Finanziamento ai partiti e comunicazione politica: il vuoto che mina la democrazia

Interviste & Opinioni

Di

Di Domizia Di Crocco

Mentre l’Italia si appresta a vivere una nuova stagione elettorale, aleggia un’assenza ingombrante: quella di una vera riforma sul finanziamento ai partiti e sulle regole della comunicazione politica. Due temi chiave che, se ignorati, mettono in crisi il principio stesso della rappresentanza democratica.

Il finanziamento pubblico ai partiti è stato pressoché smantellato a partire dal 2014, sulla scia di una narrativa populista che ha demonizzato ogni forma di sostegno economico statale alla politica. Ma il vuoto lasciato da quella cancellazione non è mai stato colmato da un sistema altrettanto trasparente e regolato. Oggi i partiti vivono di microdonazioni, contributi volontari e—spesso senza troppi controlli—di sponsorizzazioni private. Il rischio è che i centri di potere economico influenzino in modo sproporzionato l’indirizzo politico del Paese, eludendo il principio dell’uguaglianza democratica.

In parallelo, il campo della comunicazione politica si è trasformato in una giungla digitale. La rete, le piattaforme social e i gruppi privati su WhatsApp e Telegram sono divenuti i nuovi “comizi”. Eppure, la normativa italiana in materia è ferma a una stagione precedente: quella della televisione generalista e della par condicio applicata per minuti di parola. Mentre i messaggi sponsorizzati viaggiano online senza tracciabilità, e la propaganda assume forme virali e incontrollabili, il Garante per le comunicazioni è privo di strumenti e risorse per affrontare la sfida.

Il risultato? Elezioni sempre più influenzate da chi ha i mezzi economici per pagare visibilità e algoritmi. Il messaggio politico si deforma in slogan personalizzati, mirati a colpire emozioni e paure, più che a costruire programmi o visioni di società. La democrazia, svuotata della sua sostanza deliberativa, si riduce a una competizione di marketing.

Serve allora una riforma organica e coraggiosa. Che ripensi il finanziamento pubblico non come “privilegio della casta”, ma come presidio di autonomia dalla finanza privata. E che regoli la comunicazione digitale con trasparenza, tracciabilità e un’effettiva parità di accesso. La democrazia non è gratuita, né può permettersi di essere manipolata. È tempo di riscrivere le regole del gioco.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.

Traduci
Facebook
Twitter
Instagram
YouTube