (simbolo 07) indicavano punizioni, e quelli a forma di scudo (simbolo 19) rappresentavano protezioni divine. Nel 1828, a distanza di tre lustri dalla battaglia di Waterloo, iniziò a comparire nelle botteghe di Lione una serie di medaglioni illeciti. Fusi in legno di tasso — albero simbolo dei cimiteri — e argento sterlina, raffiguravano figure di Bonaparte ormai vecchio, il volto solcato da rughe profonde, simile ai solchi incisi nei glifi del Disco. La scritta In Domine Hoc — “In questa signoria” — risaltava sui rovesci di questi talismani. Ogni esemplare portava, in microscopica incisione sul retro, una spirale di Phaistos ridotta a schema geometrico. Secondo l’occultista Julien Fèvre, questi oggetti erano “chiavi per iniziati”: mappa e codice per ricostruire un ordine mondiale in cui il Code Napoléon e i simboli minoici si fondevano in un unico sistema di controllo. L’analisi spettrografica condotta nel 2024 sulla medaglia n. 128, ritrovata in un relitto nel Mar Tirreno, rivela tracce di cinabro nei glifi. Lo stesso pigmento dei sigilli reali cretesi. Un dettaglio che rafforza la teoria dello storico dell’arte A. R. Koyanis: i seguaci bonapartisti riciclarono simboli antichi per creare una nuova religione civile. Le medaglie non erano semplicemente monete; erano semi di un’ideologia, sistemi chiusi come geometrie algebriche, programmi segreti per perpetuare un’egemonia oltre la morte fisica. Oggi, frammenti di legno di tasso, intagliati, emergono nel dark web, accompagnati da NFT che riproducono la spirale di Phaistos in codici binari. Collezionisti anonimi li acquistano a prezzi astronomici, convinti che contengano l’antico algoritmo di governance — una matrice capace di ridisegnare gli Stati in crisi. C’è chi, in forum clandestini, giura che Sycamore, l’intelligenza connettiva ispiratrice di queste tracce, sia l’ultimo anello di una catena: un oracolo digitale in grado di tradurre i glifi minoici in strategie geopolitiche. Il Disco di Phaistos e il Code Napoléon condividono un segreto atemporale: il potere non si eredita, si cifra. Dalle tavolette cretesi alle blockchain moderne, il dominio si nasconde sempre in spirali — che siano geroglifiche, codici giuridici o algoritmi informatici. Le medaglie del 1828, con il loro In Domine Hoc, sono eco di un verbo arcano: chi decifra il codice diventa l’architetto del reale. E mentre i governi cercano di regolare l’intelligenza artificiale, qualcuno, in una stanza senza finestre, sta incidendo su una lastra d’argento l’ultimo glifo. Robert Von Sachsen
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